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DELL'UBBIDIENZA
Ma per sapere poi ed accertare nelle nostre azioni che cosa voglia Dio da noi,
quale è il mezzo più sicuro? Non vi è mezzo più sicuro e più certo che attender
l'ubbidienza de' nostri superiori o direttori. Dicea S. Vincenzo de' Paoli: “La
volontà di Dio non si eseguisce mai meglio che facendo l'ubbidienza de'
superiori.”21 Dice lo Spirito Santo: Melior est obedientia
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quam
victimae (Eccl. IV, 17).22 Piace più a Dio il sagrificio che gli
facciamo della propria volontà soggettandola all'ubbidienza, che tutti gli
altri sagrifici che possiamo offerirgli; poiché nelle altre cose, come nelle
limosine, astinenze, macerazioni e simili, noi diamo a Dio le cose nostre, ma
nel donargli la volontà gli doniamo noi stessi: nel donargli i nostri beni, le
nostre mortificazioni, gli diamo parte, ma nel donargli la nostra volontà gli
diamo tutto. Onde quando diciamo a Dio: “Signore, fatemi intendere per mezzo
dell'ubbidienza ciò che volete da me, ch'io tutto voglio farlo,” non abbiamo
più che offerirgli.
Chi dunque si è dedicato all'ubbidienza bisogna che si distacchi in tutto dalla
propria opinione. “Ognuno per altro, dice S. Francesco di Sales, ha delle
opinioni proprie, ma ciò non si oppone alla virtù; quello che si oppone alla
virtù è l'attaccamento che noi abbiamo alle nostre opinioni.”23 Ma oimè
che
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questo attaccamento è la cosa più dura a lasciare; e perciò vi
sono tanto poche anime che si danno tutte a Dio, perché poche si sottomettono
in tutto all'ubbidienza. Vi sono taluni che talmente stanno attaccati alla
propria volontà, che quando vien loro imposta qualche ubbidienza, ancorché
quella cosa sia di loro genio, nondimeno, perché l'han da fare per ubbidienza,
vi perdono l'affetto e la voglia di farla, mentre non trovano gusto in altro
che in fare quel che loro detta la propria volontà. Ma non fanno così i santi;
essi non trovano pace se non in quelle operazioni che loro impone l'ubbidienza.
La santa madre Giovanna di Chantal un giorno di ricreazione disse alle sue
figlie che avessero impiegata quella giornata in ciò che loro piaceva. Venuta
la sera andarono esse a pregarla istantemente che non avesse più data loro
quella licenza, perché non aveano provato giorno di maggior fastidio che quello
in cui si erano vedute sciolte dall'ubbidienza.
È
un inganno il pensare che qualunque altra opera possa essere migliore di quella
che c'impone l'ubbidienza. Dice S. Francesco di Sales: “Il lasciare l'impiego
dove ci mette l'ubbidienza per unirsi con Dio coll'orazione, colla lettura o
col raccoglimento, sarebbe un ritirarsi da Dio per unirsi al suo amor
proprio.”24 Aggiunge S. Teresa che chi fa qualche opera,
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benché spirituale, ma contra l'ubbidienza, opera certamente per
istigazione del demonio, non già per ispirazione divina, come forse si lusinga;
perché, dice la santa, “Le ispirazioni di Dio tutte vanno unite coll'ubbidienza.”25
Quindi ella scrive in altro luogo: “Iddio da un'anima che sta risoluta di
amarlo non vuol altro che ubbidisca.”26 “Vale più un'opera fatta per
ubbidienza, scrive il P. Rodriguez, che ogni altra che noi possiam pensare.
Vale più l'alzar da terra una paglia per ubbidienza, che una lunga orazione ed
una disciplina a sangue fatta di proprio arbitrio.”27 Perciò diceva S.
Maria Maddalena de' Pazzi ch'ella desiderava più di stare in qualche esercizio
di ubbidienza che in orazione, poiché “nell'ubbidienza, diceva, io sto sicura
della volontà di Dio, ma non sono così sicura stando
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in ogni altro
esercizio.”28 E secondo tutt'i maestri di spirito è meglio lasciare
qualche esercizio divoto per ubbidienza, che adempirlo senza l'ubbidienza.
Rivelò Maria SS. a S. Brigida che chi lascia per ubbidienza una mortificazione
fa doppio guadagno, mentre già ottiene il merito della mortificazione,
volendola fare, ed ottiene di più il merito dell'ubbidienza per cui la lascia.29
Un giorno il celebre P. Francesco Arias andò a vedere il Ven. P. Giovanni
d'Avila suo caro amico, e lo trovò cogitabondo e mesto; l'interrogò della
causa, e 'l P. Giovanni rispose così: “O beati voi, che vivete sotto
l'ubbidienza e state certi di fare quel che vuole Dio. Parlando di me, chi mi
assicura che sia più grato a Dio l'andare per li villaggi istruendo i poveri
contadini o pure star fisso in un confessionario a sentir le confessioni di
ognuno che viene? Ma chi vive sotto l'ubbidienza sta sicuro che quanto fa per
ubbidire tutto è secondo
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la volontà di Dio, anzi è la cosa che più
gradisce a Dio.”30 Serva ciò per consolazione di tutti coloro che
vivono sotto l'ubbidienza.
Per esser poi perfetta l'ubbidienza, bisogna ubbidire colla volontà e col
giudizio. Ubbidir colla volontà viene
a dire ubbidir di buona voglia e non a forza, come fanno i schiavi. L'ubbidir
poi col giudizio, importa
l'uniformare il nostro giudizio a quello del superiore, senza mettere ad esame quel
che ci viene imposto e come ci viene imposto. Onde diceva S. Maria Maddalena
de' Pazzi: “La perfetta ubbidienza richiede un'anima senza giudizio.”31
Dicea parimente S. Filippo Neri che per bene ubbidire non basta fare quello che
l'ubbidienza comanda, ma bisogna farlo senza discorso, tenendo per certo che
quel che ci viene comandato è per noi la cosa più perfetta che possiamo fare,
ancorché il contrario fosse migliore avanti a Dio.32
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E
ciò corre non solo per li religiosi, ma anche per gli secolari che vivono sotto
l'ubbidienza de' loro padri spirituali. Essi fansi loro assegnar dal direttore
tutte le regole con cui debbono portarsi negli esercizi così spirituali come
temporali, e così vanno sempre sicuri di fare il meglio. Dicea S. Filippo Neri:
“Quei che desiderano far profitto nella via di Dio si sottomettano ad un
confessore dotto, al quale ubbidiscano in luogo di Dio. Chi fa così si assicura
di non render conto a Dio delle azioni che fa.” Dicea di più: “Che al
confessore si avesse fede, perché il Signore non lo lascerebbe errare: che non
vi è cosa più sicura che tagli i lacci del demonio che fare la volontà altrui
nel bene: e che non v'è cosa più pericolosa che volersi reggere di proprio
parere” (Vita, lib. I. cap. 20).33 Parimente S. Francesco di Sales
(Introd. cap. 4) parlando della direzione del padre spirituale per camminar
sicuro nella via di Dio, scrisse: “Questo è l'avvertimento degli avvertimenti:
per quanto voi cerchiate, dice il divoto Avila, voi non troverete mai così
sicuramente la volontà di Dio, quanto per lo cammino di questa umile ubbidienza
tanto raccomandata e praticata da tutti gli antichi divoti.”34 Lo
stesso dicono S. Bernardo, S. Bernardino
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da Siena, S. Antonino, S.
Giovanni della Croce, S. Teresa, Giovan Gersone e tutti i teologi e maestri di
spirito; e 'l dubitar di tal verità, scrisse S. Giovanni della Croce, è presso
che dubitar della fede. “Il non appagarsi, sono parole del santo, di ciò che
dice il confessore è superbia e mancamento di fede” (Tratt. delle spine, t. 3.
coll. 4. 2. n. 8).35 Onde fra le massime di S. Francesco di Sales vi
sono queste due che molto consolano l'anime scrupolose: 1° Non si è perduto mai un vero ubbidiente; 2° Conviene contentarsi saper dal padre spirituale che si cammina bene,
senza cercarne la cognizione.36
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Insegnano molti dottori,
il Gersone, S. Antonino, il Gaetano, il Navarro, il Sanchez, il Bonacina, il
Corduba, il Castropalao, ed i Salmaticesi con altri (Tratt. 20. cap. 7, n. 10),
che lo scrupoloso è tenuto sotto obbligo grave ad operare contra gli scrupoli,
quando si può temere che per causa di tali scrupoli abbia a patirne un grave
danno nell'anima o nel corpo con perdere la sanità o la mente;37 e
perciò gli scrupolosi debbono avere maggiore scrupolo a non ubbidire al
confessore che ad operare contra lo scrupolo.
Ecco dunque, per
concludere tutte le cose dette in questo capo, dove consiste tutta la somma
della nostra salute e perfezione: 1° In negare noi stessi; 2° In seguir la
volontà di Dio; 3° In pregarlo sempre che ci dia la forza di adempire l'uno e
l'altro.
Affetti e Preghiere
Quid... mihi est in caelo? et a te quid volui super
terram?... Deus
cordis mei, et pars mea Deus in aeternum (Ps. LXXII, 25, 26).
Amato mio Redentore, o amabile infinito, giacché voi siete sceso dal cielo per
donarvi tutto a me, che altro vogl'io andar cercando nella terra e nel cielo
fuori di voi che siete il sommo bene, l'unico bene degno di essere amato? Voi
dunque siate l'unico signore del mio cuore, voi possedetelo tutto; e l'anima
mia solo voi ami, a voi solo ubbidisca e cerchi di piacere. Si godano pure gli
altri le ricchezze di questo mondo, io voi solo voglio: voi siete e sarete la
mia ricchezza in questa vita e nell'eternità. Vi dono dunque, Gesù mio,
intieramente il mio cuore e tutta la mia volontà. Ella vi è stata ribelle un
tempo, ma ora tutta ve la consagro. Domine, quid me vis facere? (Act. IX, 6). Ditemi quel
che volete da me e datemi l'aiuto, ch'io
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tutto voglio farlo.
Disponete di me e delle cose mie come vi piace; io tutto accetto ed in tutto mi
rassegno.
O amore degno
d'infinito amore, voi mi avete amato fino a morire per me, io v'amo con tutto
il cuore, v'amo più di me stesso, e nelle vostre mani abbandono l'anima mia.
Oggi rinunzio ad ogni affetto mondano, mi licenzio da tutto il creato e mi do
tutto a voi; voi accettatemi per li meriti della vostra Passione, e rendetemi
fedele sino alla morte.
Gesù mio, Gesù mio,
da oggi avanti voglio vivere solo a voi, non voglio altro amare che voi, non
voglio altro cercare che di fare la vostra volontà. Assistetemi colla vostra
grazia.
Ed aiutatemi voi
colla vostra protezione, o speranza mia, Maria.
21 «M.
Vincent... a déclaré en plusieurs recontres (les sentimentes qu' il avait de
cette vertu d' obéissance), mais particuliérement dans les avis salutaires qu'
il a donnés sur ce sujet à ses chéres filles les religieuses du premier monastére
de la Visitation de... Paris... Entre toutes les vertus, (il) leur recommandait
souvent celle de l' obéissance, et de l' exactitude à la régularité, jusqu' aux
moindres observances;... que ces deux vertus-là étaient celles qui, étant
pratiquées avec persévérance, faisaient la religion; que pour s' y exciter, il
était utile d' en conférer familiérement ensemble, et de s' entretenir sur leur
excellence et leur beauté; qu' il était nécessaire de s' y affectionner dans la
vue du plaisir que Dieu prend dans les âmes religieuses qui s' y rendent
fidéles, et parce que... leur divin Epoux aimait tellement ces vertus, que le
moindre retardement à l' obéissance lui était désagréable; qu' une âme vraiment
religieuse, ayant voué cette vertu en face de l' Eglise, doit se rendre
soigneuse d' accomplir ce qu' elle a promis, et que si on se relâchera bientot
en une plus grande; que tout le bien de
la créature consistait en l' accomplissement de la volonté de Dieu, et que
cette volonté se trouvait particuliérement en la fidéle pratique de l'
obéissance, et en l' exacte observance des règles de l' Institut; qu' on ne pouvait rendre un service plus
véritable à Dieu qu' en pratiquant l' obéissance, par laquelle il accomplit ses
desseins sur nous; que sa pure gloire s' y trouve avec l' anéantissement de
l' amour-propre et de tous ses intérêts, qui est ce à quoi nous devons
principalment prétendre, et que cette pratique mettait l' âme dans la vraie et
parfaite liberté des enfants de Dieu.» ABELLY, Vie, liv. 3, ch. 14.
22 Multo enim melior est obedientia quam
stultorum victimae, qui nesciunt quid faciunt mali. Eccl. IV, 17. - Et ait Samuel: Numquid vult Dominus
holocausta et victimas, et non potius ut obediatur voci Domini? Melior est enim
obedientia quam victimae, et auscultare magis quam offerre adipem arietum. I
Reg. XV, 16.
23 «La
première question est si, d' être sujette à sa propre opinion, est une chose
bien contraire à la perfection. Sur quoi je réponds qu' être sujet à avoir des
propres opinions ou n' y être pas, est une chose qui n' est ni bonne ni
mauvaise, d' autant que cela est tout naturel. Chacun a des propres opinions;
mais cela ne nous empêche pas de parvenir à la perfection, pourvu que nous ne
nous y attachions pas ou que nous ne les aimions pas, car c' est seulement l'
amour de nos propres opinions qui est infiniment contraire à la perfection; et
c' est ce que j' ai tant de fois dit, que l' amour de notre propre jugement et
l' estime que l' on en fait, est la cause qu' il y a si peu de parfaits. Il se
trouve beaucoup de personnes qui renoncent à leur propre volonté, les uns pour
un sujet, les autres pour un autre; je ne dis pas seulement en Religion, mais
parmi les séculiers et dans les cours del princes mêmes. Si un prince commande
quelque chose à un courtisan, il ne refusera jamais d' obéir; mais d' avouer
que le commandement soit bien fait, cela aarrive rarement. Je ferai ce que vous
me commandez, en la façon que vous me dites, répondra-t-il; mais... Ils
demeurent toujours sur leur mais, qui vaut autant à dire qu' ils savent bien
qu' il serait mieux autrement. Nul ne peut douter, mes chères filles, que ceci
ne soit fort contraire à la perfection, car il produit pour l' ordinaire des
inquiétudes d' esprit, des bijarreries (bizarreries), des murmures, et enfin il
nourrit l' amour de sa propre estime; de maniéere donc que la propre opinion ni
le propre jugement ne doit pas être aimé ni estimé.» S. FRANÇOIS DE SALES, Les vrais Entretiens spirituels, 14éme
entretien. Œuvres, VI, Annecy, 1895.
24 Trattasi, a quanto pare, nella
lettera qui riferita, di una giovane rivestita dell' abito della Visitazione,
come sorella conversa, ai 15 di agosto 1615, ritardata poi per la professione,
che fece - per favore, come corista - ai 9 di settembre 1618. Lagnavasi di
vedersi limitato, come alle altre converse, ad una mezz' ora il tempo della
meditazione della mattina, volendo, se non altro, il patto che più tardi le
fosse concessa più ampia licenza. Si ebbe una negativa, tanto dall' accorta
Superiora, quanto dal Santo Fondatore, interrogato sul da farsi. « Je vous dirai, sur la difficulté qu' a cette bonne fille, qu' elle se
trompe grandement si elle croit que l' oraison la perfectionne sans l'
obéissance, laquelle est la chère vertu de l' Epoux, en laquelle, par laquelle
et pour laquelle il a voulu mourir... Plusieurs religieux et autres ont été
saints sans l' oraison mentale, mais sans l' obéissance, nul. - C' est bien
fait, ma très chère Fille, il ne faut point de réserve ni de condition; car,
qui recevrait des âmes en cette sorte, la Congrégation se verrait toute pleine
du plus fin, et par conséquens du plus dangereux amour-propre qui soit au
monde... Chacune suivrait son humeur ou sa prèsomption, en lieu de suivre
Notre-Seigneur crucifié... Il faut aimer l' oraison, mais il la faut aimer pour
l' amour de Dieu. Or, qui l' aime pour l' amour de Dieu, n' en vreut qu' autant
que Dieu lui en veut donner, et Dieu n' en veut donner qu' autant que l'
obéissance permet. Si donc cette fille -
que j' aime néanmoins bien fort pour le bien que vous m' en dites - se
veut perfectionner à sa guise, il la faut remettre à elle-même; mais je ne
crois pas, si elle est bien dévote et qu' elle ait le vrai esprit d' oraison,
qu' elle ne se soumette à la pure obéissance... Que donc cette fille prenne un
coeur d' enfant, une volonté de cire et un esprit nu et dépouillé de toute
sorte d' affections, hormis de celle d' aimer Dieu, et quant aux moyens de l'
aimer, ils lui doivent être indifferents.» S. FRANÇOIS DE SALES, Lettre 1290, mars ou avril 1617, à la Mère Favre, Supèrieure de la
Visitation de Lyon. Œuvres, XVII,
359-361.
25 S. TERESA, Las Fundaciones, cap. 8: Obras, V. - Libro de la Vida, cap. 26: - Obras,
I. - Las Fundaciones, cap. 24: Obras,
V. - Yepes, Vita, lib. 2, cap.
27. - Vedi Appendice, 92.
26 «Oh Senor,
cuàn diferentes son vuestros caminos de nuestras torpes imaginaciones! Y còmo
de un alma que està ya determinada a amaros, y dejada en vuestras manos, no
queréis otra cosa si no que obedezca y se informe bien de lo que es màs
servicio vuestro, y eso desee.» S. TERESA, Las Fundaciones, cap. 5. Obras, V, pag. 40.
27 «Nihil in
omnibus his rebus (nempe in devotionis ac paenitentiae exercitiis) melius et
minus suspiciosum est, quam superiori et confessario, omnium quae facis et
facere cupis, rationem dare, et, quod ille faciendum omittendumve decreverit, ipsum
ex animo sequi. Hac enim ratione magis Deo placebis plusque promereberis...
Habet, v. g., quis efficax paenitentias aliquas vel mortificationes suscipiendi
desiderium, et superiori suo huius rationem reddit: cui decernenti ut talia
opera omittantur, si obediet, non modo illorum valorem ac meritum non deperdet,
sed adaugebit etiam et duplicabit. Ex una enim parte horum operum paenitentiarumque
valorem et meritum, ob efficacem eorum faciendorum voluntatem, habebat; ex alia
vero ipsum obedientia valorem et meritum, dum ea, ita superiore iubente, facere
omittit, lucratur. Fit quoque interdum ut isthuc meritum maius sit primo, ob
maiorem voluntatis iudiciique abnegationem ac resignationem, non faciendo id
quod tantopere desiderabat, ut obediat et Dei voluntatem a superiore declaratam
exsequatur.» Alph. RODERICIUS, S. I.,
Exercitium perfectionis, pars 3,
tract. 5, cap. 7, n. 15. - «Gravis quidam doctor aiebat, malle se humi sarmenta
iussu alieno colligere, quam proprio arbitrio aliis operibus insignibus atque
illustribus intendere. In eo enim quod ex obedientia faciebat, certus ac
securus erat Dei se voluntatem facere, in aliis vero rebus incertus.» Idem opus, pars 3, tract. 5, cap. 10,
n. 5.
28 «Alcuna volta, essendole detto
che molte volte, per diversi affari della Religione, sarebbe stata impedita
dall' orazione e dai suoi segreti ritiramenti con Dio, ella rispondeva riputar
più grato al Signore ogni minimo esercizio della Religione, che qualsivoglia
alta contemplazione. Da questo procedeva che, trovandosi ella rapita in Dio, ed
essendole detto alcuna volta dalla Priora: « Suor Maria Maddalena, venite ora
al tale esercizio; » ella tosto, benché fosse in ratto, si risentiva e
prontamente faceva la santa ubbidienza.» PUCCINI, Vita, Firenze, 1611, parte 1, cap. 61. - «Quando... era ancor
secolare, benché nel Monastero si ritrovasse per provare gli ordini di quello,
da una Madre antica le fu domandato, vedendola quasi del continuo affissata
nell' orazione, come ella avrebbe fatto quando vestita fosse dell' abito
religioso, avvengaché non le sarebbe stato permesso, per gli altri esercizi
continui della Religione, di poter per tante ore dimorare in orazione. A tal
domanda, rispose ella prontamente con volto allegro e con somma umiltà,
dicendo: «Madre, a me non è per dar noia e fastidio l' esser priva del tempo
dell' orazione, perché io so bene che ogni esercizio della Religione nel
cospetto di Dio è tutta orazione.» Ibid.,
parte 4, cap. 30. - « Dava (alle sue suddite) questo avvertimento che non
anteponessero mai, non solo i propri commodi, ma né anche altre proprie e
private azioni, ancorché divote e sante, a qualsivoglia minimo ordine comune
della Religione; perché, diceva ella, nel fare l' azione comune della
Religione, siamo certe di fare la volontà di Dio, del che non ci possiamo
assicurare mentre facciamo opere a nostra voglia e capriccio; anzi ci esponiamo
a gran pericolo d' inganno e di tentazione.» PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, cap. 125.
29 «(Verba
admonitionis VIrginis ad filiam, nempe ad ipsam Sanctam.) Ecce si videris duos
homines - alius est sub obedientia, alius in libera potestate. - Si ille qui
liber est ieiunat, simplicem habebit mercedem. Si autem ille qui sub
obedientia, comedit illo die ieiunii carnes secundum institutionem regulae et
propter obedientiam, attamen libentius ieiunaret si non obsisteret obedientia:
ipse habebit mercedem duplicem, unam propter obedientiam, aliam propter
dilationem desiderii et non impletionem voluntatis suae.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 26.
30 «Cum Ioannem
Avilam, insignem illum interioris vitae ac virtutis magistrum (Arias) aliquando
inviseret - nam suavissima erant inter se amicitia et familiaritate coniuncti -
anxium et, contra quam solebat, maestum offendit. Quaerit Arias quid rei novae
acciderit: negat ullam satis iustam ipsi maeroris causam esse, qui totus in
divina gloria, in salute animarum procuranda sit. «Dolet mihi, respondit Avila
ingemiscens, quod caream uno maximo, quo tu, mi Pater, gueris, bono; nimirum
obedientia. Sint illae sane, quas dicis, occupationes Deo gloriosae, proximis
non inutiles: at quo scire possum pacto me illis placere Deo, et eius implere voluntatem,
in quo tamen summa perfectae virtutis est? an rem illi acceptiorem sim facturus
si pagatim instituam rusticos, quam si dies totos in sacro tribunali
confessionis haeream? Sed quodcumque tandem religiosus vir agat, pro certo
habet Deum id velle, nihilque aliud esse quo illi gratificari et servire magis
queat.» Digna vox tanto verae pietatis magistro, et quae magno religiosis
omnibus viris tum solatio tum incitamento sit!» Ios. IUVENCIUS, S. I., Historia
Societatis Iesu, pars 5, lib. 24, § 46 (ann. 1605). - Cf. PATRIGNANI, Menologio, 23 maggio (>11605).
31 (Risponde il Verbo all'
«amantissima sua Sposa»:) «Per il proprio sapere, distruggimento della virtù, e
per il volermi servire a suo modo, prenderai (come rimedio) un nulla volere,
nulla intendere e nulla sapere a tuo modo.» PUCCINI, Vita, Firenze, 1611, parte 3, Prima
Notte, pag. 19. - «La perfetta ubbidienza richiede un' anima senza volontà,
una volontà senza giudizio, un giudizio senza spirito, uno spirito senza occhi,
e che sia cieco ad ogni altro, fuorché all' ubbidire a tutto il mondo.»
PUCCINI, Vita, Venezia, 1671, in
fine, Detti e sentenze della Santa, §
3, n. 21.
32 «Dicea che non basta, per esser
vero ubbidiente, far quello che l' ubbidienza comanda, ma bisogna che si faccia
senza discorso: per contrario, quando uno vi discorreva sopra, ovvero vi
replicava, non lo stimava; dicendo che le cose fatte di propria volontà non
sono tanto meritorie come quelle che sono fatte con l' ubbidienza... Ed
aggiungeva doversi tener per certo che quello che vien comandato da coloro che
tengono il luogo di Dio, è la miglior cosa, e la più perfetta che si possa
trovar, ancorché paresse tutto il contrario.» BACCI, Vita, lib. 1, cap. 20, n. 23. - In quanto alla totale sicurtà, al
tribunal di Dio, di chi ubbidisce, vedi la nota seguente.
33 «Diceva che quelli che
desiderano da dovvero far profitto nella via di Dio, si dessero in tutto e per
tutto nelle mani de' superiori; e quelli che non viveano sotto l' ubbidienza,
si sottomettessero volontariamente ad un dotto e discreto confessore, al quale
ubbidissero in luogo di Dio, scuoprendogli con ogni libertà e semplicità tutti
i loro affari, né determinassero cosa alcuna senza il suo consiglio;
soggiungendo che chi faceva in questo modo, si assicurava di non dover render
conto a Dio delle azioni che faceva. Esortava però, che avanti di eleggersi il
confessore, vi si pensasse bene, e se ne facesse orazione; ma eletto che si
era, non voleva che si lasciasse, se non per urgentissime cagioni, e gli si
avesse grandissima fede; conferendogli ogni minima cosa; perché il Signore non
lo lascierebbe mai errare in quello che fosse per salute delle anime loro: e
soggiungeva che, quando il demonio non poteva far cadere qualche persona in
peccati gravi, procurava con ogni sua industria di metter differenza fra il
penitente e il confessore, perché così veniva a poco a poco a far guadagno
assai. Diceva ancora che l' ubbidienza era una via compendiosa per arrivare
alla perfezione: e molto più stimava uno che vivesse sotto l' ubbidienza una
vita ordinaria, che un altro che di sua propria volontà facesse gran penitenza;
e diceva non esser cosa più pericolosa per la vita spirituale, che volersi
reggere di proprio parere; e per contrario non esser cosa che più assicuri le
azioni, e che tagli più i lacci che tende il demonio, che fare la volontà
altrui nel bene; e che finalmente l' ubbidienza è il vero olocausto che si
sagrifica a Dio nell' altare del nostro cuore.» BACCI, Vita, Llib. 1, cap. 20, n. 21.
(
34
«Voulez-vous à bon escient vous acheminer à la dévotion? Cherchez quelque homme
de bien qui vous guide et conduise; c' est ici l' avertissement des
avertissements. Quoi que vous cherchiez, dit le dévot Avila, «vous ne trouverez
jamais si assurément la volonté de Dieu que par le chemin de cette humble
obéissance, tant recommandée et pratiquée par tous les anciens dévots.» S.
FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie
dévote, 1re partie, ch. 4.
«In quanto appartiene alla vostra coscienza,
dovete stare avvertita di non fidarla al parer vostro, né di qual si voglia. Vi
convien prendervi per guida un padre che sia persona letterata, e sperimentata
nelle cose di Dio: che l' uno senza l' altro ordinariamente non basta... E
poiché tanto v' importa l' assicurarvi con una buona guida, dovete con molta
istanza pregare il Signore che ve la mandi dalla sua mano; e quando l' avrete
ricevuta, fidatele con molta sicurtà il cuor vostro, e non le nascondete cosa
alcuna buona né cattiva: la buona, perché v' incammini e vi avvisi; la cattiva;
perché ve ne dia la correzione. E non fate alcuna cosa d' importanza senza il
suo parere, avendo confidenza in Dio, il quale è amico dell' ubbidienza, ch'
egli sia per metter nel cuore e nella lingua alla vostra guida quel che
conviene alla vostra salute... E tenete certo che, quantunque voi cerchiate
molto, non troverete un altro viaggio (cammino) tanto certo e tanto sicuro, per
sapere la volontà del Signore, come questo dell' umile ubbidienza, tanto
consigliato da tutti i Santi, e tanto messo in opera da molti di loro, come ce
ne fanno fede le vite dei Santi Padri: fra i quali si teneva per molto gran
segnale che uno arrivasse alla perfezione, nell' esser molto soggetto al suo
superiore. E fra le molte buone cose, le quali sono negli ordini dei religiosi,
ne troverete per maraviglia un' altra tanto buona quanto è il viver sotto un
maggiore, a cui si ubbidisca, non solo nelle cose esteriori, ma nel parere e
nella volontà interiore. I quali, se hanno confidenza e divozion nell'
ubbidienza, vivranno vita certa e molto quieta.» B. GIOVANNI AVILA, Trattato spirituale sopra il verso «Audi,
filia», cap. 55.
35 Vedi Appendice, 93.
36 «Il digiunare di proprio capo, è
una pura tentazione. QUanti gran digiunatori si sono perduti, ma non mai un
ubbidiente.»GALLIZIA, Vita, lib. 6, §
21, Massime che riguardano noi stessi, n.
27 - «Conviene contentarsi di sapere dal padre spirituale che si cammina
bene, senza ricercarne la cognizione e sentimenti. Il meglio è di camminare
come cieco sotto la divina provvidenza fra le tenebre, desolazioni, croci e
perplessità che arrivano in questa vita.» Ibid., n. 12. - «A celui-là (au vrai
obéissant), je lui peux bien assurer de la part de Dieu le paradis pour la vie
éternelle.» S. FRANÇOIS DE SALES, Œuvres,
VI, Annecy, 1895: Les vrais
Entretiens spirituels, XI, pag. 187. - «Notre - Seigneur a promis que le vrai obéissant ne se perdra jamais.» Ibid., pag. 190. - «Il se faut contenter
de savoir que l' on fait bien, par celui qui gouverne, et n' en rechercher ni
les sentiments ni les connaissances particuliéres, mais marcher comme aveugle
dans cette Providence et confiance en Dieu, même parmi les désolations,
craintes, tènébres et toute autre sorte de croix, s' il plaît à Notre-Seigneur
que nous le servions ainsi; demeurant parfaitement abandonnée à sa conduite,
sans aucune exception ni réserve quelconque, toute, toute, et le laisser
faire.» Œuvres, XXI, Annecy, 1923, Lettre 2086, à la Mère de Chantal. - Cf. Œuvres,
VI: Les vrais Entretiens spirituels, X,
pag. 165. - «Rienheureux sont les obéissants, car Dieu ne permettra qu' ils s'
ègarent.» Introduction à la vie dévote, 3.
éme partie, ch. 11.
37 Vedi Appendice, 94.
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