Articolo 2
“PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI”
I. “Osare
avvicinarci in piena confidenza”
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Nella Liturgia romana l'assemblea eucaristica è invitata a pregare il Padre
nostro con filiale audacia; le Liturgie orientali utilizzano e sviluppano
espressioni analoghe: “Osare con tutta sicurezza”, “Rendici degni di”. Davanti
al roveto ardente fu detto a Mosè: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai
piedi” ( [link] Es 3,5 ). Solo Gesù poteva superare la
soglia della Santità divina: è lui che avendo “compiuto la purificazione dei
peccati” ( [link] Eb 1,3 ), ci introduce davanti al Volto
del Padre: “Eccoci, io e i figli che Dio mi ha dato” ( [link] Eb
2,13 ):
La
consapevolezza che abbiamo della nostra condizione di schiavi ci farebbe
sprofondare sotto terra, il nostro essere di terra si scioglierebbe in polvere
se l'autorità dello stesso nostro Padre e lo Spirito del Figlio suo non ci
spingessero a proferire questo grido: “Abbà, Padre!” ( [link] Rm
8,15 )... Quando la debolezza di un mortale oserebbe chiamare Dio suo
Padre, se non soltanto allorché l'intimo dell'uomo è animato dalla potenza
dall'alto? [San Pietro Crisologo, Sermones, 71: PL 52, 401CD]
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Questa potenza dello Spirito che ci introduce alla Preghiera del Signore è
indicata nelle Liturgie d'Oriente e di Occidente con una felice espressione
tipicamente cristiana: “parresìa”, vale a dire semplicità schietta, fiducia
filiale, gioiosa sicurezza, umile audacia, certezza di essere amati [Cf
[link] Ef 3,12; [link] Eb 3,6;
[link] Eb 4,16; [link] Eb 10,19;
[link] 1Gv 2,28; [link] 1Gv 3,21;
[link] 1Gv 5,14 ].
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