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Ioannes Paulus PP. II
Dies Domini

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  • IV – Dies Hominis - La domenica giorno di gioia, riposo e solidarietà
    • Il giorno del riposo
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Il giorno del riposo

 

64. Per alcuni secoli i cristiani vissero la domenica solo come giorno del culto, senza potervi annettere anche il significato specifico del riposo sabbatico. Solo nel IV secolo, la legge civile dell'Impero Romano riconobbe il ritmo settimanale, facendo in modo che nel «giorno del sole» i giudici, le popolazioni delle città e le corporazioni dei vari mestieri cessassero di lavorare. 107 I cristiani si rallegrarono di veder così tolti gli ostacoli che fino ad allora avevano reso talvolta eroica l'osservanza del giorno del Signore. Essi potevano ormai dedicarsi alla preghiera comune senza impedimenti. 108

Sarebbe quindi un errore vedere nella legislazione rispettosa del ritmo settimanale una semplice circostanza storica senza valore per la Chiesa e che essa potrebbe abbandonare. I Concili non hanno cessato di conservare, anche dopo la fine dell'Impero, le disposizioni relative al riposo festivo. Nei Paesi poi dove i cristiani sono in piccolo numero e dove i giorni festivi del calendario non corrispondono alla domenica, quest'ultima rimane pur sempre il giorno del Signore, il giorno in cui i fedeli si riuniscono per l'assemblea eucaristica. Ciò però avviene a prezzo di non piccoli sacrifici. Per i cristiani non è normale che la domenica, giorno di festa e di gioia, non sia anche giorno di riposo e resta comunque per essi difficile «santificare» la domenica, non disponendo di un tempo libero sufficiente.

 

65. D'altra parte, il legame tra il giorno del Signore e il giorno del riposo nella società civile ha una importanza e un significato che vanno al di della prospettiva propriamente cristiana. L'alternanza infatti tra lavoro e riposo, inscritta nella natura umana, è voluta da Dio stesso, come si rileva dal brano della creazione nel Libro della Genesi (cfr 2, 2-3; Es 20, 8-11): il riposo è cosa «sacra», essendo per l'uomo la condizione per sottrarsi al ciclo, talvolta eccessivamente assorbente, degli impegni terreni e riprendere coscienza che tutto è opera di Dio. Il potere prodigioso che Dio all'uomo sulla creazione rischierebbe di fargli dimenticare che Dio è il Creatore, dal quale tutto dipende. Tanto più urgente è questo riconoscimento nella nostra epoca, nella quale la scienza e la tecnica hanno incredibilmente esteso il potere che l'uomo esercita attraverso il suo lavoro.

 

66. Infine, non bisogna perdere di vista che, anche nel nostro tempo, per molti il lavoro è una dura servitù, sia in ragione delle miserevoli condizioni in cui si svolge e degli orari che impone, specie nelle regioni più povere del mondo, sia perché sussistono, nelle stesse società economicamente più evolute, troppi casi di ingiustizia e di sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Quando la Chiesa nel corso dei secoli ha legiferato sul riposo domenicale, 109 ha considerato soprattutto il lavoro dei servi e degli operai, non certo perché esso fosse un lavoro meno dignitoso rispetto alle esigenze spirituali della pratica domenicale, ma piuttosto perché più bisognoso di una regolamentazione che ne alleggerisse il peso, e consentisse a tutti di santificare il giorno del Signore. In questa chiave il mio predecessore Leone XIII nell'Enciclica Rerum novarum additava il riposo festivo come un diritto del lavoratore che lo Stato deve garantire. 110

Resta anche nel nostro contesto storico l'obbligo di adoperarsi perché tutti possano conoscere la libertà, il riposo e la distensione che sono necessari alla loro dignità di uomini, con le connesse esigenze religiose, familiari, culturali, interpersonali, che difficilmente possono essere soddisfatte, se non viene salvaguardato almeno un giorno settimanale in cui godere insieme della possibilità di riposare e di far festa. Ovviamente, questo diritto del lavoratore al riposo presuppone il suo diritto al lavoro e, mentre riflettiamo su questa problematica connessa con la concezione cristiana della domenica, non possiamo non ricordare con intima partecipazione il disagio di tanti uomini e donne che, per la mancanza di posti di lavoro, sono costretti anche nei giorni lavorativi all'inattività.

 

67. Attraverso il riposo domenicale, le preoccupazioni e i compiti quotidiani possono ritrovare la loro giusta dimensione: le cose materiali per le quali ci agitiamo lasciano posto ai valori dello spirito; le persone con le quali viviamo riprendono, nell'incontro e nel dialogo più pacato, il loro vero volto. Le stesse bellezze della natura — troppe volte sciupate da una logica di dominio che si ritorce contro l'uomo — possono essere riscoperte e profondamente gustate. Giorno di pace dell'uomo con Dio, con se stesso e con i propri simili, la domenica diviene così anche momento in cui l'uomo è invitato a gettare uno sguardo rigenerato sulle meraviglie della natura, lasciandosi coinvolgere in quella stupenda e misteriosa armonia che, al dire di sant'Ambrogio, per una «legge inviolabile di concordia e di amore», unisce i diversi elementi del cosmo in un «vincolo di unione e di pace». 111 L'uomo si fa allora più consapevole, secondo le parole dell'Apostolo, che «tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera» (1 Tm 4, 4-5). Se dunque, dopo sei giorni di lavororidotti in verità già per molti a cinque — l'uomo cerca un tempo di distensione e di migliore cura di altri aspetti della propria vita, ciò risponde ad un bisogno autentico, in piena armonia con la prospettiva del messaggio evangelico. Il credente è chiamato perciò a soddisfare questa esigenza, armonizzandola con le espressioni della sua fede personale e comunitaria, manifestata nella celebrazione e santificazione del giorno del Signore.

Per questo è naturale che i cristiani si adoperino perché, anche nelle circostanze speciali del nostro tempo, la legislazione civile tenga conto del loro dovere di santificare la domenica. È comunque un loro obbligo di coscienza quello di organizzare il riposo domenicale in modo che sia loro possibile partecipare all'Eucaristia, astenendosi dai lavori ed affari incompatibili con la santificazione del giorno del Signore, con la sua tipica gioia e con il necessario riposo dello spirito e del corpo. 112

 

68. Dato poi che il riposo stesso, per non risolversi in vacuità o divenire fonte di noia, deve portare arricchimento spirituale, più grande libertà, possibilità di contemplazione e di comunione fraterna, i fedeli sceglieranno, tra i mezzi della cultura e i divertimenti che la società offre, quelli che si accordano meglio con una vita conforme ai precetti del Vangelo. In questa prospettiva, il riposo domenicale e festivo acquista una dimensione «profetica», affermando non solo il primato assoluto di Dio, ma anche il primato e la dignità della persona rispetto alle esigenze della vita sociale ed economica, e anticipando in certo modo i «cieli nuovi» e la «terra nuova», dove la liberazione dalla schiavitù dei bisogni sarà definitiva e totale. In breve, il giorno del Signore diventa così, nel modo più autentico, anche il giorno dell'uomo.

 




107 Cfr editto di Costantino, 3 luglio 321: Codex Theodosianus II, tit. 8, 1, ed. Th. Mommsen, 12, 87; Codex Iustiniani 3, 12, 2, ed. P. Krueger, 248.



108 Cfr Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino 4, 18: PG 20, 1165.



109 Il più antico documento ecclesiastico sull'argomento è il can. 29 del Concilio di Laodicea (2a metà del IV sec.): Mansi, II, col. 569-570. Dal VI al IX secolo molti Concili proibirono le «opera ruralia». La legislazione sui lavori proibiti, sostenuta anche da leggi civili, diventò progressivamente più dettagliata.



110 Cfr Lett. enc. Rerum novarum (15 maggio 1891): Acta Leonis XIII 11 (1891), 127-128.



111 Hex. 2, 1, 1: CSEL 321, 41.



112 Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 1247; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 881 §§ 1.4.






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