I. Il rispetto
della vita umana
La
testimonianza della Storia Sacra
2259
La Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino,
[Cf [link] Gen 4,8-12 ] rivela, fin dagli inizi della
storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia,
conseguenze del peccato originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile.
Dio dichiara la scelleratezza di questo fratricidio: “Che hai fatto? La voce
del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da
quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello” (
[link] Gen 4,10-11 ).
2260
L'alleanza di Dio e dell'umanità è intessuta di richiami al dono divino della
vita umana e alla violenza omicida dell'uomo:
Del
sangue vostro, ossia della vostra vita, io domando conto. . . Chi sparge il
sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di
Dio egli ha fatto l'uomo ( [link] Gen 9,5-6 ).
L'Antico
Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita [Cf
[link] Lv 17,14 ]. Questo insegnamento è necessario in ogni
tempo.
2261
La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: “Non far morire
l'innocente e il giusto” ( [link] Es 23,7 ). L'uccisione
volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere
umano, alla “regola d'oro” e alla santità del Creatore. La legge che vieta
questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e
dappertutto.
2262
Nel Discorso della montagna il Signore richiama il precetto: “Non uccidere” (
[link] Mt 5,21 ); vi aggiunge la proibizione dell'ira,
dell'odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di
porgere l'altra guancia, [Cf [link] Mt 5,22-39 ] di
amare i propri nemici [Cf [link] Mt 5,44 ]. Egli stesso non
si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero [Cf
[link] Mt 26,52 ].
La
legittima difesa
2263
La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione
alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio
volontario. “Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei
quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione
dell'attentatore. . . Il primo soltanto è intenzionale, l'altro è involontario”
[San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].
2264
L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. E'
quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la
propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a
infliggere al suo aggressore un colpo mortale:
Se
uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo
atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita.
. . E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla
legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di
più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae, II-II, 64, 7].
2265
La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere,
per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che
si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i
legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per
respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro
responsabilità.
2266
Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato
inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo
e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità
pubblica ha il diritto ed il dovere ha il diritto ed il dovere di infliggere
pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo
di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente
accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre
che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira
ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla
correzione del colpevole.
2267
L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno
accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso
alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere
efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se
invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per
proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi,
poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e
sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi,
infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere
efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza
togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta
necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura
praticamente inesistenti” [Evangelium vitae, n. 56].
L'omicidio
volontario
2268
Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l' omicidio
diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano
all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo [Cf
[link] Gen 4,10 ].
L'infanticidio,
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51] il fratricidio, il parricidio e
l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli
naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non
possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici
poteri.
2269
Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione di
provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto
di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di
rifiutare l'assistenza ad una persona in pericolo.
Tollerare,
da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte
senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una
colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che
provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono
indirettamente un omicidio, che è loro imputabile [Cf [link] Am
8,4-10 ].
L'omicidio
involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa
grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare
la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.
L'aborto
2270
La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal
momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano
deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto
inviolabile di ogni essere innocente alla vita [Cf Congregazione per la
Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 1].
Prima
di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce,
ti avevo consacrato ( [link] Ger 1,5 ) [Cf
[link] Gb 10,8-12; [link] Sal
22,10-11 ].
Non
ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto
nelle profondità della terra ( [link] Sal 139,15
).
2271
Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto
provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto
diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla
legge morale:
Non
uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita [Didaché, 2,
2; cf Lettera di Barnaba, 19, 5; Lettera a Diogneto, 5, 5; Tertulliano,
Apologeticus, 9]. Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima
missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo
umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima
cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 51].
2272
La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa
sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita
umana. “Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica
latae sententiae” [ [link] Codice di Diritto Canonico,
1398] “per il fatto stesso d'aver commesso il delitto”
[ [link] Codice di Diritto Canonico, 1398] e alle
condizioni previste dal Diritto [Cf [link] ibid.,
1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo
della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il
danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la
società.
2273
Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta
un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione:
“I
diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da
parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non
dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una
concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti
alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi
diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il diritto
alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla
morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“Nel
momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della
protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a
negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la
sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi
è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. . .
Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al
nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere
appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2274
L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona,
dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è
possibile, come ogni altro essere umano.
La
diagnosi prenatale è moralmente lecita, se “rispetta la vita e l'integrità
dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua
guarigione individuale. . . Ma essa è gravemente in contrasto con la legge
morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di
provocare un aborto: una diagnosi. . . non deve equivalere a una sentenza di
morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2275
“Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino
la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi
sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento
delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale”
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“E'
immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come
"materiale biologico" disponibile” [Congregazione per la Dottrina
della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“Alcuni
tentativi d' intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono
terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il
sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla
dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità”
unica, irrepetibile [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum
vitae, III].
L'eutanasia
2276
Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare.
Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano
condurre un'esistenza per quanto possibile normale.
2277
Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere
fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è
moralmente inaccettabile.
Così
un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte
allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente
contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo
Creatore. L'errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede,
non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere.
2278
L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o
sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso
si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la
morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal
paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne
hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli
interessi legittimi del paziente.
2279
Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute
ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di
analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di
abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se
la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e
tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma
privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere
incoraggiate.
Il
suicidio
2280
Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha donata.
E' lui che ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con
riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre
anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha
affidato. Non ne disponiamo.
2281
Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare
e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di
sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza
ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e
umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è
contrario all'amore del Dio vivente.
2282
Se è commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani,
il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione
volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.
Gravi
disturbi psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o
della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.
2283
Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la
morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare
l'occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno
attentato alla loro vita.
|