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Ioannes Paulus PP. II
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«Seguimi»

 

8. Dall'esame del testo evangelico risulta che questo sguardo fu per così dire, la risposta di Cristo alla testimonianza che il giovane aveva dato della sua vita fino a quel momento ossia di aver agito secondo i comandamenti di Dio: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

Al tempo stesso, questo «sguardo d'amore» fu l'introduzione alla fase conclusiva della conversazione. Volendo seguire la redazione di Matteo, fu quel giovane stesso ad aprire questa fase, dato che non solo affermò la propria fedeltà nei confronti dei comandamenti del Decalogo, che caratterizzava tutta la sua precedente condotta, ma contemporaneamente pose una nuova domanda. Difatti chiese: «Che cosa mi manca ancora?» (Mt 19,20).

Questa domanda è molto importante. Indica che nella coscienza morale dell'uomo, e proprio dell'uomo giovane, che forma il progetto di tutta la sua vita, è nascosta l'aspirazione a un «qualcosa di più». Questa aspirazione si fa sentire in diversi modi, e noi possiamo notarla anche tra gli uomini che sembrano esser lontani dalla nostra religione.

Tra i seguaci delle religioni non cristiane, soprattutto del Buddhismo, dell'Induismo e dell'Islamismo, troviamo già da millenni schiere di uomini «spirituali», i quali spesso fin dalla giovinezza lasciano tutto per mettersi in stato di povertà e di purezza alla ricerca dell'Assoluto che sta oltre l'apparenza delle cose sensibili, si sforzano di acquistare lo stato di liberazione perfetta, si rifugiano in Dio con amore e confidenza, cercano di sottomettersi con tutta l'anima ai decreti nascosti di lui. Essi sono come spinti da una misteriosa voce interiore che risuona nel loro spirito, quasi echeggiando la parola di san Paolo: «Passa la scena di questo mondo» (1Cor 7,31) e li guida alla ricerca di cose più grandi e durature: «Cercate le cose di lassù» (Col 3,1). Essi tendono con tutte le forze verso la meta lavorando con serio tirocinio alla purificazione del loro spirito, giungendo talvolta a fare della propria vita una donazione d'amore alla divinità. Così facendo, si levano come un esempio vivente per i loro contemporanei, ai quali additano con la loro stessa condotta il primato dei valori eterni su quelli fuggevoli e talora ambigui offerti dalla società, in cui vivono.

Ma è nel Vangelo che l'aspirazione alla perfezione, a un «qualcosa di più» trova il suo esplicito punto di riferimento. Cristo nel Discorso della montagna conferma tutta la legge morale, al cui centro si trovano le tavole mosaiche dei dieci comandamenti; nello stesso tempo, però, egli conferisce a questi comandamenti un significato nuovo, evangelico. E tutto viene concentrato - come è già stato detto - intorno alla carità, non solo come comandamento, ma anche come dono: «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato» (Rm 5,5).

In questo nuovo contesto diventa anche comprensibile il programma delle otto Beatitudini, con cui si apre il Discorso della montagna nel Vangelo secondo Matteo (cfr. Mt 5,3-12).

In questo stesso contesto l'insieme dei comandamenti, che costituiscono il codice fondamentale della morale cristiana, viene completato dall'insieme dei consigli evangelici, nei quali in modo speciale si esprime e si concretizza la chiamata di Cristo alla perfezione, che è chiamata alla santità.

Quando il giovane chiede intorno al «di più»: «Che cosa mi manca ancora?», Gesù lo fissa con amore, e questo amore trova qui un nuovo significato. L'uomo viene portato interiormente, per mano dello Spirito Santo, da una vita secondo i comandamenti ad una vita nella consapevolezza del dono, e lo sguardo pieno di amore di Cristo esprime questo «passaggio» interiore. E Gesù dice: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21).

Sì, miei amati giovani amici! L'uomo, il cristiano è capace di vivere nella dimensione del dono. Anzi, questa dimensione non solo è «superiore» alla dimensione dei soli obblighi morali noti dai comandamenti, ma è anche «più profonda» di essa e più fondamentale. Essi testimonia una più piena espressione di quel progetto di vita, che costruiamo già nella giovinezza. La dimensione del dono crea anche il profilo maturo di ogni vocazione umana e cristiana, come verrà detto in seguito.

In questo momento desidero, tuttavia, parlarvi del particolare significato delle parole, che Cristo disse a quel giovane. E ciò faccio nella convinzione che Cristo le rivolga nella Chiesa ad alcuni suoi giovani interlocutori di ogni generazione. Anche della nostra. Quelle sue parole significano allora una particolare vocazione nella comunità del Popolo di Dio. La Chiesa trova il «seguimi» di Cristo (cfr. Mc 10,21; Gv 1,43; 21,23) all'inizio di ogni chiamata al servizio nel sacerdozio ministeriale, il che simultaneamente nella Chiesa cattolica latina è unito alla consapevole e libera scelta del celibato. La Chiesa trova lo stesso «seguimi» di Cristo all'inizio della vocazione religiosa, nella quale mediante la professione dei consigli evangelici (castità, povertà e obbedienza) un uomo o una donna riconoscono come proprio il programma di vita che Cristo stesso realizzò sulla terra, per il Regno di Dio (cfr. Mt 19,12). Emettendo i voti religiosi, tali persone si impegnano a dare una particolare testimonianza dell'amore di Dio sopra ogni cosa ed insieme di quella chiamata all'unione con Dio nell'eternità, che è rivolta a tutti. C'è, tuttavia, bisogno che alcuni ne diano una testimonianza eccezionale davanti agli altri.

Mi limito solo a menzionare questi argomenti nella presente Lettera, perché essi sono stati già presentati ampiamente altrove ed anche più volte (Redemptionis Donum). Io li ricordo, perché nel contesto del colloquio di Cristo col giovane essi acquistano una particolare chiarezza, specialmente l'argomento della povertà evangelica. Li ricordo anche perché la chiamata «seguimi» di Cristo, proprio in questo senso eccezionale e carismatico, si fa sentire il più delle volte già nel periodo della giovinezza; a volte si avverte addirittura nel periodo dell'infanzia.

E' per questo che desidero dire a tutti voi, giovani, in questa importante fase dello sviluppo della vostra personalità femminile o maschile: se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti! «La messe, infatti, è molta» (Mt 9,37). C'è un enorme bisogno di molti che siano raggiunti dalla chiamata di Cristo: «Seguimi». C'è un enorme bisogno di sacerdoti secondo il cuore di Dio, e la Chiesa e il mondo d'oggi hanno un enorme bisogno di una testimonianza di vita donata senza riserva a Dio: della testimonianza di un tale amore sponsale di Cristo stesso, che in modo particolare renda presente tra gli uomini il Regno di Dio e lo avvicini al mondo.

Permettetemi, dunque, di completare ancora le parole di Cristo Signore sulla messe che è molta. Sì, è molta questa messe del Vangelo, questa messe della salvezza!... «Ma gli operai sono pochi!». Forse oggi ciò si risente più che in passato, specialmente in alcuni paesi, come anche in alcuni istituti di vita consacrata e simili.

«Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe» (Mt 9,37), continua Cristo. E queste parole, specialmente ai nostri tempi, diventano un programma di preghiera e di azione in favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. Con questo programma la Chiesa si rivolge a voi, ai giovani. Anche voi: chiedete! E se il frutto di questa preghiera della Chiesa nascerà nel profondo del vostro cuore, ascoltate il Maestro che dice: «Seguimi».

 




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