VI. Non ci
indurre in tentazione
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Questa domanda va alla radice della precedente, perché i nostri peccati sono
frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non
“indurci” in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è difficile:
significa “non permettere di entrare in”, [Cf [link] Mt
26,41 ] “non lasciarci soccombere alla tentazione”. “Dio non può
essere tentato dal male e non tenta nessuno al male” ( [link] Gc
1,13 ); al contrario, vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non
lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella
lotta “tra la carne e lo Spirito”. Questa richiesta implora lo Spirito di
discernimento e di fortezza.
2847
Lo Spirito Santo ci porta a discernere tra la prova, necessaria alla crescita
dell'uomo interiore [Cf [link] Lc 8,13-15;
[link] At 14,22; [link] 2Tm 3,12 ] in
vista di una “virtù provata” ( [link] Rm 5,3-5 ) e la
tentazione, che conduce al peccato e alla morte [Cf [link] Gc
1,14-15 ]. Dobbiamo anche distinguere tra “essere tentati” e
“consentire” alla tentazione. Infine, il discernimento smaschera la menzogna
della tentazione: apparentemente il suo oggetto è “buono. gradito agli occhi e
desiderabile” ( [link] Gen 3,6 ), mentre, in realtà,
il suo frutto è la morte.
Dio
non vuole costringere al bene: vuole esseri liberi. . . La tentazione ha una
sua utilità. Tutti, all'infuori di Dio, ignorano ciò che l'anima nostra ha
ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per
insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la
nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione
ci ha messo in grado di riconoscere [Origene, De oratione, 29].
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“Non entrare nella tentazione” implica una decisione del cuore: “Là dov'è il
tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. . . Nessuno può servire a due padroni” (
[link] Mt 6,21; [link] Mt 6,24 ). “Se viviamo
dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito” ( [link] Gal
5,25 ). In questo “consenso” allo Spirito Santo il Padre ci dà la
forza. “Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è
fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la
tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla” (
[link] 1Cor 10,13 ).
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Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. E' per
mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall'inizio
[Cf [link] Mt 4,1-11 ] e nell'ultimo combattimento
della sua agonia [Cf [link] Mt 26,36-44 ]. Ed è al
suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al
Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata
insistentemente [ Cf [link] Mc 13,9; [link] Mc
13,23; [link] Mc 13,33-37;
[link] Mc 14,38; [link] Lc
12,35-40 ]. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al
Padre di custodirci nel suo Nome [Cf [link] Gv 17,11 ]. Lo
Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza [Cf
[link] 1Cor 16,13; [link] Col 4,2;
[link] 1Ts 5,6; [link] 1Pt 5,8 ]. Questa
richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla
tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza
finale. “Ecco, Io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante” (
[link] Ap 16,15 ).
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