III
- «Cristo è tutto per noi» 38
17.
L'Anno Santambrosiano coincide con il periodo che, nell'itinerario di
preparazione al Giubileo, sarà « dedicato alla riflessione su Cristo,
Verbo del Padre, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo. Occorre infatti
porre in luce il carattere spiccatamente cristologico del Giubileo, che
celebrerà l'Incarnazione del Figlio di Dio, mistero di salvezza per tutto il
genere umano ». 39
Nella
scia del Concilio di Nicea, di cui fu energico difensore, sant'Ambrogio è stato
un riconosciuto maestro della dottrina cristologica e trinitaria.
L'insegnamento del Vescovo di Milano ha in Cristo il suo centro unificante; da
Lui riceve il suo splendore teologico e la sua forza di attrazione per la vita
spirituale. Ripercorrerne i punti salienti è perciò di particolare significato
anche per la preparazione al Millennio che viene.
18.
In molti suoi scritti, a partire dalla triade De fide, De Spiritu
Sancto e De incarnationis dominicae sacramento, Ambrogio espone il
suo insegnamento sulla Trinità, sulla quale propone lucide considerazioni
che serviranno da modello nell'ulteriore sviluppo della teologia trinitaria in
Occidente, senza tuttavia dimenticare che il mistero di Dio supera sempre la
nostra comprensione e le nostre affermazioni. 40 « Abbiamo infatti
appreso che vi è una distinzione tra "il Padre e il Figlio e lo Spirito
Santo" (Mt 28, 19), non una confusione; una distinzione, non una
separazione; una distinzione, non una pluralità; [...] per divino e mirabile
mistero il Padre sussiste sempre, sempre sussiste il Figlio, sempre lo Spirito
Santo [...]. Conosciamo la distinzione, ma ignoriamo i segreti; non indaghiamo
le cause, custodiamo i misteri ». 41
Riguardo
al Figlio, Ambrogio ricorda che egli « è sempre col Padre, sempre nel Padre »;
42 dal Padre, fonte dell'essere, egli viene generato: « Questi segni
caratterizzano il Figlio di Dio in modo tale che da essi tu ricavi che il Padre
è eterno, e ugualmente il Figlio non è diverso da lui; dal Padre è il Figlio;
da Dio è il Verbo; riflesso della sua gloria, impronta della sua sostanza,
specchio della maestà di Dio, immagine della sua bontà; sapienza che proviene
da colui che è sapiente; potenza da colui che è forte; verità da colui che è
vero; vita da colui che è vivo ». 43
Cristo
viene nel mondo per rivelare il Padre: « Egli è l'eterno splendore dell'anima,
che il Padre ha mandato sulla terra proprio per questo: per darci la
possibilità di contemplare, nella luce del suo volto, le realtà eterne e
celesti, prima a noi precluse dalla caligine che ci opprimeva ». 44
19.
Sant'Ambrogio ha una visione unitaria del piano divino della salvezza:
preannunziato da Dio nell'Antico Patto, esso è stato realizzato nel Nuovo con
la venuta di Cristo, che ha rivelato al mondo il volto del Padre e la luce
della Trinità. Il Cristo Redentore è anzi già velatamente significato
nell'opera stessa della creazione, in quel riposo che Dio si concede dopo aver
creato l'uomo. « A questo punto, osserva Ambrogio, Dio si è riposato, avendo un
essere cui rimettere i peccati. O forse già allora si preannunciò il mistero
della futura passione del Signore, col quale si rivelò che Cristo avrebbe
riposato nell'uomo, egli che predestinava a se stesso un corpo umano per la
redenzione dell'uomo ». 45 Il riposo di Dio prefigurava quello di
Cristo in croce nella morte redentrice; e la passione del Signore veniva così a
collocarsi dall'inizio, in un progetto di universale misericordia, come il
senso e il fine della creazione stessa.
20.
Del mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, Ambrogio parla con
l'ardore di uno che è stato letteralmente afferrato da Cristo, e tutto vede
nella sua luce. La riflessione che egli sviluppa sgorga dalla contemplazione
affettuosa e spesso prorompe in preghiere, vere elevazioni dell'anima nel bel
mezzo di trattazioni impegnative: il Salvatore è venuto nel mondo « per me », «
per noi », sono espressioni che ritornano con frequenza nelle sue opere.
46
Annunciato,
in qualche modo, in tutti i Libri dell'antica Scrittura, 47 il Verbo
scende dal seno del Padre e adempie la sua missione in successive tappe, che il
Vescovo, ispirandosi al Cantico dei cantici, paragona ai salti di un
cerbiatto mosso dall'amore per l'umanità e per la Chiesa. 48 Con
l'Incarnazione, il Verbo prende « l'aspetto di servo, cioè la pienezza
della perfezione umana »; 49 ed assume in sé, nella sua carne, tutta
l'umanità, conferendole un privilegio di cui nemmeno gli angeli partecipano.
50
Se
nell'Incarnazione il Cristo si è legato a noi con vincoli d'amore, 51
nella sua Passione, subìta per la Redenzione del mondo, questo amore ha
brillato in mezzo ai contrasti più profondi di umiliazione-esaltazione del
Crocifisso; 52 il suo obbrobrio ha tolto gli obbrobri di tutti,
53 le lacrime, da lui versate sulla Croce, ci hanno lavati. 54
La Redenzione di Cristo è universale: 55 « Nel Redentore di tutti non
entrava un solo uomo, ma tutto quanto il mondo »; 56 « Lui si è
umiliato, perché tu fossi esaltato ». 57
21.
Di qui fioriscono nelle opere di Ambrogio tutte quelle definizioni e
appellativi del Redentore, che ce lo tratteggiano nella sua grandezza e
benevolenza. Cristo si è fatto tutto a tutti; 58 egli è la pienezza e
l'ampiezza; 59 è il fine della Legge; 60 il fondamento di tutte
le cose e il capo della Chiesa, 61 la sorgente della vita; 62 «
la sua morte è vita, la sua ferita è vita, il suo sangue è vita, la sua
sepoltura è vita, la sua risurrezione è vita di tutti ». 63 Egli è «
l'espiazione universale, il riscatto universale », 64 il re e
mediatore, 65 il sole di giustizia, 66 luce, 67 fuoco,
68 via, 69 gioia, 70 l'unico in cui gloriarci
nonostante i nostri peccati; 71 si è fatto povero per noi, 72
umile per insegnarci l'umiltà, 73 nostro compagno; 74 Egli è
buono, anzi la bontà stessa: 75 « Questo "bene" venga nella
nostra anima, nell'intimo della nostra mente [...] Questi è il nostro tesoro,
questi è la nostra via, questi è la nostra sapienza, la nostra giustizia, il
nostro pastore e il buon pastore, questi è la nostra vita. Tu vedi quanti beni
ci sono in un solo bene ». 76
22.
Nel presentare la figura di Cristo, il Vescovo Ambrogio anticipa le formidabili
tematiche che nei secoli successivi verranno affrontate nei grandi Concili
cristologici; e con magistrale sintesi ci parla dell'unico Cristo Signore,
nella duplice natura divina e umana. Ecco un esempio fra i molti, tratto dal
secondo libro del De fide: « Manteniamo la distinzione tra la natura divina
e la carne! In entrambe parla il solo Figlio di Dio, poiché nel medesimo si
trova l'una e l'altra natura; anche se è il medesimo a parlare, non parla però
sempre in un solo modo. Osserva in lui ora la gloria di Dio, ora le passioni
dell'uomo. In quanto Dio, dice le cose che sono di Dio, poiché è il Verbo; in
quanto uomo, dice le cose che sono dell'uomo, poiché parla nella mia sostanza
». 77 Per la sua completezza e precisione questo brano fu ripreso negli
atti dei Concili di Efeso (431) e di Calcedonia (451) e nel Sinodo Lateranense
del 649. Ma numerosi testi del Vescovo di Milano vennero citati e meditati in
quei frangenti, a partire dal De incarnationis dominicae sacramento
tradotto in greco già pochi decenni dopo la morte di Ambrogio, per giungere ai
larghi estratti dell'Expositio evangelii secundum Lucam letti e tradotti
durante il III Concilio di Costantinopoli del 681.
Così
la parola di Ambrogio, appassionato di Cristo Signore, entrava a sostenere e a
vivificare le grandi definizioni cristologiche della Chiesa antica.
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