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S. Alfonso Maria de Liguori
Riflessioni utili a' Vescovi

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§. VII. Del consiglio.

Qui autem sapiens est audit consilia: dice lo Spirito santo1. Diceva con ciò Campano vescovo di Terme, che quel prelato il quale stima di non aver bisogno di consiglio per ben governare, o dovrebbe essere Dio o sarà bestia fra gli uomini. Scrive con lode il Surio di s. Ugone vescovo


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Nicolniense, che nell'entrare nel vescovato la prima sua cura fu scegliersi i consultori dotti e timorati. A questi però ne' casi occorrenti è bene che il vescovo occulti il proprio e dia libertà di dire il loro sentimento.

Deve il prelato star bene avvertito di ben ponderare qualunque ordine prima di darlo, e di non esser troppo facile a risolvere le sue operazioni specialmente nel calore della passione e negli affari di peso e conseguenza. Anzi nell'entrar il vescovo al govemo della sua chiesa sarebbe espediente, generalmente parlando, che per molti mesi non facesse altro che andare osservando tutti gli sconcerti della diocesi e meditando i rimedj, e poi operasse, potendo allora meglio accertare le risoluzioni, quando egli si sarà fatto appieno inteso delle cose e delle persone della sua diocesi. Indi poi nel progresso del governo bisogna che prima si consigli con Dio nell'orazione, appresso coi prudenti, e poi operi con fortezza, non solamente in dare gli ordini opportuni, ma in sostenerli e farli puntualmente osservare; altrimenti sarà meglio non farli; poiché il vedere che il vescovo sopporta l'inosservanza d'un ordine senza risentimento, farà che sieno disprezzati tutti gli altri suoi ordini. Questo significò s. Paolo a Tito, quando gli scrisse che avesse atteso a fare osservare i suoi ordini: cum omni imperio, ut nemo te contemnat. E questa fortezza appunto sì necessaria al vescovo significa ancora la sacra unzione ch'egli riceve nella sua consagrazione. Non sarà mai buon prelato chi negl' interessi di Dio teme di dispiacere agli uomini: Si hominibus placerem, servus Dei non essem, diceva l'apostolo. Ed un buon vescovo soggiungeva, che il prelato s'ha da risolvere ad essere o avvelenato, o processato, o dannato.




1 Prov. 12. 15.




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