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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto III. Dell'obbligo de' padroni, de' servi e de' coniugi.

7. Obbligo de' padroni, e specialmente circa il salario.

8. Obbligo de' servi; se permettono i furti, se partono contro il patto.

9. Prescrizione del salario.

10. e 11. Compensazione.

12. Obbligo del marito.

13. Obbligo della moglie, specialmente di seguitare il marito.

7. Per I., in quanto a' padroni, questi peccano 1. Se dan causa a' loro servi di non adempire gli obblighi della festa, o de' sagramenti. 2. Se loro negano, o differiscono il salario. 3. Se non li correggono, quando bestemmiano, o danno scandalo. 4. Se li discacciano senza giusta causa prima del tempo convenuto; ed allora son tenuti a pagar loro tutto il salario promesso, per la l. Qui operas, 38., e l. 16. ff. Locati. Ma ciò s'intende dopo la sentenza, poiché se 'l servo dall'esser discacciato non avesse patito danno, allora non si deve obbligare il padrone a tutto lo stipendio, ma bensì alla metà di quello, e qualche cosa di più7. Se poi il servo cadesse infermo per più mesi, a niente è tenuto il padrone, secondo la sentenza comune di Lugo, Molina, Laymann, Croix, ec. (checché si dica il p. Antoine); purché in quel luogo non vi fosse contraria consuetudine. E non è tenuto neppure alle spese dell'infermità, come probabilmente dice Lugo contro d'altri; purché il servo non fosse in grave necessità8.

8. Per II. in quanto a' servi, peccano questi 1. Se mancano al servizio, o non ubbidiscono al padrone come debbono. 2. Se permettono il di lui danno, potendolo


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impedire; e se 'l danno vien fatto dagli estranei, sono obbligati anche alla restituzione; ma se si fa dagli stessi domestici, secondo la sentenza più comune e più probabile con Lessio, Lugo, Azorio, Molina, Holzmann, Salmat. (contro Ponzio ed altri), essi peccherebbero allora contro la carità, potendo comodamente impedire il danno, ma non contro la giustizia: purché non sia stata specialmente commessa loro la custodia di quelle robe1. 3. Pecca il servo, se avanti il tempo senza giusta causa lascia di servire. Ma in tal caso non può il padrone negargli tutto il salario che gli spetta per quel tempo che ha servito; basterà nondimeno, che gliene paghi la metà, o poco meno; così dicono Azor., Filliuc., Silvest., Salmat., Trullench., Fagund. ec.2. Se poi ha lasciato per infermità, o altra giusta causa, ben può pretendere il servo tutto lo stipendio corrispondente alla servitù fatta, e non è tenuto allora a supplire per lo tempo che ha mancato3.

9. Qui si noti per 1. Che il servo dopo due anni che si è partito dal padrone (secondo la bolla di s. Pio V. appresso i Salmaticesi4), anzi dopo due mesi (secondo il decreto del sagro consiglio napoletano), non può pretendere più il salario. Ma ciò s'intende in giudizio, perché in coscienza ben può pretenderlo, e compensarselo; purché a beneficio del padrone non vi sia la prescrizione di tre anni, legittimamente fatta col titolo e buona fede, secondo quel che si dirà al capo X. n. 10. parlando della prescrizione.

10. Si noti per 2. Che se 'l servo avesse servito senza salario determinato, e 'l padrone non volesse soddisfarlo, ben può egli compensarsi, almeno in quanto all'infimo prezzo, semprecché il padrone è stato solito di pagarlo ad altri, o pure già l'avrebbe pagato ad altri. Altrimenti poi corre per quei figliuoli, per cui son pregati i nobili a prenderli nelle loro famiglie, a' quali secondo l'uso soglion darsi i soli alimenti5.

11. Si noti qui per 3. Che non può il servo occultamente compensarsi l'opera sua, s'egli la stima di maggior prezzo di quel che riceve, essendo dannata la propos. 37. da Innoc. XI., la quale dicea: Famuli domestici possunt occulte heris suis surripere ad compensandam operam suam, quam maiorem iudicant salario quod recipiunt. Nulladimeno dicono giustamente Viva ed i Salmaticesi con Suarez, Lessio, e Molina (checché si dica la Croix), che ciò non corre, quando il servo costretto dalla necessità avesse convenuto d'un salario notabilmente minore del giusto, perché allora, siccome il padrone sarebbe obbligato a soddisfargli il giusto, così il servo può compensarsi (ma non più che l'infimo prezzo). Purché (io soggiungo) il padrone per lo stesso prezzo minore del giusto non avesse già senza ingiusta ritrovati altri a servirlo6. In oltre dicono Soto, Navarro, La-Croix, Corella, Filguera, ec., che il servo allora non può esiger maggior salario, quando per elezione propria accrescesse le fatiche dovute; ma non quando le accresce per volontà espressa o tacita del padrone. Allora non però dicono Viva, Cardenas, Croix, che 'l servo non può farsi da sé la compensazione, senza il giudizio de' periti, o d'un teologo molto dotto. All'incontro tengono i Salmaticesi, che se la compensazione fosse evidentemente giusta, e non vi fosse alcun pericolo di allucinazione, perché la cosa fosse chiara, allora può il servo far la compensazione secondo l'infimo prezzo. E dicono, che la suddetta proposizione in tanto fu dannata, perché parlava troppo generalmente7.

12. Per III., in quanto a' coniugi, pecca il marito 1. Se maltratta la moglie con percosse, o ingiurie, senza giusta causa; perché all'incontro ben può castigarla, se vi fosse causa giusta (come sarebbe specialmente la causa d'onore); purché il castigo fosse moderato e proporzionato alla condizione, e stato della moglie, siccome dicono Busemb., Elbel,


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e Gobato; altrimenti doppiamente peccherebbe. 2. Se impedisce alla moglie di adempire i precetti, se poi le impedisse solamente le cose di consiglio, come la frequenza de' sagramenti, dicono Bonac., Sairo, Busemb., Filliuc., ec., che impedendo senza causa peccherebbe solo leggiermente, ma non gravemente, se pur non gli costasse, che la moglie riceve da quelli un grand'utile1. 3. Se le nega, o trascura di procurarle gli alimenti; s'intende ingiustamente, poiché giustamente può all'incontro negarglieli, se la moglie si parte da lui senza causa, o se quella commettesse adulterio, come dicono Sanchez, e La-Croix con Castrop.2. In quanto nonperò alla dote, per causa dell'adulterio, non può il marito appropriarsela senza la sentenza del giudice; benché (come dice La-Croix con Castropalao, contra Sanchez) alla moglie che ripetesse la dote, può egli opporre l'eccezione dell'adulterio3.

13. All'incontro pecca la moglie 1. Se non ubbidisce al marito in ciò ch'è giusto (praesertim in reddendo debito coniugati), e s'ella si assume il governo della casa, purché il marito non fosse inetto, o prodigo in dilapidare le robe. 2. Se spendesse contro la volontà del marito de' beni comuni, più di quel che sogliono l'altre mogli della sua condizione, vedi circa ciò quel che si dirà al cap. X. num. 32. , parlando del furto. 3. Se passando a seconde nozze non riserba a' figli del primo matrimonio i beni che ha ricevuti dal primo marito, de' quali il solo usufrutto può ritenere, come si ha dall'autentica Ex testamento, ed autent. In donat. c. De secund. nupt. 4. Se ricusa ingiustamente di seguitare il marito, che muta domicilio, anche senza bastante causa, ed ancorché vada in paesi lontani, dov'abbia da stare per molto tempo; perché se tra breve dovesse ritornare, né la moglie è tenuta ad andare, né il marito a portarla; com'anche il marito non è obbligato, quando vi volesse una grande spesa a condurla seco: Sanchez, Toled., Filliuc., Salmat., ed altri comunemente4. All'incontro non è tenuta la moglie a seguire il marito 1. Se tale fosse il patto convenuto ne' sponsali, e non vi fosse nuova e grave causa non considerata, come dicono Castrop., Navar., Sanchez, Salmat., ec.5. 2. Se 'l marito volesse condurla a mal fine. 3. S'ella per lo viaggio dovesse esporsi a grave pericolo di morte, o d'altro grave danno. 4. Se 'l marito volesse andar vagando, come dicono Sanch., Navarr., ed altri comunemente6. Se poi la moglie sia o no tenuta a seguire il marito condannato all'esilio; altri lo negano, ma più probabilmente l'affermano Sanch., Bossio, ed altri7.




7 Lib. 3. n. 342. v. 2. Peccant.



8 Ibid. v. 3. Herus, et n. 864.



1 Lib. 3. n. 344.



2 N. 345.



3 N. 347.



4 De 4. praec. n. 134.



5 Lib. 3. n. 348.



6 N. 522.



7 N. 525. et 524.



1 Lib. 3. n. 356.



2 Sanch. de matr. l. 10. d. 8. n. 25., et Croix l. 3. p. 1. n. 711.



3 Ibid.



4 Lib. 6. n. 977.



5 Lib. 3. n. 353.



6 Lib. 6. n. 977.



7 Lib. 3. n. 353.






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