- Parte seconda.
- V. - RACCOLTA DI VARI ESEMPI APPARTENENTI A MARIA SANTISSIMA
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57. *
Nell'anno 589 fu in Roma quella famosa peste, in cui gli uomini starnutando
cadevano morti. S. Gregorio il Magno, portando in processione l'immagine di S.
Maria Maggiore per la città, in quel luogo
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ch'ora si dice Castel S.
Angelo, vide un angelo in aria che riponea nel fodero una spada stillante di
sangue. Indi intese cantar dagli angeli: Regina
caeli, laetare, alleluia, quia quem meruisti portare, alleluia, resurrexit,
sicut dixit, alleluia. Ed allora S. Gregorio vi aggiunse: Ora
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pro nobis Deum, alleluia. Cessò subito la peste, e da allora
cominciarono a celebrarsi le litanie maggiori ogni anno alli 25 d'aprile
(Sigon., de Re. It., ap. Diotall., t. 1, in fin., es.
4).
* Esempio 57. - DIOTALLEVI, Trattenimenti spirituali (sulla servitù ed amore di Maria SS.),
parte 1, Venzia, 1723; in fine Aggiunta
d'alcuni esempi, esempio 4, pag. 293-299. - Carolus SIGONIUS, De regno
Italiae, lib. 1, Agilulfus Rex: Opera
omnia, II, Mediolani, 1732, pag. 51. Sigonio riferisce il fatto con tutti i
particolari tramandati dalla tradizione; e conchiude: «Quo viso, Gregorius
exhilaratus, converso ad populum ore: «Bono omnes, inquit, animo estote; nam
optatus divinae irae ac furentis iampridem pestilentiae finis, Deo ipso
annuente, ostenditur.» Atque ita, ut ille praesensit, ipse deinde morbus
elanguit. Ab hac re, moli S. Angeli nomen est inditum. Haec ita ut in Ritualibus scripta sunt retuli.» Tutti
sanno qual nome si sia meritato il Sigonio
per le sue diligenti ricerche e sagaci interpretazioni dei documenti. - BARONIUS,
Annales ecclesiastici, an. 590, n.
13, Venetiis, 1739, VIII, pag. 7: «Habent veteres Rituales libri... ultimis litaniis esse processum ad
basilicam Apostolorum principis Petri, atque ab eodem Gregorio sanctam imaginem
Deiparae magna veneratione delatam: fiusse autem illa traditur, quae hactenus
exstat in basilica S. Mariae ad Presepe (S. Maria Maggiore), et a populo
honorifico cultu frequentatur: eam tum a S. Gregorio in processione delatam, Ordo Romanus, quem pluribus exemplaribus
Vaticana bibliotheca custodit, affirmat: quibus maior procul dubio adhibenda
fides est, quam cusis haud pridem Venetiis. Tunc vero et mirandum illud
accidisse, tradunt, ut, cum pervenisset procedendo Gregorius ad molem Hadriani
Tiberi adiacentem, in signum reconciliati Numinis, visus fuerit angelus nudatum
gladium in vaginam reponere, eoque symbolo morbum cessasse significare
voluisse, quemadmodum, ut superius ex eodem Gregorio dictum est, per sagittas
visas caelitus lapsas idem fuerat divinitus praemonstratus. Sic itaque in tempore concitatae divinae iracundiae, ut scriptum est (Eccli.
XLIV, 17), factus est reconciliatio, cum
averterit ipse divinam indignationem a populo: cuius rei gratia in litaniis
illis, quae annua celebritate in Ecclesia antiquo usu recurrunt pro omnibus
avertendis malis, idem Gregorius preces indixit cum gratiarum actione pro tanto
accepto beneficio. Exstat eius indictionis formula...» - I moderni critici non
hanno messo fuori alcun nuovo documento che cambiasse lo stato della questione:
questa sta nei medesimi termini che ai tempi di Sigonio e di Baronio. Ci sia
dunque lecito di avere, per quella tradizione romana, il medesimo rispetto che
questi due grandi critici: non più,
ma non meno. - Gli argomenti degli avversari non sono convincenti, e neppur ci
sembrano persuasivi. Fanno valere il silenzio dei due primi biografi di S.
Gregorio, quello dei diligenti relatori anglosassoni dei fatti del gran
Pontefice, e, più di tutto, il silenzio pure di S. Gregorio di Tours. «La
maggiore difficoltà, scrive H. GRISAR, S. I., Roma alla fine del Mondo antico, parte 3, Roma, 1899, pag. 33, nota
1) che abbia la critica ad ammettere l'apparizione dell'angelo, si toglie da
ciò, che il vescovo di Tours ricorda solamente come Gregorio continuasse
instancabilmente a predicare, e non fa neppur da lontano allusione alla
cessazione della peste; mentre pure aveva raccolto le notizie di quanto allora
accadeva in Roma dalla bocca del suo diacono, il quale era stato testimonio
oculare de' fatti.» - I due biografi, quantunque i primi, sono di molto
posteriori ai tempi di S. Gregorio Magno. Il primo, Paolo diacono, scrisse la Vita del gran Pontefice, per altro
brevissima (comprende soltanto 29 numeri, poco più di otto pagine della ML),
alla fine del secolo VIII; il secondo, Giovanni
diacono, dedicò l'opera sua a Papa Giovanni VIII, eletto nel 872. Questo
secondo biografo scrisse bensì a Roma: ma né l'uno né l'altro era Romano; lo
stesso notisi dei relatori anglo-sassoni, i quali, lontani da Roma, hanno
conosciuto i documenti scritti, e facilmente han potuto ignorare le tradizioni
locali. In quanto poi al diacono di Tours, principale appoggio degli avversari,
la cosa è assai più chiara. La peste scoppiò in Roma alla fine del 589; nel
febbraio 590, morì della peste il Papa Pelagio II; venne consacrato S. Gregorio
Magno il 3 settembre dello stesso anno. Viene provato da documenti certi che vi
furono più processioni, almeno due: l'ultima, quella che presagì la fine del
flagello, fu a Pasqua del 591. Ora, il diacono di Tours eragià pronto alla partenza
quando morì Pelagio II, nel febbraio 590. Venuto a Roma non per altro che per
aver reliquie, le aveva ricevute, per ordine del Pontefice, da Gregorio, allora
diacono. Trasportate queste reliquie con solennità al porto, tornò a Roma per
assistere alla consacrazione di Gregorio: 3 settembre 590. Assistette bensì
alla prima processione, prescritta da
Gregorio, eletto, ma non ancora ordinato; e da lui abbiamo questo particolare,
che, in quella processione, nello spazio di un'ora, ottanta uomini caddero
morti (Baronius, an. 590, n. 12, pag.
7, col. 1; S. Gregorius Turonensis,
Historia Francorum, lib. 10, cap. 1, n. 1, ML 71-529). Ma dove apparisce il
menomo indizio o sospetto che il diacono di Tours sia rimasto a Roma fino
all'aprile 591? Tutto ciò vien confermato dal testo di S. Gregorio di Tours, l. c., non già contrario, ma favorevole alla
nostra sentenza: «Sed non destitit sacerdos praedicare populo, ne ab oratione
cessarent. Ab hoc etiam diaconus noster reliquias sanctorum, ut diximus,
sumpsit, dum adhuc in diaconatu degeret... Sed nec destitit diaconus noster,
nisi ad episcopatum eius de Porto (al. de
portu) rediret, et qualiter ordinatus fuerit, praesenti contemplatione
suspiceret.» - Notiamo però che Baronio, e,
quindi l'Ordo Romanus citato da lui,
parlano dell'apparizione dell'angelo, ma tacciono del canto dell'antifona Regina caeli: questa ultima circostanza
rimane dunque assai più dubbia.
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