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Ioannes Paulus PP. II Dilecti amici IntraText CT - Lettura del testo |
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La domanda sulla vita eterna ...
5. Che cosa devo fare perché la mia vita abbia valore, abbia senso? Questo interrogativo appassionante nella bocca del giovane del Vangelo suona così: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Un uomo, che ponga la domanda in questa forma, parla in un linguaggio ancora comprensibile agli uomini d'oggi? Non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza? Noi pensiamo prima di tutto in categorie terrene. Se oltrepassiamo i confini del nostro pianeta, ciò facciamo allo scopo di inaugurare i voli interplanetari, per trasmettere segnali agli altri pianeti ed inviare le sonde cosmiche nella loro direzione. Tutto questo è diventato il contenuto della nostra civiltà moderna. La scienza insieme alla tecnica ha scoperto in modo impareggiabile le possibilità dell'uomo nei riguardi della materia, ed è riuscita, altresì, a dominare il mondo interiore del suo pensiero, delle sue capacità, delle sue tendenze, delle sue passioni. Allo stesso tempo, però, è chiaro che, quando ci poniamo di fronte a Cristo, quando egli diventa il confidente degli interrogativi della nostra giovinezza, non possiamo porre la domanda diversamente da quel giovane del Vangelo: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Ogni altra domanda sul senso e sul valore della nostra vita sarebbe, di fronte a Cristo, insufficiente e non essenziale. Cristo, infatti, non solo è il «maestro buono», che indica le vie della vita sulla terra. Egli è il testimone di quei definitivi destini che l'uomo ha in Dio stesso. Egli è il testimone dell'immortalità dell'uomo. Il Vangelo, che egli annunciava con la sua voce, viene definitivamente sigillato con la Croce e con la Risurrezione nel mistero pasquale. «Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui» (Rm 6,9). Nella sua risurrezione Cristo è divenuto anche il permanente «segno di contraddizione» (Lc 2,34) di fronte a tutti i programmi incapaci di condurre l'uomo oltre la frontiera della morte. Anzi essi con questo confine chiudono ogni interrogativo dell'uomo sul valore e sul senso della vita. Di fronte a tutti questi programmi, ai modi di vedere il mondo e alle ideologie Cristo ripete costantemente: «lo sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). Se tu dunque, caro fratello e cara sorella, desideri parlare con Cristo aderendo a tutta la verità della sua testimonianza, devi da un lato «amare il mondo» - poiché «Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16) - e, nello stesso tempo, devi acquistare il distacco interiore nei riguardi di tutta questa ricca e appassionante realtà, qual è «il mondo». Devi deciderti a fare la domanda sulla vita eterna. Infatti, «passa la scena di questo mondo» (1Cor 7,13), e ciascuno di noi è soggetto a tale passaggio. L'uomo nasce con la prospettiva del giorno della sua morte, nella dimensione del mondo visibile; al tempo stesso, l'uomo, per cui l'interiore ragion d'essere è di superare se stesso, porta in sé anche tutto ciò con cui supera il mondo. Tutto quello con cui l'uomo supera in se stesso il mondo - pur essendo in esso radicato - si spiega con l'immagine e la somiglianza di Dio, che è inscritta nell'essere umano sin dall'inizio. E tutto ciò con cui l'uomo supera il mondo non solo giustifica l'interrogativo sulla vita eterna, ma lo rende addirittura indispensabile. Questa è la domanda che gli uomini si pongono da tempo non solo nell'ambito del cristianesimo, ma anche al di fuori di esso. Voi dovete trovare il coraggio anche di porla come il giovane del Vangelo. Il cristianesimo ci insegna a comprendere la temporalità dalla prospettiva del Regno di Dio, dalla prospettiva della vita eterna. Senza di essa la temporalità, anche la più ricca, anche la più formata in tutti gli aspetti, alla fine non porta all'uomo null'altro che l'ineluttabile necessità della morte. Ora, esiste un'antinomia tra la giovinezza e la morte. La morte sembra essere lontana dalla giovinezza. È così. Poiché, tuttavia, la giovinezza significa il progetto di tutta la vita, progetto costruito secondo il criterio del senso e del valore, anche durante la giovinezza è indispensabile la domanda sulla fine. L'esperienza umana, lasciata a se stessa, dice la stessa cosa della Sacra Scrittura: «E' stabilito che gli uomini muoiano una sola volta» (Eb 9,27). Lo scrittore ispirato aggiunge: «Dopo di che viene il giudizio». E Cristo dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv 11,25s). Domandate dunque a Cristo, come il giovane del Vangelo: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?».
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