- Frutti che si ricavano dal meditare la Passione di Gesù Cristo.
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Frutti che si ricavano dal meditare la
Passione di Gesù Cristo.
1. L'amante dell'anime, il nostro amantissimo
Redentore, dichiarò che non ebbe altro fine in venire in terra a farsi uomo,
che d'accendere fuoco di santo amore nei cuori degli uomini: Ignem veni
mittere in terram, et quid volo, nisi ut accendatur? (Luc. XII, 49). Ed oh
che belle fiamme di carità ha egli accese in tante anime, specialmente colle
pene ch'elesse di patir nella sua morte, affin di dimostrarci l'amore immenso
che per noi conserva! Oh quanti cuori felici, nelle piaghe di Gesù, come in
tante fornaci d'amore, si sono talmente infiammati ad amarlo che non hanno
ricusato di consacrargli i beni, la vita e tutti se stessi, superando con gran
coraggio tutte le difficoltà che loro si attraversavano nell'osservanza della
divina legge, per amore di quel Signore che, essendo Dio, volle tanto soffrire
per loro amore! Questo fu appunto il consiglio che ci diè l'Apostolo per non
mancare, e per correre speditamente nella via del cielo: Recogitate eum, qui
talem sustinuit adversus semetipsum a peccatoribus contradictionem, ut ne
fatigemini animis vestris deficientes (Hebr. XII, 3).
2.
Perciò l'innamorato S. Agostino, stando a vista di Gesù impiagato sulla croce,
così dolcemente pregava: Scribe, Domine, vulnera tua in corde meo, ut in eis
legam dolorem et amorem: dolorem ad sustinendum pro te omnem dolorem: amorem ad
contemnendum pro te omnem amorem.1 Scrivi, diceva, o mio amantissimo
Salvatore, scrivi sopra il mio cuore le tue piaghe, acciocché in quelle io
legga sempre il vostro dolore e 'l vostro amore; sì, perché avendo avanti gli
occhi miei il gran dolore che voi, mio Dio, soffriste per me, io soffrirò con
pace tutte le pene che mai mi occorrerà di patire; ed a vista del vostro amore,
che mi avete dichiarato sulla croce, io non amerò né potrò amare altri che
voi.
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3. E da che mai i santi han preso animo e fortezza a
soffrire i tormenti, i martiri e le morti, se non dalle pene di Gesù
crocifisso? S. Giuseppe da Leonessa cappuccino, vedendo che altri volevano
ligarlo con funi per un taglio doloroso nel corpo, che gli dovea dare il
cerusico, egli si prese nelle mani il suo Crocifisso e disse: “Che funi, che
funi! ecco i miei legami: questo mio Signore inchiodato per amor mio; Egli co'
suoi dolori mi stringe a sopportare ogni pena per amor suo”. E così soffrì il
taglio senza lagnarsi,2 vedendo Gesù che tamquam agnus coram
tondente se obmutuit, et non aperuit os suum (Is. LIII, 7).3 -Chi
mai potrà dire che patisce a torto, mirando Gesù che attritus est propter
scelera nostra? (Ibid. 5). Chi mai potrà ricusar di ubbidire per cagion di
qualche incomodo, essendo Gesù factus obediens usque ad mortem? (Philip.
II, 8). Chi potrà ricusar le ignominie, vedendo Gesù trattato da pazzo, da re
di burla, da ribaldo, schiaffeggiato, sputato in faccia ed appeso ad un
patibolo infame?
4. Chi potrà poi amare altr'oggetto che Gesù,
vedendolo morire fra tanti dolori e disprezzi, affine di cattivarsi il nostro
amore? Un divoto solitario pregava Dio ad insegnargli che cosa potesse fare per
amarlo perfettamente; gli rivelò il Signore che per giungere al suo perfetto
amore non vi era esercizio più atto che meditare spesso la sua
Passione.4 Piangeva
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S. Teresa e si lagnava d'alcuni libri che
le avevano insegnato a lasciar di meditare la Passione di Gesù Cristo, perché
poteva ciò esser d'impedimento alla contemplazione della Divinità; onde poi la
santa esclamava: “O Signore dell'anima mia, o Ben mio Gesù crocifisso, non mi
ricordo mai di questa opinione, che non mi sembri d'aver fatto un gran
tradimento. Ed è possibile che voi, Signore, mi aveste ad essere impedimento a
maggior bene? E donde mi vennero tutti i beni, se non da voi?” E poi soggiunge:
“Ho veduto che per contentare Dio, e perché ci faccia grazie grandi, egli vuole
che passi ciò per le mani di questa umanità sacratissima, nella quale disse sua
divina maestà di compiacersi.”5
5. Quindi diceva il P. Baldassarre Alvarez che
l'ignoranza de' tesori che abbiamo in Gesù, era la rovina dei Cristiani; onde
la meditazione della Passione di Gesù Cristo era la sua più diletta ed usata,
meditando in Gesù specialmente tre suoi patimenti, la povertà, il dispregio, e
'l dolore; ed esortava i suoi penitenti a meditare spesso la Passione del
Redentore, dicendo che non pensassero d'aver fatta cosa alcuna, se non
arrivassero a tener sempre fisso nel cuore Gesù crocifisso.6
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6. Chi vuole, insegna S. Bonaventura, crescere sempre
da virtù in virtù, da grazia in grazia, mediti sempre Gesù appassionato: Si
vis, homo, de virtute in virtutem, de gratia in gratiam proficere, quotidie
mediteris Domini Passionem. Ed aggiunge che non vi è esercizio più utile
per rendere un'anima santa, che considerare spesso le pene di Gesù Cristo: Nihil
enim in anima ita operatur universalem sanctificationem, sicut meditatio
Passionis Christi.7
7.
Inoltre diceva S. Agostino (Ap. Bernardin. de Bustis) che vale più una sola
lagrima sparsa per memoria della Passione di Gesù, che un pellegrinaggio sino a
Gerusalemme ed un anno di digiuno in pane ed acqua.8 Sì, perché a tal
fine
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il nostro amante Salvatore ha patito tanto, acciocché vi
pensassimo; poiché pensandovi non è possibile non infiammarsi nel divino amore:
Caritas enim Christi urget nos, dice S. Paolo (II Cor. V, 14). Gesù da
pochi è amato, perché pochi son quelli che considerano le pene che ha patito
per noi; ma chi le considera spesso, non può vivere senz'amare Gesù: Caritas...
Christi
urget nos. Si sentirà talmente
stringere dal suo amore che non gli sarà possibile resistere a non amare un Dio
così innamorato che tanto ha patito per farsi amare.9
8. Perciò l'Apostolo dicea ch'egli non volea saper
altro che Gesù e Gesù crocifisso, cioè l'amore ch'esso ci ha dimostrato sulla
croce: Non iudicavi me scire aliquid inter vos, nisi Iesum Christum, et hunc
crucifixum (I Cor. II, 2). Ed in verità, da quali libri noi meglio possiamo
apprendere la scienza dei santi, ch'è la scienza di amare Dio, che da Gesù
crocifisso? Il gran servo di Dio Fra Bernardo da Corlione cappuccino non
sapendo leggere, i suoi religiosi voleano istruirnelo; egli se n'andò a
consigliare col Crocifisso, ma Gesù gli rispose dalla croce: “Che libri! che
leggere! Ecco io sono il tuo libro, dove sempre puoi leggere l'amore che t'ho
portato.”10 O gran punto da considerarsi in tutta la vita e per tutta
l'eternità: un Dio morto per nostro amore! un Dio morto per nostro amore! O
gran punto!
9. Un giorno S. Tommaso d'Aquino visitando S.
Bonaventura gli dimandò di qual libro più si fosse servito per registrar tante
belle dottrine ch'egli avea scritte. S. Bonaventura gli dimostrò l'immagine del
Crocifisso, tutta annerita per
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tanti baci che l'avea dati, dicendo:
“Ecco il mio libro, da cui ricavo tutto ciò che scrivo; egli mi ha insegnato
tutto quel poco che ho saputo.”11 Tutti i santi in somma hanno appresa
l'arte d'amare Dio dallo studio del Crocifisso. Fra Giovanni d'Alvernia ogni
volta che mirava Gesù impiagato, non poteva trattenere le lagrime.12
Fra Giacomo da Tuderto, sentendo leggere la Passione del Redentore, non solo
piangeva dirottamente, ma prorompeva in urli, sopraffatto dall'amore da cui
sentivasi infiammato verso l'amato Signore.13
10. Il P. S. Francesco in questo dolce studio del
Crocifisso divenne quel gran serafino.14 Egli lagrimava sì
continuamente nel meditare le pene di Gesù Cristo, che avea perduto quasi
affatto la vista.15 Una volta, ritrovato che gridava piangendo, fu
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domandato che avesse. “E che voglio avere? rispose il santo, piango i
dolori e gli affronti dati al mio Signore; e cresce, soggiunse, la mia pena, in
vedere gli uomini ingrati che non l'amano e ne vivono scordati.”16 Ogni
volta poi che udiva belare un agnello si sentiva ferire dalla compassione,
pensando alla morte di Gesù, Agnello immacolato, svenato sulla croce per li
peccati del mondo.17 E perciò l'innamorato santo non sapeva esortare
con maggior premura altra cosa a' suoi frati che lo spesso ricordarsi della
Passione di Gesù.18
11. Ecco il libro dunque, Gesù crocifisso, che se da
noi ancora sarà spesso letto, noi ancora resteremo da una parte
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bene
ammaestrati a temere il peccato, e dall'altra infiammati ad amare un Dio così
amante, leggendo in quelle piaghe la malizia del peccato che ha ridotto un Dio
a soffrire una morte sì amara per soddisfare la divina giustizia; e l'amore che
ci ha palesato il Salvatore in voler tanto patire per farci intendere quanto
egli ci amava.
12. Preghiamo la divina madre Maria, acciocché ci
ottenga dal Figlio la grazia di entrare ancor noi in quelle fornaci d'amore
dove ardono tanti cuori innamorati: affinché, restando ivi consumati tutti i
nostri affetti terreni, possiamo ancor noi bruciare di quelle felici fiamme che
rendono l'anime sante in terra e beate in cielo. Amen.
1 Questa preghiera non è di S. Agostino: però il pensiero è
suo. - Vedi Appendice, 1.
2 “Andava ogni giorno vie più nella di lui carne la
cancrena... Determinarono (i medici) di venire al taglio. Trattando il chirurgo
di legarlo, acciocché per la veemenza del dolore non si sconcertasse, preso
nelle mani il suo Crocifisso, disse:
“Non fa mestieri d' altri legami che di quelli della carità mostrataci dal
Figlio di Dio in questa croce”; e con tanta fortezza d' animo soffri quell'
incisione, che non gli uscì mai dalla bocca un sol sospiro o voce alcuna di
lamento, ma replicava solamente l' orazione Sancta Maria, succurre
miseris... Si venne al secondo (taglio) il giorno seguente, quale sopportò
con l' istessa pazienza.” Zaccaria BOVERIO, Annali de' Cappuccini, anno
1612, n. 155.
3 Quasi agnus coram tondente se
obmutescet, et non aperiet os suum, Is. LIII, 7.
4 Chi si questo divoto solitario, non si sa. Molto
probabilmente S. Alfonso ha attinto questo fatto da Ludolfo di Sassonia: Multum quippe placet Deo quod homo memoriam
Passionis et vulnerum eius portet in corde suo. Narratur enim quod cum quidam
eremita sanctissimae vitae instanter Dominum exoraret, ut sibi ostenderet quod
sibi inter cetera servitia magis acceptaret, vidit hominem nudum trepidantem
frigore, et crucem magnam super se baiulantem, et sibi quis esset interroganti
dicentem: Iesus Christus ego sum. Rogasti enim me ut tibi ostenderem quod inter
cetera servitia mihi magis complaceret, et nunc tibi dico quod hoc, scilicet
quod quis homo iuvet me portare crucem meam, et vulnera, et Passionem in corde
suo.” Et
haec dicens evanuit.” LUDOLPHUS DE SAXONIA, Ord. Carthus., Vita Iesu Christi, pars 2, cap. 58.
- Cf. AURIEMMA, S. I., Stanza dell' anima nelle piaghe di Gesù, Venezia,
1755, parte 2, cap. 20, p. 421.
5 “(En algunos libros que estàn escritos
de oraciòn) avisan mucho que aparten de sì toda imaginacion corpòrea, y que se
lleguen a contemplar en la Divinidad; porque dicen que, qunque sea la Humanidad
de Cristo, a los que llegan ya tan adelante, que embaraza u impide a la màs perfeta contemplaciòn.... Esto bien me parece a mi algunas veces; mas
apartarse del todo de Cristo, y que entre en cuenta este divino Cuerpo con
nuestras miserias ni con todo lo criado, no lo puedo sufrir... Si me hubiera estado
en ello, creo nunca hubiera llegado a lo que ahora, porque, a mi parecer, es
engano.... Ya no habia quien me hiciese tornar a la Humanidad, sino que, en
hecho de verdad, me parecia me era impedimento. Oh Senor de mi alma y Bien mio
Jesucristo crucificado! No me acuerdo vez de esta opiniòn que tuve que no me da
pena; y me parece que hice una gran traiciòn, aunque con inorancia... Durò muy
poco estar en esta opiniòn, y ansi siempre tornaba a mi costumbre de holgarme
con este Senor... Es posible, Senor mio, que cupo en mi pensamiento, ni un hora, que Vos me
habiades de impidir para mayor bien? De donde me vinieron a mi todos los bienes
sino de Vos? No quiero pensar que
en esto tuve culpa, porque me lastimo mucho, que cierto era inorancia... Y veo yo claro, y he
visto después, que para contentar a Dios y que nos haga grandes mercedes,
quiere sea por manos de esta Humanidad sacratisima, en quien dijo Su Majestad
se deleita. Muy,
muy muchas veces lo he visto por expiriencia; hàmelo dicho el Senor.” S. TERESA, LIbro de la Vida, cap. 22. Obras,
I, 165-169.
6 “Sopra tutti i misteri del Salvatore, avea singolar
divozione a quelli della santissima Passione sua e morte di croce, la quale
avea molto fissa nella memoria, e molto gustava di meditarla... Era sì grande
il profitto ch' indi traeva, che a tutti coloro i quali cominciavano
a fare orazione mentale, consigliava che meditassero la Passione, come fonte
ch' è d' ogni spiritual profitto. E solea ripetere ad ora ad ora nelle sue
ordinarie esortazioni: “Non pensiamo d' aver mai fatto alcuna cosa di rilievo,
se non giungiamo a portar sempre ne' nostri cuori Gesù crocifisso.” ... Ciò che
meditava con ispecial sentimento e con fervore in Cristo crocifisso, erano i
tre compagni che lo seguirono sin dal presepio per tutto il tempo di sua vita,
e con più di rigore nella sua Passione e nella sua morte: cioé Povertà,
Disprezzo e Dolore.” Ven. Lodovico DA PONTE, Vita, cap. 3, § 2. - “Come se prevedesse che
quella stata sarebbe l' ultimo della vita, così egli si applicò in quegli
esercizi con tanto fervore, con quanto mai non altra volta, meditando... i
sacri misteri della Passione, affine di rinnovare nel suo cuore la viva
immagine di Gesù crocifisso, accompagnato da' suoi tre perpetui compagni,
Povertà, Disprezzo e Dolore”. La stessa opera, cap. 47.
7 “(Christi) Passionem rumines quotidie.
Huius enim Passionis Christi meditatio continua mentem elevabit, quid agendum,
quid meditandum, quid quiescendum et sentiendum sit, indicabit; te demum ad
ardua infiammabit; te vilificari, et contemni, et affligi faciet; affectus tuos
tam in cogitatione quam in locutione ac etiam operatione regulabit... Vere
mirabile est quod Christus in cruce sitiens inebriat, nudus exsistens virtutum
vestimentis ornat... O Passio
mirabilis, quae suum meditatorem alienat, et non solum reddit angelicum, sed
divinum.” Stimulus amoris, pars 1, cap. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, VII, Lugduni, 1668. -
Vedi Appendice, 2, 5°. - “Quoniam devotionis fervor per frequentem
Christi Passionis memoriam nutritur et conservatur in homine, ideo necesse est
ut frequenter, ut semper oculis cordis sui Christum in cruce tamquam morientem
videat qui devotioinem in se vult inexstinguibilem conservare. Propter hoc Dominus dicit in Levitico (VI,
12): Ignis in altari meo semper ardebit, quem nutriet sacerdos
subiiciens ligna per singulos dies. Audi, mater devotissima: Altare Dei est
cor tuum: in hoc altari debet semper ardere ignis fervidae devotionis,
quem singulis diebus debes nutrire per ligna crucis Christi et memoriam Passionis ipsius. Et hoc est quod dicit
Isaias propheta (XII, 3): Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris; ac
si diceret: quicumque desiderat a Deo aquas gratiarum, aquas devotionis, aquas
lacrimarum, ille hauriat de fontibus Salvatoris, id est de quinque vulneribus
Iesu Christi.” S. BONAVENTURA, De perfectione vitae ad Sorores, cap. 6, n. 1. Opera, VIII, ad
Claras Aquas, 1898, pag. 120.
8 “Quam magni sit meriti Passionem Filii Dei piangere,
ostendit Augustinus in quodam sermone (?), dicens quod magis
meretur vel unam solam lacrimam emittens ob memoriam Passionis Christi, quam si
usque ad terram promissionis peregrinaretur, et quam si per totum annum omni
hebdomada totum psalterium diceret, et plus quam si qualibet anni hebdomada
disciplinam faceret, vel in pane et aqua ieiunaret.” BERNARDINUS DE BUSTO, O.
M., Rosarium Sermonum, pars 2, Sermo 15 (subito dopo l' esordio e l'
invocazione). - Più verisimilmente viene dal Tiepolo (Considerazioni della
Passione, trattato 1, 16°) attribuita questa sentenza a S. Alberto
Magno: però non l' abbiamo incontrata nel trattato De sacrificio Missae,
a cui egli rimanda.
9 Le ediz. del 1751 (Pellecchia, Paci) uniscono in uno i
nostri nn. 6 e 7; in quella Romana (De' Rossi, 1755) manca la sopra citata
sentenza di S. Agostino.
10 “Bernardo, non cercare altro libro, ma ti basti quello
delle mie Piaghe, ché da esso apprenderai dottrina più profittevole che da qual
altro si sia.” GABRIELE DA MODIGLIANA, Vita del B. Bernardo da Corlione, Laico
professo Cappuccino, lib. 1, cap. 12.
Il periodo che segue manca nelle edizioni del 1751 e del 1755 (De'
Rossi).
11 “Tantam admiratus est in operibus eius doctrinam et
eruditionem sanctus Thomas Aquinas, ut petierit a Bonaventura sibi ostendi
libros ex quibus tam multiplicem atque adeo magnam eruditionis ubertatem
hauriret. Is vero Christi Domini cruci affixi imaginem demonstravit, e quo
fonte uberrimo se accipere professus est quidquid vel legeret vel scriberet.” WADDINGUS, Annales
Minorum, an. 1260, n. 20.
12 “Natus est hoc anno (1259) Beatus
Ioannes Firmanus, de Alvernia cognominatus ob diutinam in illo monte
habitationem... Septimo aetatis anno, puerulorum fugiebat consortia, solitaria
frequentans loca. In quibus amarissime Christi deflebat Passionem, lacrimis
addens verbera et profundos singultus.... Noctu etiam Christum passum
meditatus, in tanta copia lacrimas mittebat, ut suppositum cervical madefieret.
Atque adeo cordi insita erat Passionis huiusmodi compassio, ut etiam dormiens
fieret amare”.WADDINGUS, Annales Minorum, an. 1259, n. 7.
13 “Adeo fervebat Dei amore, uti mente a
sensibus alienata esse videretur; interim psallebat, interim plorabat,
creberrime autem in suspiria erumpebat. Saepenumero sese a congressu hominum
subducens, praecurrebat acri divini amoris stimulo incitatus, sibique Iesum
Christum amplexari constringereque visus, amplectebatur arborem quampiam,
vociferans eumque summa voce nominibus diversis inclamans, ingeminando
identidem: “O Iesu dulcis! O Iesu
suavis! O Iesu amantissime! ” - Rogatus aliquando a Fratre quid adeo
lacrimaretur: respondit id se eo facere quod “Amor non amaretur”. WADDINGUS, Annales
Minorum, an. 1298, n. 38 et 40. - Però, delle sue lagrime e dei suoi
strilli nel sentir leggere la Passione di Cristo, non parla Vadingo, come
neppure Marco da Lisbona. Ma non manca qualche altra testimonianza. “Beatus
Frater noster Jacoponus de Tuderto, audiens legi Passionem Christi, non
solum lacrimas, sed nec clamores valebat continere. ” Ven. BERNARDINUS DE
BUSTO, O. M., Rosarium sermonum, pars 2, sermo 15, De lacrimosa
Passione Domini (dopo l' esordio e l' invocazione).
14 “Cum igitur seraphicis desideriorum ardoribus sursum
ageretur in Deum, et compassiva dulcedine in eum transformaretur qui ex
caritate nimia voluit crucifigi...” S. BOVANENTURA, Legenda S. Francisci, cap.
13, n. 3. Opera, VIII, ad Claras Aquas, 1898, p. 542.
15 “Fra gli altri continui esercizi nei quali S. Francesco
esercitava l' anima sua, il principale era la Passione di Nostro Signore Gesù
Cristo, quale talmente, infin da principio della sua conversione, gli aveva
egli stesso scolpita nelle viscere del cuore, che tutta volta che se
ne ricordava, non si potea tener di lagrimare... Per il che egli era, per l'
orazione continua, astinenza, vigilie e
peregrinazioni che faceva, tutto venuto infermo nella testa, negli occhi e nel
polmone, né però mai cessava.” MARCO DA LISBONA, Croniche del P. S. Francesco,
parte 1, lib. 1, cap. 86. - “Vir
autem Dei.... nemora
replebat gemitibus, loca spargebat lacrimis... A Fratribus... aliquoties auditus
est... deplorare.... alta voce,
quasi coram positam, dominicam Passionem.” S. BONAVENTURA, Legenda S.
Francisci, cap. 10, n. 4. - “Cum.... ex continuo fletu infirmitatem
oculorum incurrisset gravissimam, suadente sibi medico quod abstineret a
lacrimis, si corporei visus caecitatem vellet effugere, vir sanctus respondit:
“Non est, frater medice, ob amorem luminis quod habemus commune cum muscis,
visitatio lucis aeternae repellenda vel modicum...” Ibid., cap. 5, n. 8.
16 “Una volta tra l' altre.... gridava ad alta voce....
Sentito da una persona nobile e timorata di Dio che passava, e che era stato
assai suo famigliare al secolo, gli chiese, con istanza e meraviglia, che
disgrazia gli fosse intravenuta; ed il Santo piangendo rispose: “Mi doglio e
piango per i gravi tormenti e disonori che dierono e fecero al mio Signore Gesù
Cristo quei crudelissimi Giudei; e tanto più ne sento gran cordoglio quanto che
io odo e vedo che tutto il mondo, per cui ei gli ha patiti, ingratissimamente
s' è scordato d' un sì inestimabile beneficio.” Il che dicendo, cominciò a
riversar fiumi di lagrime.” MARCO DA LISBONA, Croniche del Padre S.
Francesco, parte 1, lib. 1, cap. 86.
17 “Illas (creaturas) viscerosius complexabatur et dulcius,
quae Christi mansuetudinem piam similitudine naturali praetendunt et Scripturae
significatione figurant. Redemit frequenter agnos qui ducebantur ad mortem,
illius memor Agni mitissimi qui ad occisionem adduci voluit pro peccatoribus
redimendis... Lamentabatur pro morte agniculi (quem sus ferocissima vix natum
necaverat) coram omnibus, dicens: “Heu me, frater agnicule, animal innocens,
Christum hominibus repraesentans, maledicta sit impia, nullusque de ea comedat
homo vel bestia.” (Post tres dies, sus necem ex infirmitate pertulit, ac
proiecta et in modum tabulae desiccata, nulli fuit esca famelico.).” S.
BONAVENTURA, Legenda S. Francisci, cap. 8, n. 6.
18 “Esortava i suoi figliuoli a rivoltar ben spesso, e giorno
e notte, questo pietoso libro della Passione di Cristo.... E tutti i suoi
sermoni ed esortazioni erano.... di questa croce e Passione santissima.” MARCO
DA LISBONA, Croniche del P. S. Francesco, parte 1, lib. 1, cap. 86. -La
stessa opera, cap. 87. - “Persuadeva continuamente ai suoi che cercassero
di mondarsi colle lagrime sparse per la Passione del Signore.” La stessa
opera , cap. 88. - “Recollegit se vir Dei cum ceteris sociis in quodam
tugurio derelicto iuxta civitatem Assisti.... Librum crucis Christi continuatis
aspectibus diebus ac noctibus revolvebant, exemplo Patris et eloquio eruditi,
qui iugiter faciebat eis de Christi cruce sermonem.” S. BONAVENTURA, Legenda
S. Francisci, cap. 4, n. 3. - “Semper ante oculos habete, fratres
carissimi, viam humilitatis et paupertatis sanctae Crucis, per quam nos minavit
Salvator noster Iesu Christus... Plane
probat (anima quae vere Deum amat et a Spiritu Sancto ducitur) in nulla alia re
perfectius requiescere amorem suum quam in compassione caritativa Christi.” S.
FRANCISCUS, Opuscula, Pedeponti, 1739, tom. 3, Collationes monasticae
sive ad Fratres, Collatio 24, De meditanda assidue Christi Passione.
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