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S. Alfonso Maria de Liguori
Modo di conversare...con Dio

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Introduzione

l - Note storiche e letterarie

Questa seconda operetta fu pubblicata, per la prima volta, a Napoli dall'Editore Pellecchia nel 1753 e ristampata l'anno successivo dal Gessari (Napoli 1754) con il seguente titolo: Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio. Ricavato da un'operetta francese ricevuta con molto gradimento da' divoti, con altri santi pensieri, affetti e pratiche aggiunte dal PD. Alfonso de Liguori. L'operetta, in queste due edizioni, è divisa in 13 paragrafi.

Nella edizione napoletana delle Operette Spirituali, parte I (Gessari, 1755) e nelle seguenti il titolo è quello attuale e la divisione è in 38 paragrafi. Le parole "ed alla familiare" mancano nelle edizioni napoletane, 12a (Paci) e 13a (Di Domenico) del 1760.

Alfonso, nel sottotitolo, afferma di aver ricavato il suo libretto da un'operetta francese il cui titolo è Méthode pour converser avec Dieu, par l'auteur des "Conseils de la Sagesse". L'autore è il P Michele Boutauld S.J. (1607-1688), e fu stampata a Parigi nel 1684 e nuovamente nel 1733, ma posta all'Indice con decreto del 1723 (5 aprile).

Le ragioni della censura non sono note, né si sa come l'operetta sia arrivata nelle mani di sant'Alfonso. Quello che è certo è che, dalla sostanza dell'opera e più ancora dall'idea generale che la ispirava, Alfonso ne intuì il valore, ricavandone, come egli dice, questo suo libretto molto gradito dai "divoti": Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio, a cui diede un'impronta tutta sua.

Anche di questa operetta è stata evidenziata la struttura letteraria soggiacente all'articolazione dell'insegnamento di Alfonso e perciò anch'essa è stata suddivisa in due parti: quella fondativa e quella pratica e, al loro interno, appropriati titoli redazionali assicurano una migliore comprensione del testo.

Nella prima parte Alfonso sviluppa vari argomenti di conversazione con Dio, il nucleo centrale dell'insegnamento dell'intera operetta; e cioè: la ricerca del conforto spirituale; le incertezze del futuro; le occasioni di gioia; l'esperienza del peccato, le necessità dei fratelli; la stima della vita eterna; le risposte di Dio.

Segue la seconda parte ricca di un insieme di stimoli e di riferimenti da eseguire durante la giornata e oltre l'arco della gi . ornata. Per dare una certa chiarezza e ordine alle proposte alfonsiane al redattori è parso opportuno riunirle sotto il titolo generale Le mille occasioni per conversare con Dio.

 

2 - Dall'amore di Dio per l'uomo alla familiarità con Dio

I primi due paragrafi sono fondamentali per il loro intrinseco valore e per la visione teologica. Si sottolinea l'amore di Dio per l'uomo che diventa il fondamento del rapporto familiare che l'uomo deve avere con Dio. Due aspetti complementari . e strettamente connessi. Dio è il vero amico e questo suscita nell'uomo la risposta confidenziale verso di lui: "I gesti di amore che ha usati in vostro favore, sono pegni sicuri del suo amore per voi; (pertanto) a Dio dispiace la diffidenza di quelle persone di vita spirituale che lo amano e sono da lui amate".

Convincono, a questo proposito, le rievocazioni di Isaia 66, 12 - già sottolineate altrove - che paragona l'amore di Dio per l'uomo a quello di una madre verso il proprio bambino. "Dio, infatti - dice Alfonso -, non rifiuta di essere preso in considerazione, anzi gode di essere trattato con la stessa confidenza, libertà e tenerezza con cui i fanciulli si rivolgono alla propria mamma"; e di . Isaia 49, 16 in cui Dio afferma di avere disegnato l'immagine dell'uomo sulle palme delle mani in modo da non dimenticarsi . mai di beneficarlo (Modo di conversare, pp. 95-98).

La confidenza e la familiarità dell'uomo verso Dio è fondata, come si diceva, sull'amore di Dio per l'uomo: un amore non astratto, fatto solo di parole, ma espresso nei fatti. L'amore verso Dio implica, per Alfonso, la mediazione di Gesù Cristo: l'amore di Dio si rivela nell'amore di Cristo e quindi la possibilità per l'uomo di amare Dio mediante Gesù Cristo. C'è qui . un'eco di quanto afferma san Giovanni: "Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre ce l'ha fatto conoscere" (Gv 1, 18). Dio "per accrescere la nostra confidenza in lui - sottolinea Alfonso -, "abbassò se stesso" (Fil 2, 7), si umiliò, per così dire, fino a farsi uomo per conversare familiarmente con noi È arrivato a diventare bambino, a farsi povero, fino a farsi giustiziare pubblicamente sulla croce. È giunto ancora a nascondersi sotto le specie del pane per essere nostro perpetuo compagno".

La connessione con il pensiero patristico è evidente. Sant'Ireneo così riflette: "Il Figlio stesso di Dio (...) scese "in una carne simile a quella del peccato" (Rm 8, 3) per condannare il peccato e, dopo averlo condannato, escluderlo completamente dal genere umano. Chiamò l'uomo alla somiglianza con se stesso, lo fece imitatore di Dio, lo avviò sulla strada indicata dal Padre perché potesse vedere Dio e gli diede in dono il Padre ( ... ). Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece figlio dell'uomo, per abituare l'uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell'uomo secondo la volontà del Padre" (1).

 

3 - La figliolanza divina

Nella presente operetta Alfonso non sviluppa la dottrina della figliolanza divina dell'uomo; ne parla in modo esplicito ne Il gran mezzo della preghiera. Qui è implicitamente presente e vorremmo richiamarla brevemente per il valore della mediazione di Cristo circa la confidenza, la familiarità e l'affetto, come atteggiamenti interiori che l'uomo deve promuovere in se stesso nel dialogo con Dio.

Gesù, come ormai è dimostrato, non si definisce mai Figlio di Dio, ma semplicemente Figlio in rapporto al Padre: Cristo manifesta la sua profonda autocoscienza di essere il Figlio. Questo legame di generazione e di conoscenza Padre-Figlio, Gesù lo esprime così: "Il Padre mio mi ha affidato ogni cosa e nessuno sa chi è il Figlio eccetto il Padre; così pure nessuno sa chi è il Padre eccetto il Figlio e quelli ai quali il Figlio lo vuol rivelare" (Lc 10, 21-22). Si può dire che Cristo esprime la forza della sua relazione con il Padre, analogamente a come la esprimono i bimbi nei confronti del loro papà o della loro mamma. Tanta è la forza e la profondità del legame che il bimbo non dice: sono figlio di... per cui vi dico, ma semplicemente: il papà o la mamma mi hanno detto.

Ma la singolare e immediata relazione che Gesù ha con Dio, il Padre, appare soprattutto nell'appellativo eccezionale con il quale gli si volge nella preghiera: "Abbà, Padre" (Mc 14, 3 6). Eccezionale perché nel giudaismo era sconosciuto l'uso personale di rivolgersi a Dio chiamandolo "Padre, - la paternità di Dio era intesa in modo collettivo nei confronti di Israele. Eccezionale, anche, per l'innovazione nell'uso dell'appellativo di "Abbà". termine aramaico la cui origine si riscontra nel linguaggio familiare, infantile, e corrisponde al nostro "papà" o "babbo".

Gesù parla con il Padre come un fanciullo parla con il suo padre naturale, con la stessa semplicità, la stessa intimità, lo stesso abbandono fiducioso. Egli manifesta così la coscienza del rapporto personale e assolutamente unico che intrattiene con il Padre.

E Gesù insegna al discepoli ad avere la stessa relazione che egli aveva con il proprio "papà". Infatti, quando gli chiedono come pregare, insegna loro a rivolgersi a Dio con l'appellativo di "Abbà" (cf Mt 6, 9). Conseguentemente essi potranno rivolgersi al Padre con gli stessi accenti, con la stessa fiducia con cui egli si rivolge al Padre.

Alfonso, nel suddetto contesto, invita gli uomini ad aprirsi . a Dio con confidenza e amore filiale. È la paternità di Dio che educa gli uomini ad avere un cuore di figli. Infatti "Il paradiso di Dio - dice il Santo -, è il cuore dell'uomo. Dio vi ama? Amatelo. Se le sue delizie consistono nello stare con voi, anche le vostre siano nello stare con lui, cercando di trascorrere la vita con chi sperate di passare l'eternità beata". "Abituatevi - pertanto - a conversare con Dio, parlandogli da solo a solo, con familiarità, confidenza e affetto, come fosse il più caro amico che avete".

 

4 - La conoscenza di Dio attraverso la natura

Tra le varie occasioni di elevazione a Dio la natura è considerata da Alfonso come una opportunità, letta però in senso sapienziale per il sacro che la pervade, in quanto opera di Dio e espressione della sua presenza.

La creazione oggi acquista importanza in contesto ecologico. La scienza e la tecnica spesso la riducono a puro strumento asservito all'uomo, privandola dell'anima profonda che è il riflesso di Dio. L'uomo perde così la capacità di contemplarla, perché non è più considerata la casa affidata da Dio all'uomo. Dio invece pone l'uomo nel mondo non solo perché lo custodisca e lo porti a compimento, ma anche perché lo rappresenti: il mondo è per l'uomo non un suo esclusivo dominio, ma il luogo che lo riferisce a Dio, poiché il mondo è di Dio.

Alfonso, al di là della tipica forma argomentativa, richiama l'uomo a questo senso sacro della natura e quindi a non dimenticare la contemplazione della natura per arrivare a Dio.

La conoscenza ha avuto varie fasi lungo la storia. Dalla conoscenza che nasce dall'ascolto di ciò che viene tramandato dalle precedenti generazioni: popoli di "tipo acustico" come gli antichi ebrei, alla conoscenza derivante dalla considerazione di ciò che si vede: popoli di "tipo visuale", come gli antichi greci. È l'inizio delle scoperte sistematiche e delle scienze naturali" (2).

Con i filosofi classici: Socrate, Platone, Aristotele, si afferma che l'uomo ha 1'"intelletto" come strumento della conoscenza, così l'entusiasmo per le scienze fisiche lascia il posto alla metafisica. La mente umana può conoscere tutto, anche Dio. Il centro di interesse è per Aristotele la conoscenza di Dio (3).

Posizione questa che farà da supporto alla conoscenza cristiana. San Gregorio Nazianzeno procede nella scia della conoscenza greca di cui però resta deluso e dichiara con sincerità: "Ho smesso di cercare Dio in modo aristotelico e mi sono messo alla scuola dei pescatoridi Galilea" (4).

I cristiani contemplano Dio attraverso Gesù Cristo, il Dio incarnato: "Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l'ha fatto conoscere" (Gv 1, 18). La conoscenza di Dio, rispetto ai greci non è di tipo filosofico e astorico, ma è la conoscenza di un Dio che si è reso visibile nel suo Figlio incarnato per la salvezza dell'uomo, perché chi crede in lui abbia fin da ora una vita che non avrà fine.

Il Verbo di Dio fatto uomo, inoltre, è anche il fondamento e il modello di tutto ciò che esiste; è il senso e il contenuto di tutto ciò che è stato creato, e pertanto i contemplativi cristiani vedono Dio in tutte le cose. Si pensi a san Francesco d'Assisi. E non solo lo vedono, ma anche sono capaci di sentirlo e di ascoltarlo, perché Cristo è la Parola eterna del Padre. Dice san Giovanni nel prologo al Vangelo: "Al principio, prima che Dio creasse il mondo, c'era colui che è la Parola". Egli era con Dio; Egli era Dio. Egli era al principio con Dio. Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa. Senza di lui non ha creato nulla" (Gv 1, 1-3) (5).

La vita umana è anzitutto una conoscenza che nasce dall'incontro. dal "dialogo". Il bambino parla con i fiori, con gli animali, con i ruscelli. Col passare degli anni si supera questo tipo di dialogo e si dialoga con gli uomini, con gli adulti Ma anche questo dialogo col tempo diminuisce. Si può fare, però, un'altra scoperta: parlare con chi abita nei fiori, nei ruscelli, nella natura. Tutto ciò che esiste è stato creato mediante la Parola di Dio. Tocca all'uomo scoprirla e contemplarla, perché è rivolta a lui (6).

L'insegnamento di Alfonso si ricollega a quest'ultima visione della natura; egli ne sottolinea l'aspetto sapienziale, non scientifico. Non gli interessa tanto il come sono composte le cose, quanto il perché esistono in rapporto a Dio e all'uomo. Il suo insegnamento orienta a conoscere Dio presente nella creazione, e più profondamente a vedere la creazione come una vera e propria interlocutrice che sollecita l'uomo a scoprire la presenza di Dio che salva in Gesù Cristo. Egli infatti scrive: "Quando avete occasione di ammirare i campi, i fiori, i frutti, che vi rallegrano al vederli e a sentirne il profumo, dite: ecco, quante magnifiche creature Dio ha create per me su questa terra perché lo ami, e quali altre delizie mi ha preparato in paradiso!". "Quando udite il canto degli uccelli, dite a voistessi: ascolta come queste bestiole lodano il loro creatore; e tu che fai? Lodatelo con sentimenti di affetto" (Modo di conversare, pp. 116-118).

E scrive ancora: "Quando sentite il canto del gallo, ricordatevi che anche voi, come Pietro, forse un tempo avete rinnegato Dio, e allora rinnovate il pentimento e le lacrime". Così "quando vi capita di vedere fieno, mangiatoie, grotte, pensate a Gesù bambino nella stalla di Betlemme"; e "se vedete funi, spine, chiodi, travi, pensate alla passione e alla morte del vostro Redentore" (ivi, pp. 118-119).

 

5 - Le mille occasioni di dialogo con Dio

In connessione con i temi scelti nella prima parte, Alfonso espone numerosi riferimenti per la giornata e oltre l'arco della giornata come luoghi di dialogo e di comunione con Dio.

Molto probabilmente i tempi, le connessioni e i contenuti . suggeriti dal Santo non hanno molta affinità e sintonia con il lettore moderno. Si noti, ad esempio, il nesso tra il mare tranquillo o in tempesta e le persone in grazia di Dio o in peccato (Modo di conversare, p. 116); o quello tra il fuoco terreno e quello dell'inferno in cui si potrebbe bruciare a motivo dei peccati (ivi, p. 118).

Sui tempi, poi si nota una certa perplessità perla loro frequenza sia durante la giornata, a cominciare dal primo mattino, che oltre l'arco della giornata. Tutto questo si coniuga con difficoltà con il comportamento dell'uomo moderno abituato a impegni di vario genere e a una certa fretta. A questo si aggiunge il fatto che i suggerimenti alfonsiani si riferiscono a una società e cultura diverse dalle attuali, percorse da impostazioni . scientifiche e tecniche. Inoltre, anche la Chiesa del Concilio ha orientato la vita spirituale su basi bibliche e liturgiche.

Tuttavia Alfonso veicola un insegnamento che, pur nel variare del contesto storico ed ecclesiale, deve restare costante nella vita spirituale dei credenti.

Un primo aspetto riguarda la necessità del dialogo con Dio da impostare in un quadro oggettivo di riferimento sia per approfondire e consolidare il dialogo stesso che per sfuggire a un eccessivo soggettivismo, orientato verso Dio solo nel bisogno, nei momenti psicologici favorevoli e poi disatteso quasi del tutto. Per un dialogo autentico e fruttuoso, secondo Alfonso, sono necessari riferimenti costanti e giornalieri, come la preghiera del mattino e della sera, la meditazione, sostenuta oggi dalla parola di Dio, dalla Liturgia delle Ore, e dal Culto eucaristico; ma sono importanti anche tutti quei riferimenti occasionali che possono verificarsi durante la giornata e oltre, specialmente quelli legati ad aspetti di maggiore necessità.

Sarebbe impensabile, pertanto - si può dedurre dal suo insegnamento -, che l'amicizia Dio-uomo possa sostenersi con fugaci incontri. Tale amicizia sarebbe puramente platonica e troppo legata a scelte di convenienza soggettiva; come l'amore umano necessita di continui e approfonditi incontri per progredire e consolidarsi. I fidanzati, infatti, approfondiscono e consolidano il loro legame di amore in proporzione di come sanno costruire tra loro una fitta e intensa rete di comunicazione con incontri . personali, telefonici e perfino ricordandosi nei momenti di lontananza, poiché in questi casi l'assenza di parole si traduce spesso in intensità di dialogo.

Non sfugga, però, all'interno del vari riferimenti, un secondo aspetto, contenutistico, dell'insegnamento del santo Dottore: la relazione profonda e personale con Dio, con Gesù Cristo, con Maria. La fede per Alfonso è concreta. Non è solo la fede che altri annunciano, che aleggia in ogni dove perché se ne parla, o perché trasmessa attraverso i . mass media, ma è la fede dell'apostolo Tommaso, il quale desidera toccare effettivamente le ferite del costato, delle manie dei piedi per un contatto diretto con il Risorto, che è anche il Cristo che aveva seguito sulle vie della Palestina e che era stato crocifisso (cf Gv 20, 24-28). Senza con questo dimenticare la presenza di Dio, come si è visto, attraverso la conoscenza del creato.

FRANCO DESIDERI, C.SS.R.

in ALFONSO MARIA DE LIGUORI

Uniformità alla Volontà di Dio - Conversare con Dio

Città Nuova 1992, pp.42-52

 

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(1) SANT'IRENEO, Contro le eresie, lib. 3, 20,2-3; SC 34, 342,344.

(2) T. ŠPIDLIK S J., Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 3), in AA.VV., In missione a Roma verso il 2000, Diocesi di Roma, 1, 1995 -1996, p. 7 l.

(3) Ivi, pp. 71-72.

(4) Ivi, pp. 72-73. La citazione è dello stesso autore.

(5) Cf. ivi, p. 73.

(6) Ivi.

 




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