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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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34. AL SUO DIRETTORE Mgr TOMMASO FALCOIA.

Il Santo, dopo aver parlato della fondazione della Villa degli Schiavi, abbandonata il mese precedente, espone gl'inconvenienti delle piccole Comunità, pregandolo di non accettare più cosifatte fondazioni.

 

Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

CIORANI, 12 LUGLIO 1737.

 

Ieri giunse qui Fratello Andrea colle altre belle nuove di Caiazzo, e che Mgr Vigilante l'ave [l'abbia] con noi,1 senza parlar più d'altra fondazione. Allegramente, Padre mio! Gesù Cristo ci mantiene tribolati per molte vie: sia sempre benedetto! E frattanto il demonio, vedo che si affatica per inquietarci anche da dentro. D. Giovanni [Mazzini] e D. Andrea [Villani] mi hanno scritto in confidenza, ed io in secreto ve lo confido, Padre mio, acciocché vi serva per regolamento; ma con essi non nominate questo che mi hanno scritto.

In somma, ho veduto che D. Giovanni, secondo mi ha scritto, l'ave intesa bene questa cosa, che non si torna a Caiazzo, e D. Andrea mi scrive all'incontro, che ave avuto combattimenti interni ed esterni. Spero però che Gesù Cristo non ci ha da abbandonare.

Circa la fondazione della Villa, Padre, lasciatemi levare uno scrupolo che mi tormenta, vedendo queste povere anime restate così abbandonate.

Quando andammo al Principe,2 esso al principio ci disse, che noi altro non potevamo pretendere che 150 ducati promessi, e che andassimo dal Delegato, ch'egli non entrava.


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Io vidi allora che, sebbene non ci si dimostrava favorevole, nulladimeno mi parve di vedere che se il Delegato ci avesse fatto giustizia, egli non sarebbe restato offeso. Onde mi pare che dal suo parlare, io avrei voluto concludere, secondo egli avea detto, che noi non pretendessimo più delli 10 ducati. Io per altro sto confuso di questo che avrei concluso licenziandomi.

Ma D. Cesare [Sportelli] scappò di botto e gli disse: ma noi siamo venuti a licenziarci, et non ci occorre altro. Il Principe con poca grazia poi ci licenziò. Io per altro poi non vi poteva rimediare più, poiché la licenziata era già fatta. Ma nell'andare alla Villa mi venne un gran dubbio, se io non avea rimediato, e se quella licenziata forse fosse data secondo la mente V. S. Illma, o no. Però per la via mi serenai, quando intesi le violenze usate, nelle quali pare, apparisce chiaro il consenso del Principe, e che egli ci era contrario. Io vi ho voluto dire questo per mio disgravio. Del resto, sto contento di quel che ha voluto Dio per mezzo di V. S. Illma.

Vi dico ancora come alla Cava e Vietri ci offerirono tre fondazioni, ma io non ci diedi allora troppo udienza, perché sapeva che V. S. Illma desiderava più presto di vederci più uniti che più dispersi in altre fondazioni. Ma se volete, Padre mio, quando debbo tornare a questi luoghi, se creda, per qualche fondazione di queste la migliore, farò l'obbedienza.

Ma, Padre mio, circa ciò permettetemi di dirvi due miei sentimenti.

Per prima, Padre, bisogna da oggi avanti pensarci bene ad accettare queste sorte di fondazioni così miserevoli, perché poi è vero che possiamo lasciarle, quando ci piace, ma è grande poi il danno e discredito del povero Istituto, dicendosi poi, come si dice ora di Caiazzo, che ne siamo stati cacciati.

Per secondo, Padre mio, vi prego ora che siamo pochi a pensare di farci stare uniti, e così mi consolo in pensare alla Villa, che Gesù Cristo a questo fine l'ha fatto, di farci stare uniti, facendoci lasciare quella fondazione senza rimorso di averla abbandonata noi da per noi; perché, Padre mio, dove i soggetti sono


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troppo pochi (V. S. Illma già lo sa, ma io l'ho veduto ora coll'esperienza) languisce l'osservanza, il fervore, e si mette in pericolo anche la perseveranza: in somma languisce tutto, poiché se manca uno al coro per qualche affare che sempre occorre, specialmente dove sono pochi, o di predicare, o confessare, o altro, ecco che non vi è più coro, e questo succede spesso; oltre poi che quando il coro è composto da tanto pochi, non si sa che viene a dire, poiché l'istesso fa l'eddomadario, l'istesso dice l'antifone, l'istesso intona i salmi. Onde non ci impariamo mai così a dire l'Officio, come si deve.

I ritiri e gli esercizî spirituali poco si possono osservare. Io, per me, da che, sono così solo, non mi ricordo di avere potuto fare una volta perfettamente ritirato gli esercizî, poiché eravamo così pochi, e bisognava intricarmi a qualche cosa. Per li sermoncini domestici ancora, che tanto giovano fra noi, ti senti cadere le braccia, e non sai che dire quando parli a tanto pochi, oltrecché poco può moralizzarsi, per non disturbare quelli pochi che sentono.

Le colpe, parlando di quelli che si accusano a refettorio, poco e quasi mai si praticono per essere tanti pochi, e così ancora si lascia, i venerdi, di avvertire dal zelatore i difetti osservati. L'istesse ricreazioni poi fra tanto pochi, specialmente se uno di questi sia un poco di male umore, riescono spesse volte più di tedio che di sollievo.

E da tutto ciò ne nasce poi la poca osservanza ed il raffreddamento dei soggetti, e noi, Padre mio, - ne abbiamo esperienza, che sappiamo già, dalla divisione che si fece per li Ciorani, la dispersione e ruina che ne venne dei soggetti; e D. Saverio [Rossi], D. Giulio [Marocco], Padre mio, diciamo la verità, non sono più quelli che erano, ed io sarò il primo divenuto peggio e più freddo degli altri. E ciò vale a dire non solo per noi, ma ancora per gli altri, che difficilmente si risolvono ad unirsi con noi, sentendo che siamo così pochi.

Ieri appunto poi sappiate, che mi ha mandato a dire il P. Fiorillo, che ci sarebbe una buona fondazione a Grotta Goglierma, passato Sessa, terra grande, dove vi sarebbe chiesa fatta, casa di 20 celle e compita di tutte comodità, ed è in diocesi di Aquino.


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Il Padre Fiorillo mi ha mandato a dire, che io ci andassi presto a vederla, poiché dice che l'Università ci vogliono in ogni conto PP. missionari. Io gli ho risposto che l'ho mandato

 

(Manca il resto.)

 

Conforme all'originale che si conserva presso S. Eminenza Guglielmo Sanfelice, arcivescovo di Napoli.




1 Il vescovo di Caiazzo, Costantino Vigilante, era afflittissimo della partenza dei Padri dalla Villa degli Schiavi, e fece il possibile per farli ritornare nella sua diocesi. Non si sa perché in questo tempo il Prelato si sia un pò disgustato coi Padri; tuttavia è certo che il disgusto non ebbe lunga durata, perché costa da molti documenti che è sempre stato amicissimo di S. Alfonso e della Congregazione.



2 Verosimilmente il Principe Francesco Carafa, signore del casale della Villa.




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