Prime testimoni della Risurrezione
16. Sin dall'inizio della missione di
Cristo la donna mostra verso di Lui e verso il suo mistero una speciale sensibilità
che corrisponde ad una caratteristica della sua femminilità. Occorre
dire, inoltre, che ciò trova particolare conferma in relazione al mistero
pasquale, non solo al momento della croce, ma anche all'alba della
risurrezione. Le donne sono le prime presso la tomba. Sono le prime a
trovarla vuota. Sono le prime ad udire: «Non è qui. E risorto, come
aveva detto» (Mt 28, 6). Sono le prime a stringergli i piedi (cf. Mt 28,
9). Sono anche chiamate per prime ad annunciare questa verità agli apostoli
(cf. Mt 28, 1-10; Lc 24, 8-11). Il Vangelo di Giovanni (cf.
anche Mc 16, 9) mette in rilievo il ruolo particolare di Maria di
Magdala. È la prima ad incontrare il Cristo risorto. All'inizio crede che
sia il custode del giardino: lo riconosce solo quando egli la chiama per nome.
«Gesù le disse: "Maria". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse
in ebraico: "Rabbuní!", che significa: "Maestro". Gesù le
disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va'
dai miei fratelli e di loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e
Dio vostro". Maria di Magdala andò subito ad annunciare ai discepoli:
"Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto» (Gv 20,
16-18).
Per questo essa venne anche chiamata «la apostola degli
apostoli»38, Maria di Magdala fu la testimone oculare del Cristo
risorto prima degli apostoli e, per tale ragione, fu anche la prima a
rendergli testimonianza davanti agli apostoli. Questo evento, in un certo
senso, corona tutto ciò che è stato detto in precedenza sull'affidamento delle
verità divine da parte di Cristo alle donne, al pari degli uomini. Si può dire
che in questo modo si sono compiute le parole del Profeta: «Io effonderò il
mio spirito sopra ogni uomo, e diverranno profeti i vostri figli e le
vostre figlie» (Gl 3, 1). Nel cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di
Cristo, queste parole trovano ancora una volta conferma nel cenacolo di
Gerusalemme, durante la discesa dello Spirito Santo, il Paraclito (cf. At 2,
17).
Quanto è stato detto finora circa l'atteggiamento di Cristo
nei riguardi delle donne conferma e chiarisce nello Spirito Santo la verità
sulla eguaglianza dei due _ uomo e donna. Si deve parlare di un'essenziale
«parità»: poiché tutt'e due _ la donna come l'uomo _ sono creati ad immagine e
somiglianza di Dio, tutt'e due sono suscettibili in eguale misura
dell'elargizione della verità divina e dell'amore nello Spirito Santo. Ambedue
accolgono le sue «visite» salvifiche e santificanti.
Il fatto di essere uomo o donna non comporta qui nessuna
limitazione, così come non limita per nulla quella azione salvifica e
santificante dello Spirito nell'uomo il fatto di essere giudeo o greco, schiavo
o libero, secondo le ben note parole dell'apostolo: «Poiché tutti voi siete uno
in Cristo Gesù» (Gal 3, 28). Questa unità non annulla la diversità. Lo
Spirito Santo, che opera una tale unità nell'ordine soprannaturale della grazia
santificante, contribuisce in eguale misura al fatto che «diventano profeti i
vostri figli», e che lo diventano anche «le vostre figlie». «Profetizzare»
significa esprimere con la parola e con la vita «le grandi opere di Dio» (cf.
At 2, 11), conservando la verità e l'originalità di ogni persona, sia
donna che uomo. L'«eguaglianza»evangelica, la «parità» della donna e dell'uomo
nei riguardi delle «grandi opere di Dio», quale si è manifestata in modo così
limpido nelle opere e nelle parole di Gesù di Nazareth, costituisce la base più
evidente della dignità e della vocazione della donna nella Chiesa e nel mondo.
Ogni vocazione ha un senso profondamente personale e profetico. Nella
vocazione così intesa ciò che è personalmente femminile raggiunge una nuova
misura: è la misura delle «grandi opere di Dio», delle quali la donna diventa
soggetto vivente ed insostituibile testimone.
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