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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione al popolo

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§ I. Dell'esame di coscienza.

 

 

3. Questo esame consiste in fare una diligente ricerca tra noi, per ricordarci di tutti i peccati commessi dal tempo dell'ultima confessione ben fatta. In questo esame molti difettano per troppo, e molti per poco esaminarsi. Quei che difettano per troppo sono gli scrupolosi, che sempre si esaminano, e non restano mai quieti; e così mancano poi nel procurar di concepire un vero dolore dei loro difetti, e vero proposito di emendarsi; e di più per gli scrupoli si rendono odioso questo sagramento, di modo che andando a confessarsi sembra loro di andar al martirio. Questo esame della confessione non è necessario che sia diligentissimo, basta che sia diligente: basta perciò che la persona si applichi con attenzione a ricordarsi di tutti i peccati fatti dopo l'ultima confessione. Questa diligenza però dee essere proporzionata alla coscienza del penitente; se egli da molto tempo non si è confessato, e se è caduto in molti peccati gravi, vi bisogna maggior diligenza; minore poi, se si è confessato da poco tempo, ed ha commessi più pochi peccati. Se finalmente poi, fatto questo diligente esame, la persona non si ricorda di qualche peccato, ed ha un dolor generale di tutte le colpe commesse, quel peccato scordato pure le vien perdonato, e le resta solamente l'obbligo di confessarlo quando tornerà a confessarsi. Quando il confessore dice a queste anime scrupolose, che non occorre a far più esame, o pure a non confessarsi di altro, esse debbono tacere ed ubbidire. Dicea s. Filippo Neri: Quelli che desiderano far profitto nella vita di Dio, ubbidiscano al confessore che sta in luogo di Dio; chi fa così, si assicura di non render conto a Dio delle azioni che fa4. E s. Giovanni della Croce dicea: Il non appagarsi di ciò che dice il confessore, è superbia, ed è mancamento di fede5. Sì, perché il Signore ha detto, parlando de' suoi ministri: Chi sente voi, sente me: Qui vos audit, me audit.

 

 

4. Ma volesse Iddio che fossero tutti così scrupolosi! per lo più queste anime son tenere di coscienza. Facciano l'ubbidienza, e van sicure. Il male si è, che la maggior parte non si fanno tanti scrupoli, commettono peccati mortali senza numero, e se ne scordano; e poi appena si confessano di quelli soli che vengono loro a mente nell'atto di confessarsi; e così accade talvolta, che non ne dicano neppure la metà. Le confessioni fatte così non servono, anzi è meglio non farle. Narra un certo istorico, Micio Eritleo, che un giovane di tal fatta, stando in punto di morte, si fece chiamare un confessore; ma prima di venire il confessore venne un demonio, e


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gli vedere una lunga lista di peccati lasciati nelle sue passate confessioni, e sempre per mancanza di esame; onde il povero giovane disperò della salute, e così disperato senza confessarsi se ne morì.

 

 

5. Quei che sono buoni cristiani ogni sera si fanno l'esame di coscienza, e fanno l'atto di dolore. Un divoto religioso avvisato dal suo superiore a confessarsi, perché stava male, rispose: Sia benedetto Iddio, che da trenta anni mi ho fatto l'esame di coscienza ogni giorno, ed ogni giorno mi son confessato, come se avessi in quel giorno avuto a morire. Almeno, figli miei, quando alcuno di voi si ha da confessare, si metta in qualche luogo rimoto della chiesa, prima ringrazi Dio, che l'ha aspettato sino a quel punto, e poi lo preghi, che gli faccia conoscere il numero e la gravezza de' suoi peccati. Quindi cominci a scorrere col pensiero i luoghi ove ha dimorato, le persone con cui ha praticato, le occasioni in cui si è trovato dal tempo dell'ultima confessione sino ad allora. E così rifletta a tutte le colpe commesse di pensieri, di parole, e di opere, che ha potuto fare in tutto quel tempo; e sovra tutto si esamini sopra i peccati di omissione, specialmente se è capo di casa, magistrato, o simili, i quali delle omissioni per lo più non se ne accusano. Ma per fare l'esame più distinto, alcuno che ha commesse diverse specie di peccati, meglio è che si esamini per li precetti del decalogo, e veda in qual precetto ha mancato, e se gravemente, o leggiermente.

 

 

6. Chi mai per disgrazia si trova aver commesso un peccato mortale, è spediente che subito se ne confessi, giacché in ogni momento può morire e dannarsi. Mi confesso poi a pasqua, a natale. E come sai che non ti venga una morte di subito fra questo tempo? Spero in Dio che no. Ma se ti viene? Quanti dicevano appresso, appresso, ed ora stanno nell'inferno, perché è venuta loro la morte e non si sono più confessati. Narra s. Bonaventura nella vita di s. Francesco1 che mentre andava il santo predicando, un certo gentiluomo l'alloggiò in sua casa; s. Francesco mosso dalla gratitudine lo raccomandò a Dio: e Dio gli rivelò, che quegli stava in peccato, e la morte gli era vicina. Il santo subito se lo chiamò e lo fece confessare al suo compagno ch'era sacerdote. Indi mettendosi a tavola il penitente per pranzare, al primo boccone che volea prendere, gli afferrò un male che subito gli tolse la vita.

 

 

7. La stessa disgrazia avvenne ad un certo peccatore che si dannò per aver differita la confessione. Riferisce il venerabile Beda, che un tal uomo, prima divoto, ma poi raffreddato e caduto in peccato mortale differiva di giorno in giorno di confessarsi. Avvenne che cadde gravemente infermo, ed anche allora differiva dicendo, che voleva confessarsi appresso con maggior disposizione. Ma ecco venne l'ora del castigo, sopravvenendogli un accidente mortale, in cui gli parve di veder sotto di sé aperto l'inferno. Ritornò in senso, onde quelli che gli stavano dintorno l'esortavano a confessarsi. Rispose: Non è più tempo, io son dannato. Seguivano quelli a fargli animo, ed egli: Voi perdete il tempo, io son dannato. Ecco l'inferno aperto, ove miro Giuda, Caifasso, e coloro che fecero morir Gesù Cristo, e vicino ad essi vedo il mio luogo apparecchiato; perché io simile ad essi ho disprezzato il sangue di Gesù Cristo col differire per tanto tempo la confessione. E così senza confessarsi morì l'infelice da disperato, tanto che fu seppellito come un cane fuori della chiesa, senza farsi per lui niuna orazione2.

 

 

8. Parlando poi de' peccati veniali, è bene il confessarli, perché anche i veniali si rimettono coll'assoluzione del confessore; ma non vi è obbligo di confessarli perché le colpe veniali possono essere rimesse, secondo dice il concilio di Trento, con altri rimedi senza la confessione, come per gli atti di contrizione o di amore, o con dire divotamente il Pater noster.

 

 

9. E coll'acqua santa si rimettono i peccati veniali? Dico di sì: non direttamente per sé, ma indirettamente per modo d'impetrazione, perché la chiesa colla benedizione dell'acqua impetra a' fedeli che la prendono atti di pentimento e di amore, co' quali poi si cancellano i peccati. Onde dopo presa l'acqua santa giova subito fare un atto di dolore o di amore a Dio, acciocché con


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quello il Signore ci rimetta tutti i peccati veniali che abbiamo nell'anima. Ci giova ancora l'acqua benedetta per disporci alla divozione, e per discacciare le tentazioni del demonio, e specialmente in punto di morte. Narra il Surio che un monaco stando in morte pregò il suo priore a discacciare un uccello nero che stava sulla finestra, il priore asperse la finestra coll'acqua santa, e l'uccello, che era il demonio, subito fuggì. Lo stesso narrasi dal p. Ferrerio di un monaco cluniacense che stando per morire, vide la sua camera piena di demoni; ma spargendo l'acqua benedetta, subito sparirono1.

 

 

10. Ora passiamo avanti. Abbiamo parlato dell'esame circa i peccati mortali e circa i peccati veniali; ma se uno operasse col dubbio, se quell'azione che fa sia peccato mortale, o veniale, qual peccato commetterebbe? commetterebbe peccato mortale, perché già si mette a pericolo di offender Dio gravemente; onde bisogna che prima di operare deponga il dubbio: e se per lo passato non ha fatto così, bisogna che se lo confessi, almeno come sta davanti a Dio. Per gli scrupolosi però i quali fanno dubbi in ogni cosa, corre altra regola; questi debbono ubbidire al confessore; quando egli loro impone che vincano tutti i dubbi ed operino contra lo scrupolo, ubbidiscano esattamente, altrimenti si renderanno inutili ed inabili ad ogni cosa anche spirituale.

 

 

11. Prima di passare avanti, esorto ad ognuno di fare la confessione generale, se non l'ha fatta ancora: e non solo parlo per quelle persone che hanno fatto confessioni sacrileghe, lasciando di dire i peccati, o pure invalide senza esame o senza dolore; ma parlo per ognuno che vuol convertirsi fermamente a Dio. La confessione generale è un gran mezzo per fare una vera mutazione di vita. S. Margarita di Cortona, dopo essersi convertita a Dio, si confessò già di tutti i peccati e si rendé così cura a Dio, che il Signore le parlava e la chiamava Peccatrice mia, poverella mia. Un giorno ella con umiltà gli dimandò: Signore quando sarà che mi chiamerete figlia mia? E Gesù Cristo le rispose: Quando ti avrai fatta una confessione generale di tutta la vita tua, allora ti chiamerò figlia mia. Ella fece la confessione generale, e da quel tempo in poi Gesù Cristo la chiamava sempre figlia.

 

 




4 Vita l. 1. c. 20.

 



5 Tratt. delle spine t. 3. coll. 4. § 2. n. 8.



1 Cap. 10.

 



2 Istor. anglic. c. 13.



1 Istr. p. 183.

 






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