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S. Alfonso Maria de Liguori La fedeltà de' Vassalli IntraText CT - Lettura del testo |
Cap. I - I re, se vogliono che i sudditi sieno loro ubbidienti, devono procurare di renderli ubbidienti a Dio; e si prova.
1. Col promuoversi i buoni costumi si promuove anche la pace comune de' cittadini e per conseguenza il bene di tutto lo stato. Questa è una verità così evidente che si prova da per tutto colla sperienza: quei sudditi che sono ubbidienti a' precetti di Dio sono necessariamente ancora ubbidienti alle leggi de' principi. La stessa fedeltà che conservano i vassalli verso Dio li rende fedeli ai loro sovrani. La ragione è chiara: quando i sudditi sono ubbidienti ai divini comandamenti, cessano le insolenze, i furti, le frodi, gli adulterj, gli omicidj; e così fiorisce lo stato, si conserva la sommessione al sovrano e la pace tra le famiglie. In somma quei che si stabiliscono in menare una vita morigerata, si stabiliscono insieme in osservare i loro doveri; poiché allora attendono a reprimer le loro passioni e così vivono in pace con se stessi e cogli altri.
2. Ma a ciò bastano le leggi de' principi ed i supplicj destinati a' delinquenti. No (si risponde) non bastano; né le leggi né i supplicj umani bastano a frenar l'audacia e le passioni disordinate de' malvagi che ad altro non attendono che a migliorare i loro interessi ed a soddisfare i loro appetiti: e perciò quando lor si presenta l'occasione disprezzando le leggi ed i gastighi divini, facilmente disprezzano ancora le leggi ed i gastighi minacciati da' sovrani.
3. Giovano bensì le leggi umane a conservare i buoni costumi ne' sudditi morigerati, ma non già ad ingerirli ne' sudditi cattivi; la sola religione ingerisce e forma i s. costumi nelle anime, e così ella opera che le leggi sieno osservate. Se non vi fosse la religione, la quale insegna esservi un Giudice supremo che tutto vede e ben sa vendicare le malvagità degli empj rare volte gli uomini si farebbero forza a soddisfare i loro doveri; e senza questo timore de' divini flagelli che tiene gli uomini a freno, gli empj da per tutto crescerebbero in eccesso.
4. La sola religione poi rende i vassalli veri ubbidienti a' lor principi, facendo ad essi intendere che son tenuti ad ubbidire a' sovrani, non solo per evitar le pene imposte a' trasgressori, ma anche per ubbidire a Dio e tenere in pace le loro coscienze; secondo che scrive l'apostolo, dicendo che i sovrani sono ministri di Dio Ministri enim Dei sunt, in hoc ipsum servientes 1. E quindi soggiunge san Paolo che le leggi de' principi obbligano anche la coscienza de' sudditi: Ideo necessitate subditi estote, non solum propter iram, sed etiam propter conscientiam 2.
5. Non bastano dunque le leggi né bastano i supplicj minacciati dalle leggi a reprimere le insolenze de' malvagi
che poi disturbano la pubblica pace: poiché spesso i delitti restano impuniti, o perché restano occulti i delinquenti, o perché mancano le pruove bastanti a poterli castigare; e non di rado, quantunque sien provati i delitti, i rei colla fuga si sottraggono alla pena. Scrive il Clerc, ancorché eretico: La massima parte degli uomini non è capace di operar bene per la sola mira del pubblico bene; l'interesse particolare si trova quasi sempre opposto all'interesse comune; il solo timore de' gastighi divini mette freno ai disordini.
6. Essendo poi vero che i re sono ministri di Dio e suoi luogotenenti, siccome i vassalli son tenuti anche per obbligo di coscienza di ubbidire a' loro monarchi; così i monarchi son tenuti d'invigilare sovra i loro vassalli acciocch'essi ubbidiscano a Dio. Ad un uomo privato basta che osservi la divina legge per salvarsi; ma ad un re non basta: gli bisogna inoltre che si adoperi quanto può, affinché i suoi sudditi osservino la divina legge, procurando di riformare i mali costumi e di estirpare gli scandali.
7. E quando si tratta dell'onore di Dio, devono i principi aver coraggio e non tralasciare il loro dovere per timore di qualche avversità o contraddizione che possa esser loro fatta; mentre ogni re che adempisce il suo obbligo ha Dio che l'assiste con modo speciale; come Dio stesso disse a Giosuè allorché gli commise il governo del popolo: Confortare et esto robustus et noli metuere, quoniam tecum est Dominus Deus tuus 1.
8. Pertanto il fine principale de' principi nel loro governo non dev'essere la gloria propria, ma la gloria di Dio. I principi che per la gloria propria trascurano quella di Dio vedranno perduta l'una e l'altra. Dee persuadersi ogni regnante, non esser possibile in questo mondo, pieno di uomini malvagi ed ignoranti, acquistarsi co' suoi portamenti (per giusti e santi che sieno) le lodi e l'applauso di tutti i suoi vassalli: s'egli esercita la liberalità co' buoni e co' poveri lo chiamano prodigo: se poi fa eseguir la giustizia co' malvagi lo chiamano tiranno. Devono pertanto i re principalmente attendere a piacere a Dio più che agli uomini; poiché allora, se non saranno lodati da' cattivi, ben saranno lodati da' buoni, e soprattutto da Dio che saprà rimunerarli in questa e nell'altra vita.
9. Con modo speciale devono attendere i principi a tener purgati i regni da gente di mala dottrina. Pertanto parecchi cattolici sovrani non ammettono al loro servizio né eretici né scismatici. Perciò anche proibiscono con sommo rigore che nel regno entrino libri infetti di dottrina avvelenata; la poca cautela di alcuni principi in estirpar questa sorta di libri è stata la causa della ruina di più regni.
10. Quanto poi abbiano accresciuto la gloria di Dio e la pietà ne' sudditi molte buone regine colla loro divozione e buon esempio dato, ben si legge nelle vite di s. Lisabetta regina di Portogallo, di s. Edwige regina di Polonia, di s. Brigida regina di Svezia e di s. Caterina sua figlia.