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Ioannes Paulus PP. II
Novo millennio ineunte

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  • II – Un volto da contemplare
    • La profondità del mistero
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La profondità del mistero

21. Il Verbo e la carne, la gloria divina e la sua tenda tra gli uomini! E nell'unione intima e indissociabile di queste due polarità che sta l'identità di Cristo, secondo la formulazione classica del Concilio di Calcedonia (a. 451): « una persona in due nature ». La persona è quella, e solo quella, del Verbo eterno, figlio del Padre. Le due nature, senza confusione alcuna, ma anche senza alcuna possibile separazione, sono quella divina e quella umana. 10

Siamo consapevoli della limitatezza dei nostri concetti e delle nostre parole. La formula, pur sempre umana, è tuttavia attentamente calibrata nel suo contenuto dottrinale e ci consente di affacciarci, in qualche modo, sull'abisso del mistero. Sì, Gesù è vero Dio e vero uomo! Come l'apostolo Tommaso, la Chiesa è continuamente invitata da Cristo a toccare le sue piaghe, a riconoscerne cioè la piena umanità assunta da Maria, consegnata alla morte, trasfigurata dalla risurrezione: « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato » (Gv 20,27). Come Tommaso la Chiesa si prostra adorante davanti al Risorto, nella pienezza del suo splendore divino, e perennemente esclama: « Mio Signore e mio Dio! » (Gv 20,28).

22. « Il Verbo si è fatto carne » (Gv 1,14). Questa folgorante presentazione giovannea del mistero di Cristo è confermata da tutto il Nuovo Testamento. In questa linea si pone anche l'apostolo Paolo quando afferma che il Figlio di Dio è « nato dalla stirpe di Davide secondo la carne » (Rm 1,3; cfr 9,5). Se oggi, col razionalismo che serpeggia in tanta parte della cultura contemporanea, è soprattutto la fede nella divinità di Cristo che fa problema, in altri contesti storici e culturali ci fu piuttosto la tendenza a sminuire o dissolvere la concretezza storica dell'umanità di Gesù. Ma per la fede della Chiesa è essenziale e irrinunciabile affermare che davvero il Verbo « si è fatto carne » ed ha assunto tutte le dimensioni dell'umano, tranne il peccato (cfr Eb 4,15). In questa prospettiva, l'Incarnazione è veramente una kenosi, uno « spogliarsi », da parte del Figlio di Dio, di quella gloria che egli possiede dall'eternità (cfr Fil 2,6‑8; 1 Pt 3,18).

D'altra parte, questo abbassamento del Figlio di Dio non è fine a se stesso; tende piuttosto alla piena glorificazione di Cristo, anche nella sua umanità: « Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre » (Fil 2,9‑11).

23. « Il tuo volto, Signore, io cerco » (Sal 27[26], 8). L'antico anelito del Salmista non poteva ricevere esaudimento più grande e sorprendente che nella contemplazione del volto di Cristo. In lui veramente Dio ci ha benedetti, e ha fatto « splendere il suo volto » sopra di noi (cfr Sal 67[66], 3). Al tempo stesso, Dio e uomo qual è, egli ci rivela anche il volto autentico dell'uomo, « svela pienamente l'uomo all'uomo ».11

Gesù è « l'uomo nuovo » (Ef 4,24; cfr Col 3,10) che chiama a partecipare alla sua vita divina l'umanità redenta. Nel mistero dell'Incarnazione sono poste le basi per un'antropologia che può andare oltre i propri limiti e le proprie contraddizioni, muovendosi verso Dio stesso, anzi, verso il traguardo della « divinizzazione », attraverso l'inserimento in Cristo dell'uomo redento, ammesso all'intimità della vita trinitaria. Su questa dimensione soteriologica del mistero dell'Incarnazione i Padri hanno tanto insistito: solo perché il Figlio di Dio è diventato veramente uomo, l'uomo può, in lui e attraverso di lui, divenire realmente figlio di Dio. 12




10 « Seguendo i santi Padri, all'unanimità, noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo [...] uno e medesimo Cristo Signore unigenito, da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili [...] egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo figlio, unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo »: DS 301302.



11 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.



12 Osserva a tal proposito sant'Atanasio: « L'uomo non poteva essere divinizzato rimanendo unito a una creatura, se il Figlio non fosse vero Dio », Discorso II contro gli Ariani 70: PG 26, 425 B426 G.






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