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Ioannes Paulus PP. II
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  • La giovinezza come «crescita»
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La giovinezza come «crescita»

 

14. Permettetemi di concludere questa parte delle mie considerazioni ricordando le parole, con le quali il Vangelo parla della giovinezza stessa di Gesù di Nazareth. Esse sono brevi, anche se coprono il periodo dei trent'anni da lui trascorsi nella casa di famiglia, a fianco di Maria e di Giuseppe, il carpentiere. L'evangelista Luca scrive: E Gesù cresceva (o progrediva) in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).

Così dunque la giovinezza è una «crescita». Alla luce di tutto ciò che è stato detto finora su questo tema, tale parola evangelica sembra essere particolarmente sintetica e suggestiva. La crescita «in età» si riferisce al naturale rapporto dell'uomo col tempo: questa crescita è come una tappa «ascendente» nell'insieme del passaggio umano. A questo corrisponde tutto lo sviluppo psico-fisico: è la crescita di tutte le energie, per meno delle quali si costituisce la normale individualità umana. Ma bisogna che a questo processo corrisponda la crescita «in sapienza e in grazia».

A voi tutti, cari giovani amici, auguro proprio una tale «crescita». Si può dire che per mezzo di essa la giovinezza è proprio la giovinezza. In questo modo essa acquista la sua propria, irripetibile caratteristica. In questo modo essa viene data a ciascuno e ciascuna di voi, nell'esperienza personale ed insieme comunitaria, come uno speciale valore. E in modo simile essa si consolida anche nell'esperienza degli uomini adulti, che hanno ormai la giovinezza dietro di sé, e che dalla tappa «ascendente» si spostano verso quella «discendente» facendo il bilancio globale della vita.

Bisogna che la giovinezza sia una «crescita», che porti con sé il graduale accumulo di tutto ciò che è vero, che è buono e che è bello, perfino quando essa sia «dall'esterno» unita alle sofferenze, alla perdita di persone care ed a tutta l'esperienza del male, che incessantemente si fa sentire nel mondo in cui viviamo.

Bisogna che la giovinezza sia una «crescita». A questo fine è di enorme importanza il contatto col mondo visibile, quello con la natura. Questo rapporto ci arricchisce durante la giovinezza in modo diverso da quello della scienza sul mondo «attinta dai libri». Ci arricchisce in modo diretto. Si potrebbe dire che, rimanendo in contatto con la natura, noi assumiamo nella nostra esistenza umana il mistero stesso della creazione, che si scopre davanti a noi con inaudita ricchezza e varietà di esseri visibili e, al tempo stesso, costantemente invita verso ciò che è nascosto, che è invisibile. La sapienza - sia per bocca dei libri ispirati (cfr. Sal 104[103]; Sal 19[18]; Sap 13,1-9; 7,15-20), come del resto con la testimonianza di molte menti geniali - sembra mettere in evidenza in diversi modi «la trasparenza del mondo». È bene per l'uomo leggere in questo mirabile libro qual è il «libro della natura», spalancato per ognuno di noi. Ciò che una giovane mente e un giovane cuore leggono in esso sembra essere sincronizzato profondamente con l'esortazione alla sapienza: «Acquista la sapienza, acquista l'intelligenza ... Non abbandonarla, ed essa ti custodirà; amala, e veglierà su di te» (Pr 4,5s).

L'uomo d'oggi, specialmente nell'ambito della civiltà tecnica ed industriale altamente sviluppata, è divenuto su grande scala l'esploratore della natura, trattandola non di rado in modo utilitario, distruggendo così molte delle ricchezze e delle sue attrattive ed inquinando l'ambiente naturale della sua esistenza terrena. La natura, invece, è data all'uomo anche come oggetto di ammirazione e di contemplazione, come un grande specchio del mondo. Si riflette in essa l'alleanza del Creatore con la sua creatura, il cui centro sin dall'inizio si trova nell'uomo, creato direttamente «ad immagine» del suo Creatore.

E perciò auguro anche a voi, giovani, che la vostra crescita «in età e in sapienza» avvenga mediante il contatto con la natura. Abbiate tempo per questo! Non lo risparmiate! Accettate anche la fatica e lo sforzo che questo contatto a volte comporta, specialmente quando desideriamo raggiungere obiettivi particolarmente rilevanti. Questa fatica è creativa, costituisce insieme l'elemento di un sano riposo, che è necessario al pari dello studio e del lavoro.

Questa fatica e questo sforzo possiedono anche una loro classificazione biblica, specialmente in san Paolo, il quale paragona tutta la vita cristiana ad una gara nello stadio sportivo (1Cor 9,24-27).

A ciascuna e a ciascuno di voi sono necessari questa fatica e questo sforzo, in cui non solo si tempra il corpo, ma tutto l'uomo prova la gioia di dominarsi e di superare gli ostacoli e le resistenze. Certamente, è questo uno degli elementi della «crescita», che caratterizza la giovinezza.

Vi auguro, altresì, che questa «crescita» avvenga mediante il contatto con le opere dell'uomo e, ancor più, con gli uomini viventi. Quante sono le opere che gli uomini hanno compiuto nella storia! Quanto grande è la loro ricchezza e varietà! La giovinezza sembra essere particolarmente sensibile alla verità, al bene e alla bellezza, che sono contenute nelle opere dell'uomo. Rimanendo in contatto con loro sul terreno di tante culture diverse, di tante arti e di tante scienze, noi impariamo la verità sull'uomo (espressa così suggestivamente anche nel Salmo 8), la verità che è in grado di formare e di approfondire l'umanità di ciascuno di noi.

In maniera particolare, però, noi studiamo l'uomo, avendo rapporti con gli uomini. Bisogna che la giovinezza vi permetta di crescere «in sapienza» mediante questo contatto. È questo, infatti, il tempo in cui si instaurano nuovi contatti, compagnie ed amicizie, in un ambito più vasto della sola famiglia. Si schiude il grande campo dell'esperienza, che possiede non solo un'importanza conoscitiva, ma al tempo stesso anche educativa ed etica. Tutta questa esperienza della giovinezza sarà utile, allorché produrrà in ciascuno e in ciascuna di voi anche il senso critico e, innanzitutto, la capacità del discernimento nel campo di tutto ciò che è umano. Benedetta sarà questa esperienza della giovinezza, se da essa imparerete gradualmente quell'essenziale verità sull'uomo - su ogni uomo e su se stessi -, la verità che viene così sintetizzata nell'insigne testo della Costituzione pastorale «Gaudium et Spes»: «L'uomo, il quale sulla terra è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé» (Gaudium et Spes, 24).

Così dunque impariamo a conoscere gli uomini, per essere più pienamente uomini mediante la capacità di «donarsi»; essere uomo «per gli altri». Una tale verità sull'uomo - una tale antropologia - trova il suo apice irraggiungibile in Gesù di Nazareth. E perciò è così importante anche la sua adolescenza, mentre «cresceva in sapienza ... e grazia davanti a Dio e agli uomini».

Vi auguro anche questa «crescita» mediante il contatto con Dio. Può servire per esso - in senso indiretto - anche il contatto con la natura e con gli uomini; ma in modo diretto serve per esso specialmente la preghiera. Pregate ed imparate a pregare! Aprite i vostri cuori e le vostre coscienze davanti a colui che vi conosce meglio di voi stessi. Parlate con lui! Approfondite la Parola del Dio vivo, leggendo e meditando la Sacra Scrittura.

Sono questi i metodi e i mezzi per avvicinarsi a Dio ed aver contatto con lui. Ricordate che si tratta di un rapporto reciproco. Dio risponde anche col più «gratuito dono di sé», dono che nel linguaggio biblico si chiama «grazia». Cercate di vivere in grazia di Dio!

Questo per quanto riguarda il tema della «crescita», di cui scrivo segnalando solamente i principali problemi. Ognuno di essi, infatti, è suscettibile di una più ampia discussione. Spero che ciò stia avvenendo nei diversi ambienti giovanili e gruppi, nei movimenti e nelle organizzazioni, che sono così numerosi nei diversi paesi e nei singoli continenti, mentre ognuno viene guidato dal suo proprio metodo di lavoro spirituale e di apostolato. Questi organismi, con la partecipazione dei Pastori della Chiesa, desiderano indicare ai giovani la via di quella «crescita», che costituisce, in un certo senso, la definizione evangelica della giovinezza.

 




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