- Parte prima
- CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.
- § 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.
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§ 3. - Quanto è l'amore che ci porta questa Madre.
Se dunque Maria è nostra madre, possiamo considerare
quanto ella ci ama.
L'amore a' figli è un amor necessario; e questa è la
ragione per cui, come riflette S. Tommaso (nell'Opusc. LX, c. 4),1
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dalla divina legge è già imposto a' figli il precetto di amare i
genitori, ma all'incontro non vi è precetto espresso ai genitori d'amare i
figli, perché l'amore verso i propri parti è un amore con tanta forza insito
dalla stessa natura, che le stesse fiere più selvagge, come dice S. Ambrogio,
non possono lasciar di amare i loro figli: Natura
hoc bestiis infundit, ut catulos parvulos ament (L. VI, Exa., c.
4).2 Onde portano gl'istorici che anche le tigri, sentendo la voce de'
figli presi da' cacciatori, si pongono a nuotare per mare sino a raggiungere le
navi dove quelli sono.3 Se dunque, dice la nostra amantissima madre
Maria, neppure le tigri si sanno dimenticare de' figli, come io posso
dimenticarmi di amare voi, figli miei?
Numquid oblivisci potest mulier infantem suum, ut non misereatur filio uteri
sui? Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15).
E se mai, ella soggiunge, si desse per impossibile il caso che una madre si
dimenticasse d'un figlio, non è possibile ch'io lasci d'amare un'anima figlia
mia.
Maria è nostra madre, non già di carne, come
dicemmo, ma d'amore. Ego mater pulchrae dilectionis
(Prov. XXIV,
24).4 Onde il solo amor che ci porta la fa diventar nostra madre, e
perciò ella si gloria, dice un autore (Paciucch.), d'esser madre d'amore;
poiché, avendoci presi per figli, e tutta amore verso di noi: Se dilectionis esse matrem gloriatur, quia
tota est amor erga nos, quos in filios recepit.5
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E chi mai potrebbe spiegare l'amore che Maria porta
a noi miserabili! Dice Arnoldo Carnotense ch'ella nella morte di Gesù Cristo
desiderava con immenso ardore di morire insieme col Figlio per nostro amore: Flagrabat Virgo, aestuante caritate incensa,
ut pro humani generis salute simul cum prole profunderet vitam (Tract. de
Verb. Dom.).6 Sicché, soggiunge S. Ambrogio, conforme il Figlio pendeva
moribondo dalla croce, così Maria si offeriva a' carnefici a dar la vita per
noi: Pendebat in cruce Filius, Mater
persecutoribus se offerebat (De Inst. Virg.,
c. 7).7
Ma consideriamo le ragioni di questo amore, perché
così meglio intenderemo quanto ci ami questa buona Madre.
La prima ragione del grande amore che Maria porta
agli uomini, è il grande amore ch'ella porta a Dio. L'amore verso Dio e verso
il prossimo, come scrisse S. Giovanni, va sotto lo stesso precetto: Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit
Deum, diligat et fratrem suum (I Io. IV, 21). In modo che quanto cresce
l'uno, tanto s'avanza l'altro. Perciò sappiamo che i santi, perché assai
amavano Dio, che non han fatto per amore del prossimo? Son eglino arrivati sino
ad esporre e perdere la libertà ed anche la vita per la di lui salute. Leggasi
quel che fece S. Francesco Saverio nelle Indie, dov'egli per aiutare l'anime di
quei barbari si andava rampicando per le montagne, arrischiandosi fra mille
pericoli, affin di ritrovare quei miserabili dentro le caverne, dove abitavano
a modo di fiere, e portarli a Dio.8 Un S. Francesco di Sales,
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che, per convertire gli eretici della provincia del Chamblae, si
arrischiò per un anno di passare il fiume ogni giorno carponi per sopra d'una trave
gelata, affine di andare all'altra riva a predicare a quegli ostinati.9
Un S. Paolino, che diede se stesso per ischiavo, affine di ottenere la libertà
al figlio di una povera vedova.10 Un S. Fedele, che per tirare a Dio
gli eretici d'un luogo, si contentò predicando di lasciarvi la vita.11
Dunque i santi, perché assai amavano Dio, son giunti a far tanto per amor de'
prossimi.
Ma chi più di Maria ha già amato Dio? Ella ha amato
più Dio nel primo momento del suo vivere, che non l'hanno amato tutti i santi e
tutti gli angeli in tutto il corso della loro vita, come a lungo considereremo
poi, parlando delle virtù di Maria. Rivelò la stessa Vergine a Suor Maria
Crocifissa (Vita, lib. II, c. 5), ch'era tanto il fuoco dell'amore di cui ella
ardea verso Dio, che posto in quello tutto il cielo e la terra, in un momento
si sarebber consumati; onde disse che al suo confronto erano come fresche aure
tutti gli ardori de' Serafini.12 Che pertanto, siccome non vi è tra tutti
gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, così noi non abbiamo né possiamo
avere chi
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dopo Dio ci ami più di questa nostra amorosissima Madre. E
se si unisse l'amore che tutte le madri portano a' figli, tutti gli sposi alle
loro spose, e tutti i santi ed angeli a' loro divoti, non giunge all'amore che
Maria porta ad un'anima sola. Dice il padre Nierembergh che l'amore che tutte
le madri hanno portato a' loro figli è un'ombra a paragone dell'amore che ad un
solo di noi porta Maria: ben ci ama più ella sola, soggiunge, che non ci amano
insieme tutti gli angeli e i santi.13
In oltre14 la nostra Madre ci ama assai,
perché noi le siamo stati raccomandati per figli dal suo amato Gesù,
allorch'egli prima di spirare le disse: Mulier,
ecce filius tuus:15 dinotandole in persona di Giovanni tutti noi
uomini, come abbiamo sopra considerato. Queste furono le ultime parole, che 'l
Figlio le disse. Gli ultimi ricordi che si lasciano dalle persone amate nel
punto della loro morte troppo si stimano, e non se ne può perdere mai la
memoria.
Di più noi siamo figli troppo cari a Maria, perché
troppo di dolore le costiamo. Dalle madri ben si amano più quei figli, a cui il
conservare la vita ha costato loro più stento e dolore. Noi siamo quei figli,
a' quali Maria affin di ottenere la vita della grazia, ha dovuto soffrire la
pena di offerire ella stessa alla morte la cara vita del suo Gesù,
contentandosi per noi di vederselo morire avanti gli occhi suoi a forza di
tormenti. Da questa grande offerta di Maria noi nascemmo allora alla vita della
divina grazia. Sicché noi siamo figli perciò troppo cari, perché troppo le
costiamo di affanno. Onde, conforme sta scritto dell'amore che l'Eterno Padre
ha portato agli uomini nel dare alla morte per noi il suo medesimo Figlio: Sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret (Io. III,
16), così ancora,
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dice S. Bonaventura, può dirsi di Maria: Sic Maria dilexit nos, ut Filium suum
unigenitum daret.16
E quando ella ce lo diede? Ce lo diede, dice il P.
Nierembergh, quando per prima gli concedé la licenza per andar alla morte. Ce
lo diede, quando mancando gli altri, o per odio o per timore, ben poteva ella
sola bastantemente difendere appresso i giudici la vita del Figlio; e ben si
può credere che le parole d'una madre così savia e così tenera del figlio
avrebbero potuto fare una gran forza, almeno appresso Pilato, acciocché si
fosse arrestato di condannare alla morte un uomo ch'egli stesso conobbe e
dichiarò innocente. Ma no, che Maria non volle dire neppure una parola a favore
del Figlio, per non impedire la sua morte, da cui pendeva la nostra salute. Ce
lo diè finalmente mille e mille volte a piè della croce in quelle tre ore, in
cui assisté alla morte del Figlio;17 poiché allora in ogn'istante altro
non facea che con sommo dolore e sommo amore verso di noi sagrificare per noi
la vita del Figlio, con tanta costanza, che dicono S. Anselmo e S. Antonino che
se mai allora fossero mancati i carnefici, ella stessa l'avrebbe crocifisso per
ubbidire alla volontà del Padre, che lo volea morto per la nostra salute. E se
un simile atto di fortezza di voler sagrificare il figlio colle proprie mani lo
fece Abramo, dobbiamo credere che con maggior costanza certamente l'avrebbe
eseguito Maria, più santa e più ubbidiente di Abramo.18
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Ma ritornando al nostro punto, quanto noi dobbiamo
vivere grati a Maria di un atto di tanto amore? Del sacrificio, dico, ch'ella
fece della vita del Figlio con tanto suo dolore, affin di ottenere a tutti noi
la salute? Ben rimunerò il Signore ad Abramo il sagrificio ch'egli si accinse a
fargli del suo Isacco; ma noi che possiamo rendere a Maria per la vita ch'ella
ci ha data del suo Gesù, figlio assai più nobile ed amato che 'l figlio di
Abramo? Questo amor di Maria, dice S. Bonaventura, ci ha troppo obbligati ad
amarla, vedendo ch'ella ci ha amato più d'ognun altro, poiché ci ha dato il suo
unico Figlio, che amava più di se stessa: Nulla
post eam creatura ita per amorem nostrum exardescet, quae Filium suum unicum,
quem multo plus se amavit nobis dedit, et pro nobis obtulit (S.
Bon.).19
E da ciò nasce l'altro motivo, per cui noi siamo
tanto amati da Maria, perché vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù
Cristo. Se una madre vedesse un servo ricomprato da un suo figlio diletto coi
patimenti di venti anni di carceri e di stenti, per questo solo riguardo quanto
ella stimerebbe questo servo? Ben sa Maria che 'l Figlio non per altro è venuto
in terra, che per salvare noi miserabili, com'egli stesso protestò: Veni salvum facere quod perierat (Luc.
XIX, 10).20 E per salvarci si è contentato di spenderci anche la vita: Factus obediens usque ad mortem (Philip.
II, 8). Se Maria dunque poco ci amasse, poco dimostrerebbe di stimare il sangue
del Figlio, ch'è il prezzo della nostra salute. - Fu rivelato a S. Elisabetta
monaca che Maria, sin da che stava nel tempio, non faceva altro che pregare per
noi, pregando che Dio mandasse
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presto il Figlio a salvare il
mondo.21 Or quanto più dobbiamo pensare ch'ella ci ami, dopoché ci ha
veduti così stimati dal Figlio, che non ha sdegnato di comprarci a tanto suo
costo?
E perché tutti gli uomini sono stati redenti da
Gesù, perciò Maria tutti ama e favorisce. Fu ella veduta da S. Giovanni vestita
di sole: Et signum magnum apparuit in
caelo, mulier amicta sole (Apoc. XII, 1). Dicesi vestita di sole, per
ragione che come non vi è nella terra chi possa mai nascondersi dal calore del
sole: Non est qui se abscondat a calore
eius (Ps. XVIII, [7]), così non vi è vivente che sia privo in terra
dell'amor di Maria. A calore eius, applica
l'Idiota, idest a dilectione Mariae.22
E chi mai, dice S. Antonino, può comprendere la cura
che questa Madre amorosa ha di tutti noi? Oh
quanta cura est Virgini matri de nobis! Perciò ella a tutti offerisce e
dispensa la sua misericordia: Omnibus
aperit sinum misericordiae suae.23 Poiché la nostra Madre ha
desiderato la salute di tutti, ed alla salute di tutti ha cooperato. Constat, afferma S. Bernardo (Ho. 2, in Mis.), pro universo genere humano fuisse sollicitam.24 Ond'è che
riesce utilissima la pratica di alcuni divoti di Maria, i quali, come riferisce
Cornelio a Lapide, sogliono pregare il Signore a conceder loro quelle grazie,
che per essi cerca la B. Vergine, con dire: Domine,
da mihi, quod pro me postulat SS. Virgo Maria. E con ragione, dice il
nominato a Lapide, mentre la nostra Madre desidera ella a noi maggiori beni di
quelli che noi stessi possiamo desiderare:
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Ipsa enim maiora optat, quam nos optare possumus.25 E 'l
divoto Bernardino da Busto dice che più Maria ama di far bene e dispensare a
noi le grazie, che noi desideriamo di riceverle: Plus ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu
accipere concupiscas (Mar. I, serm. 5).26 Onde il B. Alberto Magno
applica a Maria le parole della Sapienza: Praeoccupat
qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat (Sap. VI, 14): Previene
Maria coloro che a lei ricorrono, per farsi da loro trovare prima che la
cerchino.27 È tanto l'amore, dice Riccardo, che ci porta questa buona
Madre, che quando scorge i nostri bisogni, ella viene a soccorrerci, prima che
noi le domandiamo il soccorso: Prius
occurrit quam invocetur (Rich., in Cant. IV, 5).28
Or se Maria è così buona con tutti, anche
cogl'ingrati e negligenti, che poco l'amano e poco a lei ricorrono, quanto sarà
più ella amorosa con coloro che l'amano e spesso l'invocano? Facile invenitur ab his qui
diligunt illam (Sap. VI, 13).29 Oh quanto facil cosa, soggiunge
lo stesso B. Alberto, è
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trovar Maria a coloro che l'amano, e 'l trovarla
tutta piena di pietà e di amore!30 Ego
diligentes me diligo (Prov. VIII, [17]). Ella si protesta che non può non
amare chi l'ama. E benché l'amantissima Signora ami tutti gli uomini come suoi
figli, ben non però, dice S. Bernardo, ella agnoscit
et diligit, sa conoscere ed amar con distinzione coloro che più teneramente
l'amano.31 Questi felici amanti di Maria, asserisce l'Idiota, non solo
da lei sono amati, ma anche serviti: Inventa
Maria Virgine, invenitur omne bonum: ipsa namque diligit diligentes se, immo
sibi servientibus servit (De Contempl. Virg., in prol.).32
Stava morendo, come si narra nelle Croniche
dell'Ordine, Leonardo domenicano, il quale ducento volte il giorno si
raccomandava a questa Madre di misericordia. Un dì ecco videsi accanto una
bellissima regina, che li disse: Leonardo, volete morire, e venire al mio
Figlio ed a me? Rispose il religioso: E voi chi siete? Io sono, ripigliò la
Vergine, la madre delle misericordie: voi mi avete tante volte invocata, eccomi
ora son venuta a prendervi; andiamocene al paradiso. E nello stesso giorno
morendo Leonardo, speriamo che la seguì al regno beato.33
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Ah Maria dolcissima, beato chi v'ama! Diceva il Ven.
fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Se io amo Maria, son
sicuro della perseveranza, e impetrerò da Dio quanto voglio. E perciò il divoto
giovine non si saziava mai di rinnovare il proposito, e di replicare spesso fra
sé: Io voglio amare Maria, io voglio amare Maria.34
Oh quanto ella la buona Madre avanza in amore tutti
i suoi figli! L'amino questi quanto possono, semper Maria cum amantibus est amantior, dice S. Ignazio martire
(Ep. ad Io., ap. Aur.).35 L'amino pure quanto un S. Stanislao Kostka,
che amava sì teneramente questa sua cara madre, che al parlarne invogliava ad
amarla ognun che l'udiva. Egli s'avea formati nuovi vocaboli e nuovi titoli con
cui ne onorava il nome. Non cominciava azione, che prima rivolto a qualche sua
immagine non le chiedesse la benedizione. Quando le recitava l'Officio, il
rosario od altre orazioni, le diceva con tale affetto ed espressione, come
parlasse da faccia a faccia con Maria. Quando sentiva cantare la Salve Regina, tutto s'infiammava
nell'anima, ed anche nel volto. Dimandato una volta da un padre della
Compagnia, mentre andavano insieme a visitare un'immagine della B. Vergine,
quanto egli l'amasse, «Padre, rispose, che posso dirgli più? Ella è la
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Madre mia». Ma disse poi quel padre che il santo giovine proferì
queste parole con tale tenerezza di voce e di sembiante e di cuore, che parve
non già un giovine, ma un angelo che parlasse dell'amore di Maria.36 -
L'amino pure quanto un B. Ermanno, che la chiamava la sua sposa d'amore, mentre
del nome di sposo egli fu onorato anche da Maria.37 - Quanto un S.
Filippo Neri, che tanto si consolava pensando solamente a Maria, e perciò la
nominava la sua delizia.38 - Quanto un S. Bonaventura, che la chiamava
non solo sua signora e madre, ma per dimostrar la tenerezza dell'affetto che le
portava, giungeva a chiamarla il suo cuore, l'anima sua: Ave, domina mea, mater mea; imo cor meum, anima mea.39 -
L'amino ancor quanto quel grande amante di Maria, S. Bernardo, che tanto amava
questa dolce madre, che la chiamava la ladra de' cuori: Raptrix cordium. onde il santo, per esprimerle l'amore
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ardente che le portava, le diceva: Nonne rapuisti cor meum?40 - La chiamino pure la loro
innamorata, come la nominava un S. Bernardino da Siena, che ogni giorno
l'andava a visitare in una divota immagine, per dichiararle il suo amore con
teneri colloqui che tenea colla sua regina; e perciò a chi gli domandava dove
andasse ogni giorno, diceva che andava a trovare la sua innamorata.41 -
L'amino pure quanto un S. Luigi Gonzaga, che tanto bruciava continuamente
d'amore verso Maria, che appena in sentir risonar il dolcissimo nome della sua
cara Madre, subito se gli accendeva il cuore, e la fiamma gli compariva
rubiconda nel volto a farsi da tutti vedere.42 - L'amino quanto un S.
Francesco Solanes, che impazzito quasi - ma con santa pazzia - per amor di
Maria, si metteva alle volte con istromento di suono a cantar d'amore avanti
una sua immagine, dicendo che siccome fanno gli amanti del mondo, egli faceva
la sua serenata alla sua diletta regina.43
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L'amino pure quanto l'hanno amata tanti suoi servi, che
non sapeano più che fare per dimostrarle il loro amore. Il P. Girolamo da Trexo
della Compagnia di Gesù giubilava in chiamarsi schiavo di Maria, ed in segno
della sua schiavitù andava spesso a visitarla in una sua chiesa; ed ivi che
faceva? in arrivare alla chiesa prima la bagnava di lagrime per la tenerezza
dell'amore che si sentiva verso Maria; poi la scopava colla lingua e colla
faccia, baciando mille volte quel pavimento, pensando che quella era casa della
sua amata signora.44 - Il P. Diego Martinez della stessa Compagnia di
Gesù, che per la sua divozione alla Madonna nelle feste di Maria era portato
dagli angeli in cielo a vedere con quanto onore si celebravano, questi dicea:
Vorrei avere tutti i cuori degli angeli e de' santi per amare Maria com'essi
l'amano: vorrei le vite di tutti gli uomini per ispenderle tutte per amor di
Maria.45 - Giungano pure altri ad amarla quanto l'amava Carlo figlio di
S. Brigida, che diceva di non sapere cosa che più lo consolasse nel mondo,
quanto il sapere che Maria era così amata da Dio. Ed aggiungeva che volentieri
avrebbe accettato ogni pena per fare che Maria non avesse perduto, se mai
l'avesse potuto perdere, un punto della sua grandezza; e che se la grandezza di
Maria fosse stata sua, egli ce l'avrebbe rinunziata, per esserne ella assai di
lui più degna.46 - Desiderino pure di dar la vita in protesta del loro
amore a Maria, come desiderava Alfonso Rodriguez.47 - Arrivino
finalmente a scolpirsi con ferri acuti sul petto l'amabil nome di Maria, come
fecero un Francesco Binanzio religioso,48 ed una Radagunde
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sposa del re Clotario.49 - Arrivino pure con ferri roventi ad
imprimere sulla carne l'amato nome, per farlo restare più espresso e più
durevole, come fecero, spinti dall'amore, i suoi divoti Battista Archinto ed
Agostino d'Espinosa, ambi della Compagnia di Gesù.50
Facciano dunque o pensino di fare quanto è possibile
a farsi da un amante che pretende, quanto può, far conoscere il suo affetto
alla persona amata; che non mai arriveranno gli amanti di Maria ad amarla tanto
quanto ella l'ama. Scio, Domina, diceva
S. Pier Damiano, quia amantissima es, et
amas nos amore invincibili (Serm. I, de Nat. B. M. V.).51 So,
Signora
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mia, diceva, che fra coloro che vi amano siete la più amante,
ed amate noi con amore, che non si fa vincere da ogni altro amore. - Stava una
volta a' piedi d'un'immagine di Maria il Ven. Alfonso Rodriguez della Compagnia
di Gesù, ed ivi sentendosi ardere d'amore verso la santa Vergine, proruppe, e
disse: «Madre mia amabilissima, io so che voi mi amate; ma non mi amate tanto
quanto v'amo io.» Allora Maria, come offesa in punto d'amore, da quell'immagine
gli rispose: «Che dici, Alfonso, che dici? Oh quanto è più grande l'amore ch'io
porto a te, dell'amore che tu porti a me! Sappi, gli disse, che non vi è tanta
distanza dal cielo alla terra, quanta ve n'è dall'amor mio al tuo.»52
Ha ragione dunque S. Bonaventura di esclamare: Beati
quelli che han la sorte di essere fedeli servi ed amanti di quest'amantissima
Madre! Beati quorum corda diligunt
Mariam! beati qui ei famulantur!53 Sì, perché la gratissima regina
non si fa mai vincere d'amore da' suoi divoti: Numquam in hoc certamine a nobis ipsa vincetur. Amorem redhibet, et
praeterita beneficia semper novis adauget (Paciucch., de B.
Virg.).54 Maria imitando in ciò il nostro amorosissimo Redentor Gesù
Cristo, co' suoi benefizi e favori rende a chi l'ama duplicato il suo amore. Vestri continuo amore, esclamerò dunque
anch'io coll'innamorato S. Anselmo, langueat
cor meum, liquefiat anima mea (In Depr. ad V.): Arda per voi sempre il mio
cuore, e tutta si consumi d'amore l'anima mia, o amato mio
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Salvatore
Gesù, o cara mia madre Maria. Date itaque
supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter meritum vestrum,
date illi quantum digni estis amorem vestrum: Concedete pertanto, o Gesù e
Maria, giacché senza la vostra grazia io non posso amarvi, concedete all'anima
mia per li meriti vostri, non miei, ch'io vi ami quanto voi meritate. O amator hominum, tu potuisti reos tuos
usque ad mortem amare, et poteris roganti amorem tui et matris tuae
negare?55 O Dio innamorato degli uomini, voi avete potuto morire
per li vostri nemici, e potrete a chi ve la domanda, negare la grazia di amar
voi e la madre vostra?
Esempio.
Si narra appresso il padre Auriemma (Affetti scamb.,
tom. 2, cap. 7) che una povera pastorella, che guardava gli armenti, amava
tanto Maria, che tutta la sua delizia era andarsene in una cappelletta di
nostra Signora, che stava nella montagna, ed ivi ritirarsi, mentre pascevano le
pecorelle, a parlare ed a fare onori alla sua cara Madre. Vedendo che quell'immaginetta
di Maria, ch'era di rilievo, stava disadorna, si pose colle povere fatiche
delle sue mani a farle un manto. Un giorno avendo raccolti dal campo alcuni
fiori, ne compose una ghirlanda, e poi salita sull'altare di quella
cappelletta, la pose in testa all'immagine, dicendo: Madre mia, io vorrei porvi
sulla fronte una corona d'oro e di gemme; ma perché son povera, ricevete da me
questa povera corona di fiori, e accettatela in segno dell'amor che vi porto.
Così e con altri ossequi procurava sempre questa divota verginella di servire
ed onorare la sua amata Signora.
Ma vediamo ora come la buona Madre all'incontro
rimunerò le visite e l'affetto di questa sua figlia.
Cadde ella inferma e si ridusse
vicino a morte. Avvenne che due religiosi, passando per quelle contrade,
stracchi dal viaggio,
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si posero a riposare sotto d'un albero: l'uno
dormiva, l'altro vegliava; ma ebbero la stessa visione. Videro una compagnia di
donzelle bellissime, e fra queste ve n'era una che in bellezza e maestà
superava tutte. A questa dimandò un di loro: Signora, chi siete voi? Io,
rispose, sono la Madre di Dio, che con queste sante vergini andiamo a visitare
nella vicina villa una pastorella moribonda, la quale tante volte ha visitato
me. Così disse, e sparvero. Dopo ciò dissero tutti due quei buoni servi di Dio:
Andiamo a vederla ancor noi. Si avviarono, e trovando già la casa dove stava la
vergine moribonda, entrarono in un piccolo tugurio, ed ivi sopra un poco di
paglia la trovarono giacendo. La salutarono; ed ella disse loro: Fratelli,
pregate Dio, che vi faccia vedere la compagnia che m'assiste. S'inginocchiarono
subito, e videro Maria che stava accanto alla moribonda con una corona in mano
e la consolava. Ecco quelle sante vergini cominciano a cantare, e a quel dolce
canto si scioglie dal corpo quell'anima benedetta. Maria le pone in testa la
corona, e prendendosi l'anima, se la porta seco nel paradiso.56
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Preghiera.
O Domina, quae
rapis corda,57 vi dirò con S. Bonaventura: O Signora, che
coll'amore e i favori che dimostrate a' vostri servi, rapite loro i cuori,
rapitevi ancora il mio cuore miserabile, che desidera d'amarvi assai. Voi,
madre mia, colla vostra bellezza avete innamorato un Dio, e l'avete tirato dal
cielo nel vostro seno; ed io viverò senza amarvi? No, vi dico con quell'altro
vostro amante figlio Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Numquam quiescam, donec habuero tenerum
amorem erga matrem meam Mariam:58 Io non mai voglio quietarmi,
sintanto che non sarò certo di aver ottenuto l'amore, ma un amore costante e
tenero, verso di voi, madre mia, che con tanta tenerezza mi avete amato, ancora
quando io v'era così ingrato. E che sarebbe ora di me, se voi, o Maria, non mi
aveste amato ed impetrate tante misericordie? Se dunque voi mi avete tanto
amato, quando io non vi amava, quanto più debbo sperare dalla vostra bontà, ora
che v'amo?
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Io v'amo, o madre mia, e vorrei un cuore che vi
amasse per tutti quegli infelici che non vi amano. Vorrei una lingua che
valesse a lodarvi per mille lingue, affin di far conoscere a tutti la vostra
grandezza, la vostra santità, la vostra misericordia, e l'amore con cui amate coloro
che v'amano. Se avessi ricchezze, vorrei tutte impiegarle a vostro onore. Se
avessi sudditi, vorrei renderli tutti vostri amanti. Vorrei in fine per voi e
per la gloria vostra spender anche la vita, se bisognasse.
V'amo dunque, o madre mia, ma nello stesso tempo
temo che non v'amo: poiché sento dire che l'amore fa simili gli amanti alle
persone amate: Amor aut similes invenit,
aut facit (Aristot.).59 Dunque se io mi vedo così a voi
dissomigliante è segno che non v'amo. Voi così pura, io così sozzo! Voi così
umile, io così superbo! Voi così santa, io così iniquo! Ma questo è quello che
avete da far voi, o Maria: giacché mi amate, rendetemi simile a voi. Voi già
avete tutta la potenza di mutare i cuori; prendetevi dunque il mio, e mutatelo.
Fate vedere al mondo quel che potete a favor di coloro che voi amate. Fatemi
santo, fatemi degno vostro figlio. Così spero, così sia.
1 «Ut proximus amatur filius...
Amat... mater filium... quem concipit cum sorde, pregnat cum pallore, non sine
timore parit cum periculo vitae, educat cum sollicitudine et labore, qui
ingratus post omnia vix praeceptis cogitur, promissis allicitur, honorem
rependere parentibus. Honora, inquit,
patrem et matrem, ut sis longaevus super
terram.» De dilectione Christi et proximi, cap. 13. Inter Opuscula S. Thomae, Opusculum 61. Opera, Romae,
1570, XVII, fol. 82 GH. - Questo opuscolo non è di S. Tommaso. - «Filius est
aliquid patris, et patres amant filios «ut aliquid ipsorum» sicut dicit
Philosophus (Etich. lib. 8., cap. 12). Unde eisdem rationibus non ponuntur
aliqua praecepta decalogi pertinentia ad amorem filiorum, sicut neque etiam
aliqua ordinantia hominem ad seipsum.» S. THOMAS, Sum.
Theol., I-II, qu. 100, art. 5, ad 4.
2
«Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, fetus suos diligant...
Quae fera pro catulis suis non ipsa potissimum se offerat morti?» S. AMBROSIUS,
Hexaemeron, lib. 6, cap. 4, n. 22. ML
14-250.
3 Questo S. Alfonso
lo ha preso da Paciuchelli (Excitatio 22,
in Ps. 86, n. 3) e Paciuchelli da Filostrato.
«Trigridem etiam, animal saevissimum, hac in regione aiunt et circa mare
rubrum ad naves procedere catulos repetentem, eisque receptis cum gaudio abire,
sin autem cum nave discesserint, in littore ululare et interdum mori.» PHILOSTRATUS, De
Tyanensi Apollonio, lib. 2, § 14, n. 3. (Ed. Firmin-Didot, 1878).
4
Eccli. XXIV, 24.
5
«Mater est... omnium virtutum, et quorumcumque charismatum quae in nos desursum
descendunt, sed imprimis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota
est amor erga nos, quos recepit in filios.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae... ad
colendam... Virginem Deiparam, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 5.
6
«Clauso tanti doloris tormento intrinsecus... non poterat ex facie colligi crux
illa animae et patibulum spiritus, in quo erat hostia viva... et medullatum
holocaustum: quod cum ipsa incenderet, tantum conscientiae ministerio utebatur
ipsaque sine strepitu seipsam mactans, in altario interiori, et ligna et
fiammas et latices congerebat. Nimirum in tabernaculo illo duo videres altaria,
aliud in pectore Mariae, aliud in corpore Christi. Christus carnem, Maria immolabat animam. Optabat quidem
ipsa, ad sanguinem animae, et carnis suae addere sanguinem, et elevatis in
cruce manibus celebrare cum Filio sacrificium vespertinum, et cum Domino Iesu
corporali morte Redemptionis nostrae consummare mysterium.» ARNALDUS sive Ernaldus Carnotensis, De septem verbis Domini in cruce, tractatus
tertius. ML 189-1694.
7
«Stabat ante crucem mater, et fugientibus viris, stabat intrepida... Pendebat
in cruce Filius, mater se persecutoribus offerebat.» S. AMBROSIUS, Liber de institutione virginis, cap. 7,
n. 49. ML 16-318.
8
TURSELLINI, Vita, lib. 4, cap. 6 (a
principio). Bononiae, 1746, pag. 202, 203. Questo viaggio, (dicembre
1550 - febbraio 1551), il più aspro di tutti, lo fece il Santo, non già
principalmente per l'immediata evangelizzazione delle popolazioni sparse lungo
la strada, in città e borghi, ma coll'intento di raggiungere la capitale e di
ottenere alla sua missione la benevolenza del potere centrale: raggiunse sì la
capitale, ma nulla ottenne, senza però che venisse infranto il coraggio del
generoso apostolo.
9 GALLIZIA, Vita, lib. 2, cap. 7, § 1. - HAMON, Vita, lib. 2, cap. 3. - Il fiume
chiamato da Gallizia «la Duranza» non è già «la Durance», ma «la Dranse». Chamblae: Chablais.
10
S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib. 3,
cap. 1. ML 77, col. 215-220. - La verità storica del fatto venne
acremente impugnata da alcuni, e strenuamente difesa da altri. Vedi ML 77-134,
135, Vindiciae Dialogorum, § «De
historiis quae in Dialogis continentur...», auctore Petro Gussanvillaeo; Praefatio (editorum O. S. B.), XI, XII, col.
142; ML 61 (Opera S. Paulini), col.
775-778, Dissertatio septima, de
captivitate S. Paulini. - Su quale fondamento si sia appoggiato S. Gregorio per asserire la verità del
fatto, ce lo dice egli stesso, a principio della sua narrazione: «Sicut enim
bonorum facta innotescere citius similibus solent, senioribus nostris per
iustorum exempla gradientibus praedicti venerabilis viri celebre nomen
innotuit, eiusque opus admirabile ad eorum se instruenda studia tetendit,
quorum me necesse fuit grandaevitati (al.
gravitati) tam certo credere, ac si ea quae dicerent meis oculis vidissem.»
L. c., col. 216. - Quella «grandaevitas» o «gravitas» che sia, non indica,
specialmente se si confronta col greco, o non indica unicamente né
principalmente il numero degli anni, ma l'autorità dei testimoni. - Che poi S.
Gregorio chiami «Vandali» i Goti che s'impossessarono di Nola nel 410, o che i
prigionieri siano stati trasferiti in Africa o in Ispagna, son cose di poco o
nessuno rilievo.
11 S. Fedele da
Sigmaringa. - Angelo DE ROSSI DA
VOLTAGGIO, Vita, pag. 150 e
seg.
12 TURANO, Vita, lib. 2, cap. 15. Venezia, 1709,
pag. 161.
13 «La sua carità
sola, e l'amore che ci porta, è più grande, e più leale e più fino di quanta
carità hanno mai avuto ed avranno tutti i Santi insieme, ed i più alti serafini
e più infiammati nell'amore di Dio. O che buona ventura nostra è il vederci
tanto amati con un amore sì grande ed incinvibile, da una sì gran Signora, e
dalla medesima Madre di Dio, con tale estremo, che tutto quanto l'amore che han
mai portato e porteranno mai le più tenere madri del mondo ai lor figliuoli più
cari ed amati, è un'ombra e un niente rispetto a quello ch'ella porta a noi.» Gio. Eusebio NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione ed amore a Maria, cap.
14. Opere, II, Venezia, 1715, pag.
264. – Ed. Veneta, 1678, p. 125. - Ed. latina, Sancti Galli, 1681, p.
139.
14 In una noticina
autografa, aggiunta all'edizione Bassanese, S. Alfonso avverte il tipografo: «E
dove trovate inoltre, dividete e fate
in oltre.»
15 Io. XIX, 26.
16 Vedi sopra,
pag. 38, nota 10. - «Unde secure dici potest et credi quod sicut dicitur de
Patre (Io. III): Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret pro
mundo, etc.; sic et dici potest: Sic Maria dilexit mundum, id est peccatores,
ut Filium suum unigenitum daret, etc. pro salute mundi.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. IV, cap. 18. Inter Opera S. Alberti Magni, XX, pag.
131.
17 «Fu sì grande
l'amore che Maria portò al mondo, che gli diede il suo Unigenito Figliuolo.
(Diedecelo quando il partorì... quando il circoncise... quando lo presentò nel
Tempio... quando gli guardò la vita acciocché Erode non l'uccidesse..., quando
con sua licenza uscì dalla sua casa per andare a predicare;) diedecelo quando
non ricusò che uscisse dal Cenacolo nell'orto; diedecelo, quando preso,
accusato, maltrattato, affrontato, flagellato e coronato di spine, non disse
per lui neppure una parola; diedecelo mille volte al piè della Croce.»
NIEREMBERG, l. c. nella nota 13, p. 365.
18 Di S. Anselmo non sappiamo altro che il
testo come viene riportato da S.
Antonino: «Stabat verecunda,
modesta, lacrimis plena, doloribus immersa. Anselmus:
«O Domina, quos fontes lacrimarum dicam erupisse de pudicissimis oculis
tuis, quum attenderes unicum tuum innocentem coram te flagellari, ligari,
mactari, et carnem de carne tua crudeliter dissecari! Et tamen ita divinae
voluntati conformis fuisti, ut dicere audeam, quod si nullus fuisset repertus
qui filium crucifigeret, ad hoc ut sequeretur salus Dei secundum rationem, si
oportuisset, ipsa posuisses in crucem.» Neque enim credendum est minoris fuisse
perfectionis et obedientiae ad Deum, quam Abraham, qui proprium filium obtulit
Deo in sacrificium propriis manibus occidendum et comburendum. Stabat ergo fixa in Dei voluntate.» - S.
ANTONINUS, Sum. Theol.,
pars 4, tit. 15, cap. 41, § 1,
Quantum ad tertium. Veronae, 1740, col. 1227.
19 «Et dicit
singulariter (Hugo): quia nulla postea creatura ita per amorem exardescet, quae
amantissimum filium suum, et unicum, quem Mulier plus seipsa amavit, nobis
dedit, et pto nobis obtulit.» Opera S.
Bonaventurae, III, Sermo I de B. V.
Maria, ed. Rom. ecc., pag. 364, col. 1. - Vedi Appendice, 2.
20
Venit enim Filius hominis quaerere et
salvum facere quod perierat. Luc. XIX, 10.
21 Questa rivelazione
fu fatta a S. Elisabetta detta d'Ungheria, terziaria francescana. Cf. Montalembert,
Histoire de S. Elisabeth de Hongrie, Appendice, V: Révélation faite par la sainte Vierge à sainte Elisabeth, tirée des
MS. des Bollandistes à Bruxelles, pag. 160. - Cf. Meditationes vitae Christi, cap. 3: inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen. VI,
336: Quinto petebam. (Vedi Appendice,
2) - Domandava cioè la santissima fanciulla Maria di veder quel tempo in cui
s'adempirebbe l'oracolo d'Isaia: Ecce
virgo concipiet, e di esser essa stessa la vergine serva di quella Vergine
preeletta.
22
«Cura sibi est de omnibus. Longe enim positos illuminat radiis misericordiae
suae; sibi propinquos per specialem devotionem, consolationis suavitate; secum
insistentes in patria, excellentia gloriae. Et sic non est qui se abscondat a calore eius, id est a
caritate et dilectione ipsius.» RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium.
Migne, Summa aurea, IV-852.
23
S. ANTONINUS, Sum. Theol.,
IV, tit. 15, cap. 2. Veronae,
1740, col. 917.
24
S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo
4, n. 8. ML 183-429.
25
Al nome di Cornelio a Lapide, crediamo
doversi sostituire quello del Salazar, il
quale così parla: «Cum nos saepius ignoremus quid nostra potissimum ad salutem
intersit, ex quo fit ut saepius nociva petamus; in summis Dei beneficiis
numerare debemus, tantam Dominam nostras in singulis rebus praeire orationes et
vota, postulantem illa quae magis nobis proficua esse cognovit. Accommodate
ad haec Anselmus: «Nescit, inquit, homo, quid orat, aut quomodo oret. Tu pro
nobis ora, Mater Dei, quae quid et quomodo nobis petendum sit nosti.» Optimum
sane consilium, cum non satis noverimus quid magis e re nostra sit, Mariae
preces nostras votaque committere. Agemus autem cum Deo ad hunc modum: «Domine
sancte, id solum a te ego supplex peto, quod Maria mihi abs te precatur.» Ferdinandus Quirinus de SALAZAR, S. I., in Proverbia, VIII, 18, n. 186.
Parisiis, 1619, col. 614.
26 «Plus enim
desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere
concupiscas.» Ven. BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), Mariale seu sermones de B. V. M. ac de eius excellentiis, pars 2,
sermo 5: de Nativitate Mariae, pars
(huius sermonis) 7, de sponsae caelestis
dote ac dotatione. Brixiae, 1588, pag. 185. Opera, III.
27 «Concupiscentia enim illius, sicut
dicitur de sapientia (Sap. VI, 21) deducit ad regnum perpetuum. Praeoccupat etiam eos qui se concupiscunt, ut illis se priorem (prior) ostendat, sicut ibidem (Sap. VI, 14) dicitur.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 15. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651,
XX, pag. 55 (erronee signata 65), col. 2.
28 «Hinnulorum
velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et
causas miserorum anticipat.» RICHARDUS A S. VICTORE, In Cantica (IV, 5), cap. 23. ML 196-475.
29 Clara est, et quae numquam marcescit
sapientia, et facile videturab his qui diligunt eam, et invenitur ab his qui
quaerunt illam. Sap. VI, 13.
30
Qui continens est iustitiae, apprehendet
illam, et obviabit illi quasi mater honorificata. Eccli.
XV, 1, 2. - «Apprehendet toto
conamine... dicens: Inveni quam diligit anima mea, tenui eam nec dimittam (Cant. III, 4). Illam,
id est, Mariam, ut ei serviat, eam collaudet, et operetur ad honorem
ipsius... Et obviabit, scilicet...
Maria... Obviabit, inquam, per... familiaritatem Mariae, illi remunerando et
hic et in morte. Quasi mater
honorificata; quod est dicere: sicut mater honorificata a filiis suis,
blande suscipit illos.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 6, n. 14. Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, 1651,
XX, 83, col. 1, 2; Parisiis, Vives, tom. XXXVI. - Il più delle volte, S.
Alfonso attribuisce quest'opera al suo vero autore, Riccardo da S. Lorenzo penitenziere di Rouen (1245); qualche volta
però, come poco sopra nella nota 27, e, per quanto crediamo, in questa nota 30,
si attiene all'antica denominazione, e la cita sotto il nome di S. Alberto Magno.
31
«Agnoscit certe, et diligit diligentes se.» In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, n. 1. Inter Opera S. Bernardi. ML 184-1061.
D'incerto autore: probabilmente d'un pio Cisterciense, posteriore di poco a S.
Bernardo.
32
«Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum, ipsaque diligit diligentes se;
imo servit sibi servientibus.» RAYMUNDUS IORDANUS, sapiens Idiota, Abbas Cellensis, Contemplationes
de B. Virgine, Prooemium. Migne, Summa aurea, IV-851.
33
«In conventu Montispessulani fuit Frater Leo Dacus (altri hanno: Leodato), qui cum a quodam fratre sibi
caro visitaretur, nam infirmus graviter erat, ait: Hac nocte vidi gratissimam
visionem, ex qua multam consolacionem recepi: vidi enim gloriosam Virginem
venientem ad me et dicentem: Vis venire nobiscum? Cui
cum dicerem: Quae estis vos, Domina? Respondit: Ego sum Mater Dei. Cui dixi:
Non credo, Domina, quod vos sitis Mater Dei: nam sum peccator vilissimus, nec
decet quod tanta Domina veniat ad tantillum. Qua asserente: Ego sum Mater Dei,
meam indignitatem respiciens, eadem iteravi. Ipsa itaque dicente: Non dubites,
fili, nam ego sum Mater Christi, respondi: Domina, si vos Mater Dei, ego volo
ire vobiscum. Eodem die dictus Frater circa vesperas obiit.» Gerardus DE FRACHETO, O. P., Vitae Fratrum Ord. Praedicatorum, ed. J.
J. Berthier, Monumenta Ord. Praed.
historica, tom. I,
Lovanii 1896, pag. 55, § XIX. - Vedi anche Annalium
sacri Ordin. Praed. Centuria prima (an. 1238), auctore P. Thoma MALVENDA, Neapoli, 1627, pag. 607, 608.
34 «Diceva egli: «Se
io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione, ed
impetrerò da Dio ciò che voglio, e sarò onnipotente;» né altro si trova più
spesso ne' suoi scritti, che propositi fatti di amare, servire, ed esser divoto
della Beatissima Vergine.» CEPARI, Vita, Roma,
1717, pag. 176. - «Spesso rinnovava questo proponimento: «Io voglio amare
Maria.» Ivi, pag. 177.
35
«Humilibus quidem est devota, et devotis devotius humiliatur.» S. Ignatii Martyris Epistola (suppositia) ad S.
Ioannem Apostolum, ML 5-943. - AURIEMMA, Affetti scambievoli, Bologna, 1681, parte 1, cap. 1, pag. 2: «Maria
humilibus est devota, et cum devotis devotior, id est, cum amantibus amantior,»
disse S. Ignazio martire».
36 BARTOLI, Vita (Opere, XX, Torino, 1825), lib. 1,
cap. 11; - Vita, in latinum conversa
a I. Iuvencio, Romae, 1855, lib. 1,
cap. 11. - SACCHINI, Historia Soc. Iesu, pars
3, lib. 6, num. 74. - Il Padre, che prese il santo giovane per compagno, era il
P. Emmanuele Sa (de Sa); e l'immagine visitata, quella di S. Maria Maggiore, da
lui salutata ogni mattina, subito levatosi, dalla Casa di Noviziato di S.
Andrea del Quirinale. - Della Salve
Regina non si fa special menzione.
37 Il B. Ermanno,
detto poi anche Giuseppe, dell'Ordine dei Premonstratesi, visse e morì (tra il
1230 e il 1241) nel monastero di Steinfeld, nella diocesi di Colonia. La Vita fu scritta da un contemporaneo. -
Una notte, nel coro della chiesa, gli apparve la Madonna con due angeli; e, non
ostante la resistenza della sua umiltà, e l'ammirazione per un fatto così
insolito, uno degli Angeli «manum eius dexteram apprehendit et manui
sacratissimae Virginis copulavit, et sub his verbis desponsationem pervecit:
«Ecce, inquit, hanc Virginem tibi trado, sicut fuit desponsata Ioseph; ut nomen
sponsi pariter cum sponsa accipias; et de cetero Ioseph erit nomen tuum;» nome
che alcuni confratelli aveano cominciato a dargli, per la sua esimia innocenza,
con sommo suo dispiacere. - Qualche tempo dopo, come il Beato stesso narrò
all'autore della Vita, gli venne
confermato questo nome da Maria SS.. Apparsagli col divin Pargoletto sulle
braccia, il Beato, colla solita semplicità e fiducia, le disse: «Carissima, da
mihi Filium tuum,» ed ella dopo qualche indugio, glielo porse, dicendo: «Porta
Filium meum, sicut ab sponso meo Ioseph portatus est in Aegyptum; ut sicut idem
onus, ita etiam similem honorem eiusdem nominis habeas.» Vita, tractatus 1, cap. 4, n. 22, 23: inter Acta SS. Bollandiana, die 7 apriliis.
38 «Fu Filippo
talmente divoto (della gloriosa Vergine), che l'avea del continuo in bocca,
chiamandola il suo amore, dicendo ch'era la sua consolazione, e predicandola
per dispensiera di tutte le grazie... A guisa d'un bambino, solea nominarla con
quelle parole che usano i fanciulli di Mamma mia.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 2, n. 1. - Acta
SS. Bollandiana, die 26 mensis maii, Vita
altera, auctore BARNABEO, cap. 13, n. 160.
39 Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen. VII,
227 (in fine): Stimulus amoris, pars
3, cap. 16. - Vedi Appendice, 2.
40 «O Domina, quae
rapis corda... nonne cor meum, Domina, rapuisti?... O rapitrix cordium, quando
mihi restitues cor meum?... Cum illud postulo, mihi arrides: et statim tua
dulcedine consopitus quiesco.» Inter Opera
S. Bernardi, Meditatio in Salve Regina, n. 2. ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.
41 Alla cugina
Tobia, piissima vedova, la quale gli faceva da madre, diceva talvolta:
«Philocaptus sum: morerer ea die qua meam amasiam facie ad faciem aspicere non
valerem.» O pure: «Volo ire ad visitandum amasiam, quae pulcherrima est,
nobilissima super omnes puellas nostrae civitatis.» Ora parlava così di Maria
SS., la cui immagine, dipinta al di sopra di una porta della città, egli
visitava ogni giorno, mattina e sera, essendo solito dire alla stessa Tobia:
«Dormire nequirem in nocte cuius die praecedenti effigiem non vidissem amasiae
meae dulcissimae.» La pia cugina, o piuttosto madre, temendo, suo malgrado, di
qualche amore per lo meno pericoloso, lo sorvegliò, lo fece sorvegliare, e per
maggior sicurezza, lo fece anche confessare al suo Bernardino, promettendogli
di fargli sposare la sua diletta, qualora fosse un partito conveniente:
«Philocaptus sum, rispose egli, de beata Virgine Dei Genitrice Maria... Statui
in mente mea, eius amore, suam imaginem quotidie visitare: et talis est amasia
mea.» S. IOANNES A CAPISTRANO, Vita S.
Bernardini Senensis. Opera S. Bernardini, I, pag. XXXV-XXXVI.
42 «Aveva già Luigi
nove anni compiti, quando fu lasciato dal padre in Firenze, e vi stette più di due
anni... Nel bel principio che giunse in Firenze, fece Luigi gran progresso
nella vita spirituale, e perciò soleva celebrare Firenze come madre della sua
divozione; ed in particolare prese tanto affetto alla Beatissima Vergine nostra
Signora, che quando di lei ragionava o pensava ai suoi santissimi misteri,
pareva si struggesse tutto per tenerezza spirituale.» (E fu allora che, per
desiderio di far qualche cosa grata alla Madonna, fece, nella chiesa
dell'Annunziata, il voto di perpetua verginità.) CEPARI, Vita, parte 1, cap. 3.
43 «Cum in conventu
civitatis Truxilli moraretur, ecclesiam oraturus adibat, et aliquando patri
Hieronymo... a Turre sibi occurrenti dixit: «Vado ad musicos modulandos
accentus coram pulcherrima Virgine, quae me exspectat.» Ille autem... in angulo
latitare solitus, saepe ipsum coram altari et sacra Virginis Mariae imagine
positum vidit, ac lyrae suae chordulas pulsantem, tanta suavitate repletum et
gaudio, ut in saltus miros et commotiones prorumperet, ac tandem genibus flexis
quietum, et in oratione perseverantem observaverit.» TIBURTINUS NAVARRUS, Vita, cap. 10, n. 119-122: inter Acta SS. Bollandiana, die 24 iulii, num.
120.
44 Giovanni de
Trexo, non Girolamo. - NIEREMBERG, S. I., Dell'affezione
ed amore a Maria, cap. 10. Opere, II,
Venezia, 1715, p. 353. - La chiesa era un romitorio appartato, consacrato a
Maria Santissima.
45 NIEREMBERG, op.
cit., p. 354. - Sappiamo dal Patrignani,
Menologio, 2 aprile, che il P. Diego Martinez fu un grande missionario del
Perù: morì a Lima, nel 1626, in età di 84 anni.
46 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 13.
47 S. Alfonso Rodriguez, S. I., BONAVENIA,
S. I., Vita, 1888, lib. 2, cap. 15,
p. 167. AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte
1, cap. ultimo (27), § 4. Vedi sopra, Introduzione,
nota 20 pag. 20.
48 Francesco Binans, dell'Ord. dei Minimi.
AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte
1, cap. 15. Bologna, 1681, p. 218.
49 Ven. HILDEBERTUS, Cenomanensis
episcopus, Vita S. Radegundis reginae, cap.
4, n. 27, ML 171-977; e più distintamente ancora, il celebre poeta, più tardi
vescovo di Poitiers, Venantius Honorius
Clementianus FORTUNATUS, il quale conobbe assai bene la santa regina, più
volte ne esaltò le virtù nei suoi versi, forse per compiacerla nella sua
divozione alla Santa Croce scrisse gli inni Pange,
lingua, gloriosi e Vexilla Regis
prodeunt, e finalmente ne compose la Vita.
Ivi, n. 26, ML 88-598 e ML 72-660, si legge: «Inde vice sub altera, iussit
fieri laminam in signo Christi aurichalcam, quam accensam in cellula locis
duobus corporis altius sibi impressit, tota carne decocta.» Quel che aveva
fatto scolpire nel metallo, veniva impresso profondamente, «altius», nella
carne. Nel testo d'Ildeberto, apparisce soltanto la penitenza; in quello di
Fortunato, più consapevole dei pensieri della Santa, si manifesta anche la
divozione. In signo Christi: o il
monogramma di Cristo, o la croce, a cui era tanto divota, forse, come altri
crede, con qualche istrumento della Passione. - Del nome di Maria non si fa
cenno, né si sa da che abbiano preso argomento il Marracci (Heroides Marianae, cap. 15, § 1: Migne, Summa Aurea 11-803) ed altri di
asserire che la santa regina si sia scolpito nel petto i SS. nomi di Gesù e di
Maria. - Che peraltro fosse divotissima di Maria, non si può dubitare. La
chiesa del suo monastero, la quale venne dedicata alla Santa Croce dopo che Radegonda ebbe ottenuta dall'imperatore
Giustino una insigne reliquia della Vera Croce, chiamavasi prima «di Santa
Maria» (Guérin, Les Petits Bollandistes, 13
août, IX, 501). I suoi sentimenti Mariani si possono in qualche modo conoscere
in quelli di Fortunato, a cui si
attribuiscono gli inni Quem terra,
pontus, sidera, O Gloriosa Domina, Ave, maris stella, oltre una lunga
poesia sulla Madonna (ML 88-265, 266; 276 et seq.). Il suo poema de virginitate (ML 88-226 et seq.),
dedicato a quella stessa Agnese che Radegonda si era scelta come Badessa, ed
ove loda Radegonda, comincia così: «In nomine Domini nostri Iesu Christi, et dominae meae Mariae, matris eius. De virginitate.»
50
Gio. Battista Archinto, Milanese, entrò ventenne nella Compagnia di Gesù;
morì nel 1574, dopo quattro anni di vita religiosa. S'impresse sul petto, «con
una lamina intagliata di ferro infocato», i santissimi nomi di Gesù e di Maria,
essendo ancora secolare. Cf. PATRIGNANI, Menologio,
7 settembre; AURIEMMA, Affetti
scambievoli, parte 1, cap. 15, pag. 223. - Del P. Agostino de Espinosa (+ 1648), che «ebbe tre altri fratelli
nella Compagnia, uno dei quali fu martire», scrive il PATRIGNANI (Menologio, 4 febbraio), n. 3: «Si stampò
con ferro infocato sul petto il nome di
Gesù, con altri segni nel corpo
della sua servitù a Gesù e a Maria.»
51 «Scio, Domina,
quia benignissima es, et amas nos amore invincibili.» Inter Opera S. Petri Damiani, NICOLAUS
monachus, notarius S. Bernardi, Sermo II,
in Nativitate B. V. Mariae, ML 144-740.
52 «Adeo Virgini
addictus (erat), ut olim vixdum per aetatem rationis compos sic illam
compelleret: «Ah! si me tantum, quantum ego te, Virgo, diligeres, quam felix
viverem!» Cui illa: «Falleris, Alphonse; plus
te amo quam ipse me ames.» Annis vero maturum... incredibile est quibus
indiciis peculiaris benevolentiae affecerit. Alias enim: «Alphonse, inquit, de
meo erga te amore non est quod ambigas, cum abs te tantopere diligar, et sit
amoris praemium redamari.» Alias: «Quantum te diligo, Alphonse, fili mi!
quantum te diligo!» Nonnumquam: «Proh! quali caritatis ardore, Alphonse; fili,
te requiro!» IANINUS, Vita, lib. 2,
cap. 12, n. 92, pag. 635: Acta SS.
Bollandiana, die 30 octobris.
53 «Beati quorum
corda te diligunt, Virgo Maria (Ps. 31, v. 1) - Beati qui devote ei famulantur
(Ps. 118, v. 4).» Psalterium B. V. M. (d'ignoto
autore), inter Opera S. Bonaventurae, ed.
Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, pag. 481, 488.
54 «Numquam in hoc
eximio certamine a nobis ipsa vincetur; eternim et amorem redhibet, et
praeterita beneficia novis semper adauget.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes
dormitantis animae, in Ps. 86, excitatio 2, n. 1. Editio
4, Venetiis, 1720, pag. 7.
55 «Vestro continuo
amore langueat cor meum, liquefiant omnia ossa mea... Date itaque, piissimi,
date obsecro supplicanti animae meae, non propter meritum meum, sed propter
meritum vestrum, date illi quanto digni estis, amorem vestrum... Amator et miserator hominum, tu posuisti (potuisti)
reos tuos et usque ad mortem amare et poteris te roganti amorem tui et Matris
tuae negare?» S. ANSELMUS, Orationes,
Oratio 52 (al. 51). ML 158-958, 959.
56 Questo fatto,
riferito dall'AURIEMMA, Affetti
scambievoli, parte 2, cap. 8 (Bologna, 1681, pag. 153), vien preso dal Magnum Speculum exemplorum, dist. 9,
exemplum 118, ove comincia così: «Legitur in libro Exemplorum B. Virginis...» Si legge pure nell'opera di D. Ingazio
Brentano Cimarolo, O. S. B., Miranda
Mariana, tractatus 3, fasciculus 1, exemplum 43: apud Migne, Summa aurea, tom. 12, pag. 974. - Non si tratta, come si è
creduto, di quel che succedette alla morte di S. Germana Cousin, la quale avvenne nel 1601. Infatti di questa
santa poco o nulla si fece caso fino all'anno 1644, in cui piacque a Dio di
rendere la sua tomba gloriosa. Non poté dunque conoscerla l'autore del Magnum Speculum, morto verso il 1480, e
meno ancora, l'autore del Liber
exemplorum B. Virginis. Né giova dire che questo racconto sia stato
aggiunto da qualche continuatore: la copia che abbiamo è del 1618, tempo in cui
la pastorella di Pibrac era morta sì, ma affatto sconosciuta. - Vi è qualche
particolare comune ai due racconti: ma forse non può il Signore compiere due
volte la stessa maraviglia? Ne abbiamo un commovente esempio nella vita di S.
Germana: quel grazioso miracolo delle limosine cambiate in rose, fatto a favore
della Lantgravia di Turingia, Santa Elisabetta, il Signore lo rinnova a favore
della contadinella, cambiando, nella rigida stagione, in freschissimi fiori
sconosciuti a Pibrac, i tozzi di pane tolti dal suo parco mangiare per i
poveri. E Dio volle che i due contadini, accorsi in suo aiuto per difenderla
dalla collera della matrigna, vivessero abbastanza per render testimonianza
giurata del fatto, nei primi atti del processo per la beatificazione. - S.
Germana fu assistita soprannaturalmente nella sua agonia, ma in che modo
precisamente, non lo sappiamo, essendo stata ella trovata morta la mattina, nel
sottoscala dove prima era stata costretta dalla matrigna, e dove poi essa
stessa aveva domandato al padre di dormire. - Quel che è comune ai due
racconti, è l'intervento di due religiosi. In quello che concerne S. Germana,
dice il BOERO, S. I. Vita, Roma,
1854, pag. 22: «Un'altra visione è deposta nei seguenti termini nei processi:
«La stessa notte della morte della Venerabile Germana Cousin, due religiosi si
ripararono tra le rovine del vecchio castello degli antichi signori di Pibrac,
che è situato sulla strada che conduceva all'abitazione dei genitori della
Venerabile Serva di Dio. Nel cuor della notte, videro passare due verginelle
vestite di bianco, che si avviavano verso la detta abitazione, e dopo alcuni
istanti le videro ritornare conducendosi in mezzo un'altra vergine egualmente
vestita di bianco e avente in capo una corona di fiori. Fatta appena l'alba del
dì seguente, entrarono nel villaggio, dimandarono se fosse morto qualcheduno, e
fu loro risposto di no, ignorandosi ancora che il Signore aveva chiamato a sé
la Venerabile Germana Cousin... Da altri ancora fu veduta la B. Germana girsene
al cielo, accompagnata da un coro di dodici vergini, che le facean corona.»
Immediatamente prima (p. 22) aveva scritto il Boero: «Un sacerdote di
Guascogna, che recavasi a Tolosa, in passando quella notte vicino al villaggio
di Pibrac, fu rapito in ispirito, e vide una luminosa processione di santi, che
discendeva dall'alto verso Pibrac, e indi a poco risaliva in cielo conducendo
seco un'anima beata di più... All'indomani, tornando da Tolosa a Pibrac,
dimandò ai paesani chi fosse morto nella notte precedente in quella parrocchia,
da cui ebbe in risposta, che la pastorella Germana Cousin.» Cf. Louis VEUILLOT,
Vie, 1854, pag. 129; Mgr. Paul GUERIN, Les Petits Bollandistes, 15 juin.
57 «O Domina, quae
corda rapis dulcedine!» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugd., VII, 232. - Vedi Appendice, 2, e 3, A.
58 «Io trovo fra i
suoi scritti questo ricordo: «Numquam quiescam, donec obtineam amorem tenerum
erga dulcissimam meam Matrem Mariam.» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 181.
59 ARISTOTILE non ha
questa sentenza nei termini riferiti, ma l'esprime così: «In communitate quadam
omnis amicitia cernitur (Ethicorum
Nicomach. VIII, n. 7);» e più distintamente per partes, cioè: a) Amor
similes invenit: «Deus similem semper ad similem adducit (Ethicorum ad Eudemum VII, dopo
l'inizio). Aequalis aequalem delectat» (ibid.,
n. 2). b) Amor similes facit: «Communia
amicorum omnia (ibid). Aequales inter
se esse socii cupiunt (Magnorum Moralium
II, n. 11, verso la fine).»
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