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S. Alfonso Maria de Liguori
Avvertimenti...a' condannati a morte

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Introduzione

In queste pagine del 1775 Alfonso suggerisce come affrontare quei peccatori, per i quali non esiste più il rischio di recidività o di occasione prossima: i condannati a morte.

Egli si era occupato dei condannati a morte fin dalla sua giovinezza, iscrivendosi nel 1725 alla congregazione Compagnia di S. Maria succurre miseris, chiamata anche dei Bianchi della Giustizia: "bianchi" perché portavano tunica e cappuccio bianchi, "della giustizia" perché davano amore e pietà a coloro dei quali la società pretendeva fare "giustizia".

Dal 1525 la compagnia aveva in Napoli la propria sede in una cappella dell'ospedale degli Incurabili, con il compito di assistere spiritualmente e circondare di tenerezza i condannati nei giorni precedenti l'esecuzione. Ogni volta che un usciere della giustizia portava il fatale biglietto, quattro fratelli, a turno, accompagnati da tutti quelli che potevano unirsi loro - ne occorrevano almeno tredici - partivano in processione per la Vicaria, mormorando i sette salmi penitenziali; prendevano teneramente in cura l'Afflitto e lo circondavano, pregando insieme, mentre scendeva al Mercato, al luogo dell'esecuzione. I Bianchi raccoglievano con pietà rispettosa il corpo di qualsiasi suppliziato, lo portavano processionalmente al loro oratorio tra la salmodia triste e implorante dei Miserere e dei De profundis, celebravano per lui l'ufficio e la messa esequiale e lo seppellivano come un fratello, come un figlio. Quei poveri sventurati morivano tutti con evidenti segni di pentimento e di speranza.

Spesso il condannato a morte lasciava vedova e figli che piangevano nella vergogna e nella miseria e i Bianchi se ne prendevano cura, questuando in gruppi di otto per la città tutti i sabati, dopo che ognuno aveva contribuito di tasca propria.

Alfonso non farà molte confidenze riguardo a questo macabro ministero esercitato per otto anni, ma, oltre ad alcune pagine nelle sue opere pastorali, redigerà, per i sacerdoti che assistono i condannati, un piccolo compendio pratico, dove affiorano commossa pietà e grande esperienza di questi tragici colloqui intimi.

Cf. Th. ReyMermet,

Il Santo del secolo dei lumi

Città Nuova 1982, p. 201-203

Tannoia ricorda così questa opera (parte IV, pp. 91-92):

"Avendo in mira i condannati a morte, restringe in un altr'Opuscolo gli Avvertimenti a' Sacerdoti che loro assistono.

Rileva le tentazioni, che questi possono avere: così, se odiosità l'investe o contro gli Accusatori,. o contro gli Giudici: maggiormente se odiati si stimano da Dio, ed indegni del perdono, o che stimasi Iddio come tiranno, che creati gli abbia per l'Inferno; e per queste, e per ogni altra tentazione suggerisce de' varj mezzi".

 

 

 

 




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