Testo
1. Alle illustri figure dei santi Cirillo
e Metodio si rivolgono di nuovo i pensieri ed i cuori in quest'anno in cui
ricorrono due centenari particolarmente significativi. Si compiono infatti
cent'anni dalla pubblicazione della lettera enciclica «Grande Munus» del 30
settembre 1880, con la quale il grande pontefice Leone XIII ricordava a tutta
la Chiesa le figure e l'attività apostolica di questi due santi e, al tempo
stesso, ne introduceva la festività liturgica nel calendario della Chiesa
cattolica (Leonis XIII «Acta», vol. II, pp. 125-137). Ricorre inoltre l'XI
centenario della lettera «Industriae Tuae» (cfr. «Magna Moraviae Fontes
Historici», t. III, Brno 1969, pp. 197-208), inviata dal mio predecessore
Giovanni VIII al principe Svatopluk nel giugno dell'anno 880, nella quale
veniva lodato e raccomandato l'uso della lingua slava nella liturgia, affinché
«in quella lingua fossero proclamate le lodi e le opere di Cristo nostro
Signore» (cfr. «Magna Moraviae Fontes Historici», t. III, Brno 1969, p. 207).
Cirillo e Metodio, fratelli, greci, nativi di Tessalonica,
la città dove visse e operò san Paolo, fin dall'inizio della loro vocazione,
entrarono in stretti rapporti culturali e spirituali con la Chiesa patriarcale
di Costantinopoli, allora fiorente per cultura e attività missionaria alla cui
alta scuola essi si formarono (cfr. «Costantinus et Methodius Thessalonicenses, Fontes»). Entrambi
avevano scelto lo stato religioso unendo i doveri della vocazione religiosa con
il servizio missionario, di cui diedero una prima testimonianza recandosi ad
evangelizzare i Cazari della Crimea.
La loro preminente opera evangelizzatrice fu, tuttavia, la
missione nella Grande Moravia tra i popoli, che abitavano allora la penisola
balcanica e le terre percorse dal Danubio; essa fu intrapresa su richiesta del
principe di Moravia Roscislaw, presentata all'imperatore e alla Chiesa di
Costantinopoli. Per corrispondere alle necessità del loro servizio apostolico
in mezzo ai popoli slavi tradussero nella loro lingua i libri sacri a scopo
liturgico e catechetico, gettando con questo le basi di tutta la letteratura
nelle lingue dei medesimi popoli. Giustamente perciò essi sono considerati non
solo gli apostoli degli slavi ma anche i padri della cultura tra tutti questi
popoli e tutte queste nazioni, per i quali i primi scritti della lingua slava
non cessano di essere il punto fondamentale di riferimento nella storia della
loro letteratura.
Cirillo e Metodio svolsero il loro servizio missionario in
unione sia con la Chiesa di Costantinopoli, dalla quale erano stati mandati,
sia con la sede romana di Pietro, dalla quale furono confermati, manifestando
in questo modo l'unità della Chiesa, che durante il periodo della loro vita e
della loro attività non era colpita dalla sventura della divisione tra
l'oriente e l'occidente, nonostante le gravi tensioni, che, in quel tempo,
segnarono le relazioni fra Roma e Costantinopoli.
A Roma Cirillo e Metodio furono accolti con onore dal Papa e
dalla Chiesa romana e trovarono approvazione e appoggio per tutta la loro opera
apostolica ed anche per la loro innovazione di celebrare la liturgia nella
lingua slava, osteggiata in alcuni ambienti occidentali. A Roma concluse la sua
vita Cirillo (14 febbraio 869) e fu sepolto nella Chiesa di san Clemente,
mentre Metodio fu dal Papa ordinato arcivescovo dell'antica sede di Sirmio e fu
inviato in Moravia per continuarvi la sua provvidenziale opera apostolica,
proseguita con zelo e coraggio insieme ai suoi discepoli e in mezzo al suo
popolo sino al termine della sua vita (6 aprile 885).
2. Cento anni fa il papa Leone XIII con
l'enciclica «Grande Munus» ricordò a tutta la Chiesa gli straordinari meriti
dei santi Cirillo e Metodio per la loro opera di evangelizzazione degli slavi.
Dato però che in quest'anno la Chiesa ricorda solennemente il 1500 anniversario
della nascita di san Benedetto, proclamato nel 1964 dal mio venerato
predecessore, Paolo VI, patrono d'Europa, è parso che questa protezione nei
riguardi di tutta l'Europa sarà meglio messa in risalto, se alla grande opera
del santo patriarca d'occidente aggiungeremo i particolari meriti dei due santi
fratelli, Cirillo e Metodio. A favore di questo ci sono molteplici ragioni di
natura storica, sia di quella passata come di quella contemporanea, che hanno
la loro garanzia sia teologica che ecclesiale, come pure culturale nella storia
del nostro continente europeo. E perciò prima ancora che si chiuda quest'anno
dedicato al particolare ricordo di san Benedetto, desidero che per il
centenario della enciclica leoniana, si valorizzino tutte queste ragioni,
mediante la presente proclamazione dei santi Cirillo e Metodio a compatroni
d'Europa.
3. L'Europa, infatti, nel suo insieme
geografico è per così dire frutto dell'azione di due correnti di tradizioni
cristiane, alle quali si aggiungono anche due diverse, ma al tempo stesso
profondamente complementari, forme di cultura. San Benedetto, il quale con il
suo influsso ha abbracciato non solo l'Europa, prima di tutto occidentale e
centrale, ma mediante i centri benedettini è arrivato anche negli altri
continenti, si trova al centro stesso di quella corrente che parte da Roma,
dalla sede dei successori di san Pietro. I santi fratelli da Tessalonica
mettono in risalto prima il contributo dell'antica cultura greca e, in seguito,
la portata dell'irradiazione della Chiesa di Costantinopoli e della tradizione
orientale, la quale si è così profondamente iscritta nella spiritualità e nella
cultura di tanti popoli e nazioni nella parte orientale del continente europeo.
Poiché oggi, dopo secoli di divisione della Chiesa tra
oriente e occidente, tra Roma e Costantinopoli a partire dal Concilio Vaticano
II sono stati intrapresi passi decisivi nella direzione della piena comunione,
pare che la proclamazione dei santi Cirillo e Metodio a compatroni d'Europa,
accanto a san Benedetto, corrisponda pienamente ai segni del nostro tempo.
Specialmente se ciò avviene nell'anno nel quale le due Chiese, cattolica ed
ortodossa, sono entrate nella tappa di un decisivo dialogo, che si è iniziato
nell'isola di Patmos, legata alla tradizione di san Giovanni apostolo ed
evangelista. Pertanto questo atto intende anche rendere memorabile tale data.
Questa proclamazione vuole in pari tempo essere una
testimonianza, per gli uomini del nostro tempo, della preminenza dell'annuncio
del Vangelo, affidato da Gesù Cristo alle Chiese, per il quale hanno faticato i
due fratelli apostoli degli slavi. Tale annuncio è stato via e strumento di
reciproca conoscenza e di unione fra i diversi popoli dell'Europa nascente, ed
ha assicurato all'Europa di oggi un comune patrimonio spirituale e culturale.
4. Auspico, quindi, che per opera della
misericordia della santissima Trinità, per l'intercessione della Madre di Dio e
di tutti i santi, sparisca ciò che divide le Chiese come pure i popoli e le
nazioni; e le diversità di tradizioni e di cultura dimostrino invece il
reciproco completamento di una comune ricchezza.
Che la consapevolezza di questa spirituale ricchezza,
diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del continente
europeo, aiuti le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco
rispetto dei giusti diritti di ogni nazione e nella pace, non cessando di
rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l'umanità e al futuro
dell'uomo su tutta la terra.
Pertanto, con sicura cognizione e mia matura deliberazione,
nella pienezza della potestà apostolica, in forza di questa lettera ed in
perpetuo costituisco e dichiaro celesti compatroni di tutta l'Europa presso Dio
i santi Cirillo e Metodio, concedendo inoltre tutti gli onori ed i privilegi
liturgici che competono, secondo il diritto, ai patroni principali dei luoghi.
Pace agli uomini di buona volontà!
Dato a Roma, presso san Pietro, sotto
l'«anello del pescatore», il giorno 31 del mese di dicembre dell'anno 1980,
terzo di Pontificato.
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