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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto VII. Della cessazione, interpretazione ed epicheia della legge.

74. Se cessa il fine della legge.

75. Dei libri proibiti.

76. Delle leggi municipali.

77. Dell'interpretazione.

78. e 79. Se le dichiarazioni richiedan promulgazione.

80. Dell'interpretazione dottrinale.

81. Regole dell'interpretazione.

82. Dell'epicheia.

83. Quando la legge si stenda da caso a caso.

74. I. In quanto alla cessazione si agita qui quella gran questione, se cessa la legge, cessando il fine adequato (cioè totale) della legge in particolare. Se cessa in comune, certamente cessa la legge, poich'ella, come fatta inutile, allora più non obbliga; così s. Tommaso6. Ed allora basta a ciascuno il sapere probabilmente, che già in comune la legge sia cessata7. Se poi cessa il fine adequato solamente in particolare, bisogna allora distinguere: se cessa contrarie, cioè se la legge si renderebbe in quel caso, nociva, o molto difficile, allora anch'è comune la sentenza, che non obblighi. Il dubbio dunque si riduce a vedere se cessa la legge, cessando il suo fine adequato in particolare, e privative, cioè che per quel caso o persona la legge fosse inutile. La sentenza, più comune è, che allora obbliga la legge, perché sebbene cessa il danno del particolare, non cessa però il pericolo in comune dell'allucinazione, che può ingannare ciascuno in caso proprio; così s. Tommaso8. Ma tengono la contraria molti e gravi dd., come Gaetano, Silvestro, Panormitano, Angelo, Valenza, Sa, Cardenas, Ledesma, Granado, Enriquez, Hurtado, e Tamburr. cum Navarro, Abbate, e Comitolo; ed i Salmat e Viva la chiamano bastantemente probabile, dicendo, che conforme cessando il fine in comune, cessa la legge per tutti, così cessando il fine particolare, cessa la legge in particolare, giacché egualmente in ambedue i casi si rende inutile la legge: e conforme cessando il fine totale in un tempo, cessa per quello la legge, benché non cessi in altro tempo; così cessando il fine in un caso, cessa la legge per quello, benché non cessi per gli altri; e per ciò dicono ammettersi comunemente nella legge della correzione fraterna, ch'ella non obblighi in quei casi dove da lei non si spera frutto. Tutto ciò non ostante, più mi piace la prima sentenza, poiché, comunemente parlando, in particolare non mai cessa il pericolo dell'allucinazione. Quando mai però accadesse, che taluno fosse per ogni parte sicuro e certo, che nel suo caso affatto


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cessa pericolo d'allucinazione, in tal caso per altro non ardirei di riprovare la seconda sentenza. Ma bisogna supporre, che un tal caso è molto difficile a succedere1.

75. Se poi sia permesso il leggere i libri proibiti, cessando privative in alcun particolare il pericolo, e lo scandalo; alcuni anche l'ammettono, ma noi affatto lo neghiamo con Suarez, Castropal., Tambur., Sanchez, ecc., perché in ciò non cessa mai il fine adequato, neppure in particolare; essendo il fine della proibizione, non solo l'evitare il danno che può avvenire per la lezione, ma anche il conservare l'ubbidienza alla chiesa in materia così pericolosa; e di più, il non dare ansa agli scrittori di mal intento di spargere dottrine o notizie perniciose2.

76. Si noti qui in fine, che le leggi particolari di alcun luogo non cessano per la legge generale, se in questa non si aboliscono quelle espressamente, almeno colla clausula non obstante quacumque lege particulari3.

77. II. In quanto all'interpretazione dee sapersi, che altra è l'autentica, altra l'usuale, altra la dottrinale. L'autentica si può fare o dallo stesso legislatore, o dal suo successore, o dal superiore. L'usuale è quella che così dall'uso è ricevuta. La dottrinale poi è una dichiarazione della mente del legislatore, che può farsi da ciascun dottore.

78. Qui si fa il dubbio, se la dichiarazione che si fa dal principe, o sia dal papa di qualche legge, ha bisogno di promulgazione per obbligare. In ciò bisogna distinguere la dichiarazione detta puramente tale, dall'altra che non è puramente tale, ma più presto è interpretazione. La dichiarazione puramente tale è quando di quella si spiega un senso, il quale sin dal principio era già esempio se si dubita, che sotto la parola figlio s'intenda il solo legittimo, o anche lo spurio, e il legislatore dichiara, che s'intende anche lo spurio, allora s'avvera, che 'l senso era chiaramente imbibito nella legge. L'interpretazione poi, o sia dichiarazione non puramente tale è quella, il di cui senso non è chiaramente imbibito nella legge, ma intorno ad esso vi sono varie opinioni, solamente si ricava da argomenti, v. g. che sotto nome di padre s'intenda ancora l'avo, e che sotto nome di morte s'intenda anche la morte civile, come la carcerazione perpetua, ecc., ricorrendo così una significazione impropria.

79. Posto ciò, diciamo con Suarez, Castropal., Vasquez, Salas, Salmatic., Holzmann,

La-Croix, Supplitore di Sporer, ecc., che la dichiarazione del senso chiaramente imbibito nella legge non ricerca promulgazione, ma obbliga subito tutti coloro che la fanno, non essendo ella nuova legge. L'interpretazione poi di qualche senso non chiaramente, ma solo oscuramente, o sia impropriamente imbibito nella legge, ch'è la dichiarazione (come abbiam detto) non puramente tale, questa, perché si ha come nuova legge, acciocché obblighi, ha bisogno di promulgazione siccome tutte le altre leggi, secondo si è detto al n. 5. di questo capo. Quindi s'inferisce con Suarez e Castropalao4, (il quale cita Bonac., Salas, e Lorca) che la dichiarazione, la quale si fa dal legislatore di alcun senso chiaramente imbibito nella legge (secondo l'esempio riferito del figlio legittimo, e spurio), non richiede promulgazione per obbligare. All'incontro la dichiarazione del senso oscuramente imbibito (secondo gli altri esempi dell'avo sotto nome di padre, e della morte civile il nome di morte), ha bisogno di promulgazione, poich'ella costituisce allora una cosa di nuovo, che per sé non era chiaramente imbibita nella legge. E lo stesso dicono Suarez, e Castropalao5 della dichiarazione la quale si fa, non dallo stesso legislatore, ma dal di lui successore, o superiore, perché la mente del


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legislatore non può essere a costoro nota com'è a lui stesso; onde allora per dichiarare il senso di alcuna cosa (quantunque imbibita nella legge) sempre vi è bisogno di ricorrere agli argomenti, e interpretazioni, le quali già costituiscono nuova legge, e perciò si richiede la promulgazione; altrimenti la dichiarazione non si avrà come autentica, ma solamente come dottrinale1.

80. L'interpretare poi dottrinalmente le leggi è lecito a ciascuno, purché si faccia secondo le regole e 'l senso de' dd. più ricevuto, poiché occorrendo spesso i dubbi, né potendosi facilmente esigere le risoluzioni dal legislatore, era necessario che si desse a' savi questa facoltà d'interpretare, come si ha dal cap. 2. de privil. in 6. Ciò è comune2. Se poi sia lecito l'interpretare la legge, quando in quella si proibisce ogn'interpretazione; Castropal.3, con Salas, e Sa, dice che tal proibizione va solo per le interpretazioni frivole; ma a' Salmaticesi4 giustamente non piace questa sentenza, perché le frivole interpretazioni son da sé proibite: onde ben dicono, che in tal caso tutte le interpretazioni dottrinali sono illecite, conforme appunto son vietate da Pio IV. le interpretazioni del Tridentino; per le quali, non già s'intendono per altro tutte le interpretazioni fatte incidentemente, o pure a voce, o per manoscritti, ma solamente le fatte ex professo per glosse, scolj, e commentari, e date alle stampe, poiché così l'uso ha interpretata la suddetta proibizione, ed in ciò convengono Castrop. con Salas, e Barbosa, ed i Salmatic. con Rodriguez, Reginaldo, ed Enriquez5.

81. Le regole nel far le interpretazioni sono le seguenti: 1. Che s'attenda la mente e 'l fine del legislatore, e la ragione della legge. 2. Che in dubbio s'interpreti, per lo valore dell'atto. 3. Che la legge s'interpreti strettamente nelle cose odiose, largamente nelle favorabili. 4. Che le parole della legge si prendano nel senso proprio, sempreché non ne seguisse qualche assurdo, o apparenza d'iniquità nel legislatore: il senso proprio s'intende il naturale, e quello che più è ricevuto dall'uso. Gli analoghi poi (che hanno più significati) si prendono secondo il significato più principale, come dicono Castrop. e

La-Croix6. Così nelle leggi penali e precettive; ma nelle favorabili si suole attendere anche la proprietà civile delle parole, per esempio sotto nome di legittimi si prendono anche i legittimati, e simili. Per vedere poi se la legge sia odiosa o favorabile, dee attendersi il motivo per cui è stata fatta7.

82. III. In quanto finalmente all'epicheia (la quale è una presunzione almeno probabile che 'l legislatore in qualche circostanza di cose non abbia voluto obbligare) ella ha luogo, quando la legge in tal caso si renderebbe o nociva, o molto onerosa, e difficile ad osservarsi8.

83. Resta per ultimo a vedersi, se la legge debba stendersi da caso a caso, dove corra la stessa ragione. In ciò vi sono due sentenze che paiono diverse, ma in sostanza dicono lo stesso: poiché amendue convengono a dire, che ben si stende la legge a quel caso, in cui talmente corre la stessa ragione, che se la legge non si stendesse, potrebbe esser ripreso il legislatore o d'ingiustizia, o d'imprudenza: ed in tal caso ha luogo già l'assioma: Ubi eadem est ratio adaequata, ibi eadem currit legis dispositio. E ciò avviene I. ne' correlativi, v. gr. siccome la sposa può sciogliersi dall'obbligo de' sponsali, se lo sposo va lontano, per lo cap. De illis de sponsal., così ancora può sciogliersi lo sposo. II. Negli equiparati, come sono l'elezione, e presentazione al beneficio. III. Ne' connessi, come sono diacono, e suddiacono. IV. Ne' contenuti, v. gr. a chi si concede il far testamento, si concede anche


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il far codicilli: a chi si proibiscono l'ova, si proibisce anche al carne. In detti casi dunque ben corre l'estensione; e corre, ancorché si trattasse di legge penale, e correttoria, perché la regola 49. De reg. iuris in 7. Odia restringi, favores convenit ampliari, saviamente dicono Suarez, Bonac. ed altri, ch'ella vale quando la disposizione della legge si stende per interpretazione di congruità, non già quando dee stendersi per interpretazione di necessità, per la quale allora più presto si giudica, che 'l caso sia stato compreso dalla legge, che la legge si stenda a quel caso. Del resto poi (regolarmente parlando) le leggi penali non si stendono fuori del caso espresso: v. gr. la scomunica imposta a chi costringe le donne ad entrare in monastero, non corre contro chi forza a ciò gli uomini; e lo stesso dicesi in simili casi ne' quali non corre la stessa ragione adequata, secondo di sovra si è dichiarato1.




6 1. 2. q. 103. a. 4. ad 3. cum aliis commun.



7 Vide Salmant. de leg. c. 4. n. 4.



8 2. 2. q. 154. a 2. c. in fin. cum aliis.



1 Lib. 1. n. 199.



2 Lib. 2. n. 199. in fin.



3 Lib. 2. n. 199. in fin.



4 Suar. de leg. l. 6; x. 1. n. 3. et Castrop. tr. 3. eod. tit. q. 5. p. 3. §. 1. n. 5.



5 Suar loc. cit. et Plaus. ib. n. 2.



1 Vide opus nostrum lib. 3. n. 1027.



2 L. 1. n. 200. et vide Castr. l. c. §. 2. n. 1.



3 Loc. cit. n. 6.



4 de leg. c. 4. n. 23.



5 Castrop. ib. n. 7., et Salm. dict. n. 23.



6 Castrop. ib. n. 7., et Croix l. 1. n. 824.



7 Vide Castrop. loc. cit. §. 13. per totum, et Salm. de leg. c. 4. §. 2.



8 Lib. 1. n. 201., et vide Salmant. c. 4. n. 44. et 45. et Castropal. loc. cit. §. 2. n. 3. qui cum Suar. vocat commune.



1 Lib. 1. n. 200. v. Quaeritur.






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