Testo
I.
Per
il 1600° anniversario del I Concilio di Costantinopoli
e per il 1550°
anniversario del Concilio di Efeso
Carissimi
Fratelli nell'Episcopato,
1.
Mi spinge a scrivervi questa lettera, che è insieme una riflessione teologica e
un invito pastorale, nato dal profondo del cuore, anzitutto la ricorrenza del
XVI centenario del primo Concilio di Costantinopoli, celebrato appunto nel 381.
Esso, come ho sottolineato fin dall'alba del nuovo anno nella Basilica di San
Pietro, «dopo il Concilio di Nicea fu il secondo Concilio Ecumenico della
Chiesa... al quale dobbiamo il "Credo" che è recitato costantemente
nella liturgia. Un'eredità particolare di quel Concilio è la dottrina sullo
Spirito Santo così proclamata nella liturgia latina: «"Credo in Spiritum
Sanctum, Dominum et vivificantem... qui cum Patre et Filio simul adoratur et
conglorificatur, qui locutus est per prophetas"» («L'Osservatore Romano»,
2-3 gennaio 1981).
Queste parole
ripetute nel «Credo» da tante generazioni cristiane avranno perciò quest'anno
per noi un particolare significato dottrinale e affettivo, e ci ricorderanno i
vincoli profondi che legano la Chiesa del nostro tempo - nella prospettiva
ormai dell'avvento del terzo millennio della sua vita prodigiosamente ricca e
provata, continuamente partecipe della Croce e della Risurrezione del Cristo,
nella virtù dello Spirito Santo - a quella del quarto secolo, nell'unica continuità
delle sue prime origini, e nella fedeltà all'insegnamento del Vangelo e alla
predicazione apostolica.
Basta quanto
enunciato per comprendere come l'insegnamento del Concilio Costantinopolitano I
sia tuttora l'espressione dell'unica fede comune della Chiesa e di tutto il
cristianesimo. Confessando questa fede - come facciamo ogni volta che recitiamo
il «Credo» - e ravvivandola nella prossima commemorazione centenaria, noi
vogliamo mettere in rilievo ciò che ci unisce con tutti i nostri fratelli, nonostante
le divisioni avvenute nei secoli. Facendo questo a 1600 anni dal Concilio
Costantinopolitano I, noi ringraziamo Dio per la Verità del Signore, che,
grazie all'insegnamento di quel Concilio, illumina le vie della nostra fede, e
le vie della vita in virtù della fede. In questa ricorrenza si tratta non
soltanto di ricordare una formula di fede, che è in vigore da sedici secoli
nella Chiesa, ma al tempo stesso di rendere sempre più presente al nostro
spirito, nella riflessione, nella preghiera, nel contributo della spiritualità
e della teologia, quella forza personale divina che da la vita, quel Dono
ipostatico - «Dominum et Vivifcantem» - quella Terza Persona della Santissima
Trinità che in questa fede viene partecipata dalle singole anime e dalla Chiesa
tutta. Lo Spirito Santo continua a vivificare la Chiesa, e a spingerla sulle
vie della santità e dell'amore. Come bene sottolinea Sant'Ambrogio, nell'opera
«De Spiritu Sancto», «sebbene Egli sia inaccessibile per natura, tuttavia può
essere ricevuto da noi grazie alla sua bontà; riempie tutto con la sua virtù,
ma di lui partecipano soltanto i giusti; è semplice nella sua sostanza, ricco
di virtù, presente in tutti, divide ciò che è suo per donarlo a ognuno ed è
tutto intero in ogni luogo» (Sant'Ambrogio «De Spiritu Sancto», I, V, 72; ed.
O. Faller, CSEL 79, Vindobonae 1964, p. 45).
2.
Il ricordo del Concilio di Costantinopoli, che fu il secondo Concilio Ecumenico
della Chiesa, rende consapevoli noi, uomini del cristianesimo del secondo millennio
che sta per finire, di quanto fosse vivo, nei primi secoli del primo millennio,
in mezzo alla crescente comunità dei credenti, il bisogno di intendere e di
proclamare giustamente, nella confessione della Chiesa, l'inscrutabile mistero
di Dio nella sua trascendenza assoluta: del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo. Questo, ed altri contenuti chiave della verità e della vita cristiana,
hanno prima di tutto attirato su di sé l'attenzione dei fedeli; pure intorno a
tali contenuti sono nate numerose interpretazioni, anche divergenti, le quali
esigevano la voce della Chiesa, la sua solenne testimonianza in virtù della
promessa fatta da Cristo nel cenacolo: «Il Consolatore, lo Spirito Santo, che
il Padre manderà nel mio nome, ...vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»
(Gv 14,26); Egli, lo Spirito di verità, «vi guiderà alla verità tutta intera»
(Gv 16,13).
Così, nel
corrente anno 1981, dobbiamo in modo speciale ringraziare lo Spirito Santo
perché in mezzo alle molteplici oscillazioni del pensiero umano, ha permesso
alla Chiesa di esprimere la propria fede, pur nelle peculiarità espressive
dell'epoca, in piena coerenza con la «verità tutta intera».
«Credo nello
Spirito Santo che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre. Con il Padre e
il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti», così
suonano le parole del simbolo di fede del primo Concilio di Costantinopoli nel
381 (Così citato per la prima volta negli Atti del Concilio Calcedonense, act.
II: ed. E. Schwarts, «Acta Conciliorum Oecumenicorum, II Concilium universale
Chalcedonense», Berolini et Lipsiae 1927-32, 1, 2, p. 80; cfr. anche
«Conciliorum Oecumenicorum Decreta», Bologna 1973, p. 24), che ha illustrato il
mistero dello Spirito Santo, della sua origine dal Padre, affermando così
l'unità e l'uguaglianza nella divinità di questo Spirito Santo con il Padre e
con il Figlio.
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