IV. Come parlare di Dio?
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Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime
la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con
tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le altre
Religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e gli
atei.
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Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio
su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il
nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.
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Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo
l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle
creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione
infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle
perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle
creature per analogia si conosce l'Autore” ( [link] Sap
13,5).
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Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro
linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non
confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile”
[Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni
umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio.
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Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana,
ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua
infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare una
qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di
loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz.
-Schönm., 806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma
solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a
lui” [San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30].
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