... sulla morale e sulla coscienza
6. A questo interrogativo Gesù risponde:
«Tu conosci i comandamenti», e subito elenca questi comandamenti, che fan parte
del Decalogo. Li ricevette un giorno Mosè sul monte Sinai, al momento
dell'Alleanza di Dio con Israele. Essi furono scritti su tavole di pietra (cfr.
Es 34,1; Dt 9,10; 2Cor 3,3) e costituivano per ogni israelita l'indicazione
quotidiana della strada (cfr. Dt 4,5-9). Il giovane che parla con Cristo
conosce naturalmente a memoria, i comandamenti del Decalogo; può, anzi,
dichiarare con gioia: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia
giovinezza» (Mc 10, 20).
Dobbiamo presupporre che in quel dialogo che Cristo sviluppa
con ciascuno di voi, o giovani, si ripeta la stessa domanda: «Conosci i
comandamenti?». Essa si ripeterà infallibilmente, perché i comandamenti fanno
parte dell'Alleanza tra Dio e l'umanità. I comandamenti determinano le basi
essenziali del comportamento, decidono del valore morale degli atti umani,
rimangono in rapporto organico con la vocazione dell'uomo alla vita eterna, con
l'instaurazione del Regno di Dio negli uomini e tra gli uomini. Nella parola
della Rivelazione divina è inscritto il chiaro codice della moralità, di cui
rimangono punto-chiave le tavole del Decalogo del monte Sinai, ed il cui apice
si trova nel Vangelo: nel Discorso della montagna (cfr. Mt 5-7) e nel
comandamento dell'amore (Cfr. Mt 22,37-40; Mc 12,29-31; Lc 10,27).
Questo codice della moralità trova, al tempo stesso,
un'altra redazione. Esso è inscritto nella coscienza morale dell'umanità,
sicché coloro che non conoscono i comandamenti, cioè la legge rivelata da Dio,
«sono legge a se stessi» (cfr. Rm 2,14). Così scrive san Paolo nella Lettera ai
Romani, e subito aggiunge: «Essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto
nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza» (Rm
2,15).
Tocchiamo qui problemi di somma importanza per la vostra
giovinezza e per quel progetto di vita, che da essa emerge.
Questo progetto aderisce alla prospettiva della vita eterna
prima di tutto attraverso la verità delle opere, sulle quali verrà costruito.
La verità delle opere ha il suo fondamento in quella duplice redazione della
legge morale: quella che si trova scritta nelle tavole del Decalogo di Mosè e
nel Vangelo, e quella che si trova scolpita nella coscienza morale dell'uomo. E
la coscienza «si presenta come testimone» di quella legge, come scrive san
Paolo. Questa coscienza - secondo le parole della Lettera ai Romani - sono «i
ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono» (Rm 2,15). Ognuno sa quanto
queste parole corrispondano alla nostra realtà interiore: ciascuno di noi sin
dalla giovinezza sperimenta la voce della coscienza.
Quando dunque Gesù, nel colloquio col giovane, elenca i
comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire
falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre» (Mc 10,19), la
retta coscienza risponde con una reazione interiore alle rispettive opere
dell'uomo: essa accusa o difende. Bisogna, però, che la coscienza non sia
deviata; bisogna che la fondamentale formulazione dei principi della morale non
ceda alla deformazione ad opera di un qualsiasi relativismo o utilitarismo.
Cari giovani amici! La risposta, che Gesù dà al suo
interlocutore del Vangelo, è rivolta a ciascuno e a ciascuna di voi. Cristo vi
interroga circa lo stato della vostra consapevolezza morale, e vi interroga, al
tempo stesso, circa lo stato delle vostre coscienze. Questa è una
domanda-chiave per l'uomo: è l'interrogativo fondamentale della vostra
giovinezza, valevole per tutto il progetto di vita, che appunto deve formarsi
nella giovinezza. Il suo valore è quello più strettamente unito al rapporto che
ognuno di voi ha nei confronti del bene e del male morale. Il valore di questo
progetto dipende in modo essenziale dall'autenticità e dalla rettitudine della
vostra coscienza. Dipende anche dalla sua sensibilità.
In tal modo ci troviamo qui in un momento cruciale, in cui
ad ogni passo temporalità ed eternità si incontrano ad un livello che è proprio
dell'uomo. È il livello della coscienza, il livello dei valori morali: questa è
la più importante dimensione della temporalità e della storia. La storia,
infatti, viene scritta non solo dagli avvenimenti, che si svolgono in un certo
qual senso «dall'esterno», ma è scritta prima di tutto «dal di dentro»: è la
storia delle coscienze umane, delle vittorie o delle sconfitte morali. Qui
trova anche il suo fondamento l'essenziale grandezza dell'uomo: la sua dignità
autenticamente umana. Questo è quel tesoro interiore, per il quale l'uomo
supera di continuo se stesso nella direzione dell'eternità. Se è vero che «è
stabilito che gli uomini muoiano una sola volta», è anche vero che il tesoro
della coscienza, il deposito del bene e del male, l'uomo lo porta attraverso la
frontiera della morte, affinché, al cospetto di colui che è la santità stessa,
trovi l'ultima e definitiva verità su tutta la sua vita: «Dopo di che viene il
giudizio» (Eb 9,27).
Così appunto avviene nella coscienza: nella verità interiore
dei nostri atti, in un certo senso, è costantemente presente la dimensione
della vita eterna. E contemporaneamente la stessa coscienza, mediante i valori
morali, imprime il più espressivo sigillo nella vita delle generazioni, nella
storia e nella cultura degli ambienti umani, delle società, delle nazioni e
dell'intera umanità.
Quanto in questo campo dipende da ciascuna e da ciascuno di
voi!
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