Testo
Ai Vescovi della Chiesa
Cattolica
sull'Ordinazione Sacerdotale da riservarsi soltanto agli
uomini
Venerabili Fratelli nell'Episcopato!
1. L'ordinazione sacerdotale, mediante
la quale si trasmette l'ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di
insegnare, santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin
dall'inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. Tale tradizione è
stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali.
Quando sorse la questione dell'ordinazione delle donne
presso la Comunione Anglicana, il Sommo Pontefice Paolo VI, in nome della sua
fedeltà all'ufficio di custodire la Tradizione apostolica, ed anche allo scopo
di rimuovere un nuovo ostacolo posto sul cammino verso l'unità dei cristiani,
ebbe cura di ricordare ai fratelli anglicani quale fosse la posizione della
Chiesa cattolica: «Essa sostiene che non è ammissibile ordinare donne al
sacerdozio, per ragioni veramente fondamentali. Queste ragioni comprendono:
l'esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi
Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa, che ha
imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini; e il suo vivente
magistero, che ha coerentemente stabilito che l'esclusione delle donne dal
sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa» (cfr. Paolo VI,
Rescritto alla lettera di Sua Grazia il Rev.mo Dott. F. D. Coggan, Arcivescovo
di Canterbury, sul ministero sacerdotale delle donne, 30 novembre 1975: AAS 68
(1976), 599-600). Ma poiché anche tra teologi ed in taluni ambienti cattolici
la questione era stata posta in discussione, Paolo VI diede mandato alla
Congregazione per la Dottrina della Fede di esporre ed illustrare in proposito
la dottrina della Chiesa. Ciò fu eseguito con la Dichiarazione Inter
Insigniores, che il Sommo Pontefice approvò e ordinò di pubblicare (cfr.
Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insignores circa
la questione dell'ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 15 ottobre
1976: AAS 69 (1977), 98-116).
2. La Dichiarazione riprende e spiega le
ragioni fondamentali di tale dottrina, esposte da Paolo VI, concludendo che la
Chiesa «non si riconosce l'autorità di ammettere le donne all'ordinazione
sacerdotale» (Ibidem 100). A queste ragioni fondamentali il medesimo documento
aggiunge altre ragioni teologiche che illustrano la convenienza di tale
disposizione divina, e mostra chiaramente come il modo di agire di Cristo non
fosse guidato da motivi sociologici o culturali propri del suo tempo. Come
successivamente precisò il Papa Paolo VI, «la ragione vera è che Cristo, dando
alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, la sua antropologia teologica,
seguita poi sempre dalla Tradizione della Chiesa stessa, ha stabilito così»
(Paolo VI, Discorso su Il ruolo della donna del disegno della salvezza, 30
gennaio 1977: Insegnamenti, vol. XV, 1977, 111; cfr. anche Giovanni Paolo II
Esortazione Apostolica Christifideles Laici, 30 dicembre 1988, n. 51: AAS 81
(1989), 393-521; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577). Nella Lettera
Apostolica Mulieris dignitatem, io stesso ho scritto a questo proposito:
«Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto
libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo
comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza
conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla
legislazione del tempo» (Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, 15 agosto
1988, n. 26: AAS 80 (1988), 1715).
Infatti i Vangeli e gli Atti degli Apostoli attestano che
questa chiamata è stata fatta secondo l'eterno disegno di Dio: Cristo ha scelto
quelli che egli ha voluto (cfr. Mc 3,13-14; Gv 6,70), e lo ha fatto in unione
col Padre, «nello Spirito Santo» (At 1,2), dopo aver passato la notte in
preghiera (cfr. Lc 6,12). Pertanto, nell'ammissione al sacerdozio ministeriale
(cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 28; Decreto Presbyterorum
Ordinis, n. 2b), la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di
agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a
fondamento della sua Chiesa (cfr. Ap 21,14). Essi, in realtà, non hanno
ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere
esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente
associati alla missione dello stesso Verbo incarnato (cfr. Mt 10,1.7-8;
28,16-20; Mc 3,13-16; 16,14-15). Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando
hanno scelto i collaboratori (cfr. 1Tm 3,1-13; 2Tm 1,6; Tt 1,5-9) che sarebbero
ad essi succeduti nel ministero (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n.
1577). In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della
Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo
Signore e Redentore (cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 20 e n. 21).
3. D'altronde, il fatto che Maria
Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria
degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non
ammissione delle donne all'ordinazione sacerdotale non può significare una loro
minore dignità né una discriminazione nei loro confronti, ma l'osservanza
fedele di un disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell'universo.
La presenza e il ruolo della donna nella vita e nella
missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale,
restano comunque assolutamente necessari e insostituibili. Come è stato
rilevato dalla stessa Dichiarazione Inter Insigniores, «la Santa Madre Chiesa
auspica che le donne cristiane prendano pienamente coscienza della grandezza
della loro missione: il loro ruolo sarà oggigiorno determinante sia per il
rinnovamento e l'umanizzazione della società, sia per la riscoperta, tra i
credenti, del vero volto della Chiesa» (Congregazione per la Dottrina della
Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977), 115-116). Il Nuovo
Testamento e tutta la storia della Chiesa mostrano ampiamente la presenza nella
Chiesa di donne, vere discepole e testimoni di Cristo nella famiglia e nella
professione civile, oltre che nella consacrazione totale al servizio di Dio e
del Vangelo. «La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua
vocazione, ha espresso onore e gratitudine per quelle che, fedeli al Vangelo,
in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il popolo di
Dio. Si tratta di sante martiri, di vergini, di madri di famiglia, che
coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli
nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa»
(Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, n. 27: AAS 80
(1988), 1719).
D'altra Parte è alla santità dei fedeli che è totalmente
ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la Dichiarazione
Inter Insigniores, «il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare,
è la carità (cfr. 1Cor 12-13). I più grandi nel Regno dei cieli non sono i
ministri, ma i santi» (Congreagazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione
Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977), 115).
4. Benché la dottrina circa l'ordinazione
sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e
universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero
nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si
ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non
ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una
questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione
della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc
22,32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire
alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta
in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa.
Invocando su di voi, venerabili Fratelli, e sull'intero
popolo cristiano il costante aiuto divino, a tutti imparto l'Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, il 22 maggio, Solennità
di Pentecoste, dell'anno 1994, sedicesimo di Pontificato.
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