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Ioannes Paulus PP. II
Dies Domini

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  • IV – Dies Hominis - La domenica giorno di gioia, riposo e solidarietà
    • Il compimento del sabato
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Il compimento del sabato

 

59. Questo aspetto della domenica cristiana ne evidenzia in modo speciale la dimensione di compimento del sabato veterotestamentario. Nel giorno del Signore, che l'Antico Testamento, come s'è detto, lega all'opera della creazione (cfr Gn 2, 1-3; Es 20, 8-11) e dell'Esodo (cfr Dt 5, 12-15), il cristiano è chiamato ad annunciare la nuova creazione e la nuova alleanza compiute nel mistero pasquale di Cristo. La celebrazione della creazione, lungi dall'essere annullata, è approfondita in prospettiva cristocentrica, ossia alla luce del disegno divino «di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1, 10). A sua volta, è dato senso pieno anche al memoriale della liberazione compiuta nell'Esodo, che diventa memoriale dell'universale redenzione compiuta da Cristo morto e risorto. La domenica, pertanto, più che una «sostituzione» del sabato, è la sua realizzazione compiuta, e in certo senso la sua espansione e la sua piena espressione, in ordine al cammino della storia della salvezza, che ha il suo culmine in Cristo.

 

60. In quest'ottica la teologia biblica dello «shabbat», senza recare pregiudizio al carattere cristiano della domenica, può essere pienamente recuperata. Essa ci riconduce sempre nuovamente e con stupore mai attenuato a quel misterioso inizio, in cui l'eterna Parola di Dio, con libera decisione d'amore, trasse dal nulla il mondo. Sigillo dell'opera creatrice fu la benedizione e consacrazione del giorno in cui Dio cessò «da ogni lavoro che egli creando aveva fatto» (Gn 2, 3). Da questo giorno del riposo di Dio prende senso il tempo, assumendo, nella successione delle settimane, non soltanto un ritmo cronologico, ma, per così dire, un respiro teologico. Il costante ritorno dello «shabbat» sottrae infatti il tempo al rischio del ripiegamento su di sé, perché resti aperto all'orizzonte dell'eterno, attraverso l'accoglienza di Dio e dei suoi kairoì, ossia dei tempi della sua grazia e dei suoi interventi di salvezza.

 

61. Lo «shabbat», il giorno settimo benedetto e consacrato da Dio, mentre chiude l'intera opera della creazione, si lega immediatamente all'opera del sesto giorno, in cui Dio fece l'uomo «a sua immagine e somiglianza» (cfr Gn 1, 26). Questa relazione più immediata tra il «giorno di Dio» e il «giorno dell'uomo» non sfuggì ai Padri nella loro meditazione sul racconto biblico della creazione. Dice a tal proposito Ambrogio: «Grazie dunque al Signore Dio nostro che fece un'opera ove egli potesse trovare riposo. Fece il cielo, ma non leggo che ivi abbia riposato; fece le stelle, la luna, il sole, e neppure qui leggo che abbia in essi riposato. Leggo invece che fece l'uomo e che allora si riposò, avendo in lui uno al quale poteva perdonare i peccati». 106 Il «giorno di Dio» avrà così per sempre un collegamento diretto con il «giorno dell'uomo». Quando il comandamento di Dio recita: «Ricordati del giorno di sabato per santificarlo» (Es 20, 8), la sosta comandata per onorare il giorno a lui dedicato non è affatto, per l'uomo, un'imposizione onerosa, ma piuttosto un aiuto perché egli avverta la sua vitale e liberante dipendenza dal Creatore, e insieme la vocazione a collaborare alla sua opera e ad accogliere la sua grazia. Onorando il «riposo» di Dio, l'uomo ritrova pienamente se stesso, e così il giorno del Signore si manifesta profondamente segnato dalla benedizione divina (cfr Gn 2, 3) e si direbbe dotato, in forza di essa, al pari degli animali e degli uomini (cfr Gn 1, 22.28), di una sorta di «fecondità». Essa si esprime soprattutto nel ravvivare e, in certo senso, «moltiplicare» il tempo stesso, accrescendo nell'uomo, col ricordo del Dio vivente, la gioia di vivere e il desiderio di promuovere e donare la vita.

 

62. Il cristiano dovrà allora ricordare che, se per lui sono cadute le modalità del sabato giudaico, superate dal «compimento» domenicale, restano validi i motivi di fondo che impongono la santificazione del «giorno del Signore», fissati nella solennità del Decalogo, ma da rileggere alla luce della teologia e della spiritualità della domenica: «Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato» (Dt 5, 12-15). L'osservanza del sabato appare qui intimamente legata all'opera di liberazione compiuta da Dio per il suo popolo.

 

63. Cristo è venuto a realizzare un nuovo «esodo», a rendere la libertà agli oppressi. Egli ha operato molte guarigioni il giorno di sabato (cfr Mt 12, 9-14 e paralleli), non certo per violare il giorno del Signore, ma per realizzarne il pieno significato: «Il sabato è stato fatto per l'uomo, e non l'uomo per il sabato» (Mc 2, 27). Opponendosi all'interpretazione troppo legalistica di alcuni suoi contemporanei, e sviluppando l'autentico senso del sabato biblico, Gesù, «Signore del sabato» (Mc 2, 28), riconduce l'osservanza di questo giorno al suo carattere liberante, posto insieme a salvaguardia dei diritti di Dio e dei diritti dell'uomo. Si comprende così perché i cristiani, annunciatori della liberazione compiuta nel sangue di Cristo, si sentissero autorizzati a trasporre il senso del sabato nel giorno della risurrezione. La Pasqua di Cristo ha infatti liberato l'uomo da una schiavitù ben più radicale di quella gravante su un popolo oppresso: la schiavitù del peccato, che allontana l'uomo da Dio, lo allontana anche da se stesso e dagli altri, ponendo nella storia sempre nuovi germi di cattiveria e di violenza.

 




106 Hex. 6, 10, 76: CSEL 321, 261.






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