Il giorno
del riposo
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Per alcuni secoli i cristiani vissero la domenica solo come giorno del culto,
senza potervi annettere anche il significato specifico del riposo sabbatico.
Solo nel IV secolo, la legge civile dell'Impero Romano riconobbe il ritmo
settimanale, facendo in modo che nel «giorno del sole» i giudici, le
popolazioni delle città e le corporazioni dei vari mestieri cessassero di
lavorare. 107 I cristiani si rallegrarono di veder così tolti gli
ostacoli che fino ad allora avevano reso talvolta eroica l'osservanza del
giorno del Signore. Essi potevano ormai dedicarsi alla preghiera comune senza
impedimenti. 108
Sarebbe quindi un
errore vedere nella legislazione rispettosa del ritmo settimanale una semplice
circostanza storica senza valore per la Chiesa e che essa potrebbe abbandonare.
I Concili non hanno cessato di conservare, anche dopo la fine dell'Impero, le
disposizioni relative al riposo festivo. Nei Paesi poi dove i cristiani sono in
piccolo numero e dove i giorni festivi del calendario non corrispondono alla
domenica, quest'ultima rimane pur sempre il giorno del Signore, il giorno in
cui i fedeli si riuniscono per l'assemblea eucaristica. Ciò però avviene a
prezzo di non piccoli sacrifici. Per i cristiani non è normale che la domenica,
giorno di festa e di gioia, non sia anche giorno di riposo e resta comunque per
essi difficile «santificare» la domenica, non disponendo di un tempo libero
sufficiente.
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D'altra parte, il legame tra il giorno del Signore e il giorno del riposo nella
società civile ha una importanza e un significato che vanno al di là della
prospettiva propriamente cristiana. L'alternanza infatti tra lavoro e riposo,
inscritta nella natura umana, è voluta da Dio stesso, come si rileva dal brano
della creazione nel Libro della Genesi (cfr 2, 2-3; Es 20, 8-11): il
riposo è cosa «sacra», essendo per l'uomo la condizione per sottrarsi al ciclo,
talvolta eccessivamente assorbente, degli impegni terreni e riprendere
coscienza che tutto è opera di Dio. Il potere prodigioso che Dio dà all'uomo
sulla creazione rischierebbe di fargli dimenticare che Dio è il Creatore, dal
quale tutto dipende. Tanto più urgente è questo riconoscimento nella nostra
epoca, nella quale la scienza e la tecnica hanno incredibilmente esteso il
potere che l'uomo esercita attraverso il suo lavoro.
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Infine, non bisogna perdere di vista che, anche nel nostro tempo, per molti il
lavoro è una dura servitù, sia in ragione delle miserevoli condizioni in cui si
svolge e degli orari che impone, specie nelle regioni più povere del mondo, sia
perché sussistono, nelle stesse società economicamente più evolute, troppi casi
di ingiustizia e di sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Quando la Chiesa
nel corso dei secoli ha legiferato sul riposo domenicale, 109 ha
considerato soprattutto il lavoro dei servi e degli operai, non certo perché
esso fosse un lavoro meno dignitoso rispetto alle esigenze spirituali della
pratica domenicale, ma piuttosto perché più bisognoso di una regolamentazione
che ne alleggerisse il peso, e consentisse a tutti di santificare il giorno del
Signore. In questa chiave il mio predecessore Leone XIII nell'Enciclica Rerum
novarum additava il riposo festivo come un diritto del lavoratore che lo
Stato deve garantire. 110
Resta anche nel
nostro contesto storico l'obbligo di adoperarsi perché tutti possano conoscere
la libertà, il riposo e la distensione che sono necessari alla loro dignità di
uomini, con le connesse esigenze religiose, familiari, culturali,
interpersonali, che difficilmente possono essere soddisfatte, se non viene
salvaguardato almeno un giorno settimanale in cui godere insieme della
possibilità di riposare e di far festa. Ovviamente, questo diritto del
lavoratore al riposo presuppone il suo diritto al lavoro e, mentre riflettiamo
su questa problematica connessa con la concezione cristiana della domenica, non
possiamo non ricordare con intima partecipazione il disagio di tanti uomini e
donne che, per la mancanza di posti di lavoro, sono costretti anche nei giorni
lavorativi all'inattività.
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Attraverso il riposo domenicale, le preoccupazioni e i compiti quotidiani
possono ritrovare la loro giusta dimensione: le cose materiali per le quali ci
agitiamo lasciano posto ai valori dello spirito; le persone con le quali
viviamo riprendono, nell'incontro e nel dialogo più pacato, il loro vero volto.
Le stesse bellezze della natura — troppe volte sciupate da una logica di
dominio che si ritorce contro l'uomo — possono essere riscoperte e
profondamente gustate. Giorno di pace dell'uomo con Dio, con se stesso e con i
propri simili, la domenica diviene così anche momento in cui l'uomo è invitato
a gettare uno sguardo rigenerato sulle meraviglie della natura, lasciandosi
coinvolgere in quella stupenda e misteriosa armonia che, al dire di
sant'Ambrogio, per una «legge inviolabile di concordia e di amore», unisce i
diversi elementi del cosmo in un «vincolo di unione e di pace». 111
L'uomo si fa allora più consapevole, secondo le parole dell'Apostolo, che
«tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo
si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola
di Dio e dalla preghiera» (1 Tm 4, 4-5). Se dunque, dopo sei giorni di
lavoro — ridotti in verità già per molti a cinque — l'uomo cerca un tempo di
distensione e di migliore cura di altri aspetti della propria vita, ciò
risponde ad un bisogno autentico, in piena armonia con la prospettiva del
messaggio evangelico. Il credente è chiamato perciò a soddisfare questa
esigenza, armonizzandola con le espressioni della sua fede personale e
comunitaria, manifestata nella celebrazione e santificazione del giorno del
Signore.
Per questo è
naturale che i cristiani si adoperino perché, anche nelle circostanze speciali
del nostro tempo, la legislazione civile tenga conto del loro dovere di
santificare la domenica. È comunque un loro obbligo di coscienza quello di
organizzare il riposo domenicale in modo che sia loro possibile partecipare
all'Eucaristia, astenendosi dai lavori ed affari incompatibili con la
santificazione del giorno del Signore, con la sua tipica gioia e con il
necessario riposo dello spirito e del corpo. 112
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Dato poi che il riposo stesso, per non risolversi in vacuità o divenire fonte
di noia, deve portare arricchimento spirituale, più grande libertà, possibilità
di contemplazione e di comunione fraterna, i fedeli sceglieranno, tra i mezzi
della cultura e i divertimenti che la società offre, quelli che si accordano
meglio con una vita conforme ai precetti del Vangelo. In questa prospettiva, il
riposo domenicale e festivo acquista una dimensione «profetica», affermando non
solo il primato assoluto di Dio, ma anche il primato e la dignità della persona
rispetto alle esigenze della vita sociale ed economica, e anticipando in certo
modo i «cieli nuovi» e la «terra nuova», dove la liberazione dalla schiavitù
dei bisogni sarà definitiva e totale. In breve, il giorno del Signore diventa
così, nel modo più autentico, anche il giorno dell'uomo.
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