II. La
definizione di peccato
1849
Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è
una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a
causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura
dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E' stato definito “una parola, un
atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant'Agostino, Contra Faustum
manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71,
6].
1850
Il peccato è un'offesa a Dio: “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello
che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto” ( [link] Sal
51,6 ). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana
da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una
ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare “come Dio” (
[link] Gen 3,5 ), conoscendo e determinando il bene e
il male. Il peccato pertanto è “amore di sé fino al disprezzo di Dio” [Sant'Agostino,
De civitate Dei, 14, 28]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è
diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf
[link] Fil 2,6-9 ].
1851
E' proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il
peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità:
incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo,
vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto
pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia,
proprio nell'ora delle tenebre e del Principe di questo mondo, [Cf
[link] Gv 14,30 ] il sacrificio di Cristo diventa
segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei
nostri peccati.
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