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Ioannes Paulus PP. II
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  • Eredità
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Eredità

 

11. Nel vasto ambito nel quale il progetto di vita, elaborato nella giovinezza, s'incontra con «gli altri», abbiamo toccato il punto più nevralgico. Consideriamo ancora che questo punto centrale, nel quale il nostro «io» personale si apre verso la vita «con gli altri» e «per gli altri» nell'alleanza matrimoniale, trova nella Sacra Scrittura una parola molto significativa: «L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie» (Gen 2,24; cfr. Mt 19,5).

Quell'«abbandonerà» merita una particolare attenzione. La storia dell'umanità passa sin dall'inizio - e passerà sino alla fine - attraverso la famiglia. L'uomo entra in essa mediante la nascita che deve ai genitori: al padre e alla madre, per abbandonare poi al momento opportuno questo primo ambiente di vita e di amore e passare al nuovo. «Abbandonando il padre e la madre», ognuno e ognuna di voi contemporaneamente, in un certo senso li porta dentro con sé, assume la molteplice eredità, che in loro e nella loro famiglia ha il suo diretto inizio e la sua fonte. In questo modo, anche abbandonando, ognuno di voi rimane: l'eredità che assume lo lega stabilmente con coloro che l'hanno trasmessa a lui ed ai quali tanto deve. E egli stesso - lei e lui - continuerà a trasmettere la stessa eredità. Perciò, anche il quarto comandamento del Decalogo possiede una così grande importanza: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20,12; Dt 5,16; Mt 15,4).

Si tratta qui, prima di tutto, del retaggio di essere uomo e, successivamente, di essere uomo in una più definita situazione personale e sociale. In questo ha la sua parte persino la somiglianza fisica nei riguardi dei genitori. Ancor più importante di questo è l'intero retaggio della cultura, al centro del quale si trova quasi quotidianamente la lingua. I genitori hanno insegnato a ciascuno di voi a parlare quella lingua, che costituisce l'espressione essenziale del legame sociale con altri uomini. Esso è determinato da confini più ampi della famiglia stessa oppure di un certo ambiente. Questi sono i confini almeno di una tribù e il più delle volte i confini di un popolo o di una nazione, nella quale siete nati.

In questo modo l'eredità familiare si estende. Attraverso l'educazione familiare partecipate ad una determinata cultura, partecipate anche alla storia del vostro popolo o nazione. Il legame familiare significa insieme l'appartenenza ad una comunità più grande della famiglia, e ancora un'altra base di identità della persona. Se la famiglia è la prima educatrice di ognuno di voi, al tempo stesso - mediante la famiglia - educatrice è la tribù, il popolo o la nazione, con cui siamo legati per l'unità della cultura, della lingua e della storia.

Questo retaggio costituisce, altresì, una chiamata in senso etico. Ricevendo la fede ed ereditando i valori e contenuti che costituiscono l'insieme della cultura della sua società, della storia della sua nazione, ciascuno e ciascuna di voi viene dotato spiritualmente nella sua individuale umanità. Ritorna qui la parabola dei talenti, che riceviamo dal Creatore per il tramite dei nostri genitori e delle nostre famiglie, ed anche della comunità nazionale, alla quale apparteniamo. Nei riguardi di questa eredità noi non possiamo mantenere un atteggiamento passivo, o addirittura rinunciatario, come fece l'ultimo di quei servi che sono nominati nella parabola dei talenti (cfr. Mt 25,14-30; Lc 19,12-26). Noi dobbiamo fare tutto ciò di cui siamo capaci, per assumere questo retaggio spirituale, per confermarlo, mantenerlo e incrementarlo. Questo è un compito importante per tutte le società, specialmente forse per quelle che si trovano all'inizio della loro esistenza autonoma, oppure per quelle che devono difendere dal pericolo di distruzione dall'esterno o di decomposizione dall'interno questa stessa esistenza e l'essenziale identità della propria nazione.

Scrivendo a voi, giovani, io cerco di avere davanti agli occhi dell'anima la complessa e distinta situazione delle tribù, dei popoli e delle nazioni sul nostro globo terrestre. La vostra giovinezza ed il progetto di vita, che durante la giovinezza ciascuno e ciascuna di voi elabora, sono sin dall'inizio inseriti nella storia di queste diverse società, e ciò avviene non «dall'esterno», ma eminentemente «dall'interno». Questo diventa per voi una questione di consapevolezza familiare e, conseguentemente, nazionale: una questione di cuore, una questione di coscienza. Il concetto di «patria» si sviluppa in immediata contiguità col concetto di «famiglia» e, in un certo senso, l'uno nell'ambito dell'altro. E voi gradualmente, sperimentando questo legame sociale, che è più ampio del legame familiare, iniziate anche a partecipare alla responsabilità per il bene comune di quella più grande famiglia, che è la «patria» terrena di ciascuno e di ciascuna di voi. Le eminenti figure della storia, antica o contemporanea, di una nazione guidano anche la vostra giovinezza, e favoriscono lo sviluppo di quell'amore sociale, che più spesso viene chiamato «amor patrio».

 




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