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Ioannes Paulus PP. II
Orientale lumen

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  • I – Conoscere l’Oriente cristiano, un’esperienza di fede
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I – Conoscere l’Oriente cristiano, un’esperienza di fede

 

5.  "Nell'indagare la verità rivelata in Oriente e in Occidente furono usati metodi e prospettive diversi per giungere alla conoscenza e alla proclamazione delle cose divine. Non fa quindi meraviglia che alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior luce dall'uno che non dall'altro, cosicché si può dire allora che quelle varie formule teologiche non di rado si completino, piuttosto che opporsi"10.

Portando nel cuore le domande, le aspirazioni e le esperienze a cui ho accennato, la mia mente si volge al patrimonio cristiano dell'Oriente. Non intendo descriverlointerpretarlo: mi metto in ascolto delle Chiese d'Oriente che so essere interpreti viventi del tesoro tradizionale da esse custodito. Nel contemplarlo appaiono ai miei occhi elementi di grande significato per una più piena ed integrale comprensione dell'esperienza cristiana e, quindi, per dare una più completa risposta cristiana alle attese degli uomini e delle donne di oggi. Rispetto a qualsiasi altra cultura, l'Oriente cristiano ha infatti un ruolo unico e privilegiato, in quanto contesto originario della Chiesa nascente.

La tradizione orientale cristiana implica un modo di accogliere, di comprendere e di vivere la fede nel Signore Gesù. In questo senso essa è vicinissima alla tradizione cristiana d'Occidente che nasce e si nutre della stessa fede. Eppure se ne differenzia, legittimamente e mirabilmente, in quanto il cristiano orientale ha un proprio modo di sentire e di comprendere, e quindi anche un modo originale di vivere il suo rapporto con il Salvatore. Voglio qui avvicinarmi con rispetto e trepidazione all'atto di adorazione che esprimono queste Chiese, piuttosto che individuare questo o quel punto teologico specifico, emerso nei secoli in contrapposizione polemica nel dibattito tra Occidentali e Orientali.

L'Oriente cristiano fin dalle origini si mostra multiforme al proprio interno, capace di assumere i tratti caratteristici di ogni singola cultura e con un sommo rispetto di ogni comunità particolare. Non possiamo che ringraziare Dio, con profonda commozione, per la mirabile varietà con cui ha consentito di comporre, con tessere diverse, un mosaico così ricco e composito.

 

6.  Vi sono alcuni tratti della tradizione spirituale e teologica, comuni alle diverse Chiese d'Oriente, che ne distinguono la sensibilità rispetto alle forme assunte dalla trasmissione del Vangelo nelle terre d'Occidente. Così li sintetizza il Vaticano II: "È noto a tutti con quanto amore i cristiani orientali compiano le sacre azioni liturgiche, soprattutto la celebrazione eucaristica, fonte della vita della Chiesa e pegno della gloria futura, con la quale i fedeli uniti col Vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo Incarnato, morto e glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la santissima Trinità, fatti "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4)" 11.

In questi tratti si delinea la visione orientale del cristiano, il cui fine è la partecipazione alla natura divina mediante la comunione al mistero della santa Trinità. Vi si tratteggiano la "monarchia" del Padre e la concezione della salvezza secondo l'economia, quale la presenta la teologia orientale dopo sant'Ireneo di Lione e quale si diffonde presso i Padri cappadoci12.

La partecipazione alla vita trinitaria si realizza attraverso la liturgia e in modo particolare l'Eucaristia, mistero di comunione con il corpo glorificato di Cristo, seme di immortalità13. Nella divinizzazione e soprattutto nei sacramenti la teologia orientale attribuisce un ruolo tutto particolare allo Spirito Santo: per la potenza dello Spirito che dimora nell'uomo la deificazione comincia già sulla terra, la creatura è trasfigurata e il Regno di Dio è inaugurato.

L'insegnamento dei Padri cappadoci sulla divinizzazione è passato nella tradizione di tutte le Chiese orientali e costituisce parte del loro patrimonio comune. Ciò si può riassumere nel pensiero già espresso da sant'Ireneo alla fine del II secolo: Dio si è fatto figlio dell'uomo, affinché l'uomo potesse divenire figlio di Dio14. Questa teologia della divinizzazione resta una delle acquisizioni particolarmente care al pensiero cristiano orientale15.

In questo cammino di divinizzazione ci precedono coloro che la grazia e l'impegno nella via del bene ha reso "somigliantissimi" al Cristo: i martiri e i santi16. E tra questi un posto tutto particolare occupa la Vergine Maria, dalla quale è germogliato il Virgulto di Jesse (cfr. Is 11,1). La sua figura è non solo la Madre che ci attende ma la Purissima che - realizzazione di tante prefigurazioni veterotestamentarie - è icona della Chiesa, simbolo e anticipo dell'umanità trasfigurata dalla grazia, modello e sicura speranza per quanti muovono i loro passi verso la Gerusalemme del cielo17.

Pur accentuando fortemente il realismo trinitario e la sua implicazione nella vita sacramentale, l'Oriente associa la fede nell'unità della natura divina alla inconoscibilità della divina essenza. I Padri orientali affermano sempre che è impossibile sapere ciò che Dio è; si può solo sapere che Egli è, poiché si è rivelato nella storia della salvezza come Padre, Figlio e Spirito Santo18.

Questo senso della indicibile realtà divina si riflette nella celebrazione liturgica, dove il senso del mistero è colto così fortemente da parte di tutti i fedeli dell'Oriente cristiano.

"In Oriente si trovano pure le ricchezze di quelle tradizioni spirituali, che sono state espresse specialmente dal monachesimo. Ivi infatti fin dai gloriosi tempi dei santi padri fiorì quella spiritualità monastica, che si estese poi all'Occidente e dalla quale, come da sua fonte, trasse origine la regola monastica dei latini e in seguito ricevette ripetutamente nuovo vigore. Perciò caldamente si raccomanda che i cattolici con maggior frequenza accedano a queste ricchezze dei padri orientali, le quali trasportano tutto l'uomo alla contemplazione delle cose divine"19.

 




10 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 17.



11 Ibid., 15.



12 Cfr. S. Ireneo, Contro le eresie, V, 36, 2: SCh 153/2, 461; S. Basilio, Trattato sullo Spirito Santo, XV, 36: PG 32, 132; XVII, 43, l.c., 148; XVIII, 47, l.c., 153.



13 Cfr. S. Gregorio di Nissa, Discorso catechetico, XXXVII: PG 45, 97.



14 Cfr. Contro le eresie, III, 10, 2: SCh 211/2, 121; III, 18, 7, l.c., 365; III, 19, 1, l.c., 375; IV, 20, 4: SCh 100/2, 635; IV, 33, 4, l.c., 811; V, Pref., SCh 153/2, 15.



15 Innestati in Cristo "gli uomini diventano dèi e figli di Dio, ...la polvere è innalzata ad un tale grado di gloria da essere ormai uguale in onore e deità alla natura divina", Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, I: PG 150, 505.



16 Cfr. Giovanni Damasceno, Sulle immagini, I, 19: PG 94, 1249.



17 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris mater (25 marzo 1987), 31-34: AAS 79 (1987), 402-406; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 15.



18 Cfr. S. Ireneo, Contro le eresie, II, 28, 3-6: SCh 294, 274-284; S. Gregorio di Nissa, Vita di Mosè: PG 44, 377; S. Gregorio di Nazianzo, Sulla santa Pasqua, or. XLV, 3-4: PG 36, 625-630.



19 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 15.






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