I –
Conoscere l’Oriente cristiano, un’esperienza di fede
5.
"Nell'indagare la verità rivelata
in Oriente e in Occidente furono usati metodi e prospettive diversi per
giungere alla conoscenza e alla proclamazione delle cose divine. Non fa quindi
meraviglia che alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in
modo più adatto e posti in miglior luce dall'uno che non dall'altro, cosicché
si può dire allora che quelle varie formule teologiche non di rado si
completino, piuttosto che opporsi"10.
Portando nel
cuore le domande, le aspirazioni e le esperienze a cui ho accennato, la mia
mente si volge al patrimonio cristiano dell'Oriente. Non intendo descriverlo né
interpretarlo: mi metto in ascolto delle Chiese d'Oriente che so essere
interpreti viventi del tesoro tradizionale da esse custodito. Nel contemplarlo
appaiono ai miei occhi elementi di grande significato per una più piena ed
integrale comprensione dell'esperienza cristiana e, quindi, per dare una più
completa risposta cristiana alle attese degli uomini e delle donne di oggi.
Rispetto a qualsiasi altra cultura, l'Oriente cristiano ha infatti un ruolo
unico e privilegiato, in quanto contesto originario della Chiesa nascente.
La tradizione
orientale cristiana implica un modo di accogliere, di comprendere e di vivere
la fede nel Signore Gesù. In questo senso essa è vicinissima alla tradizione
cristiana d'Occidente che nasce e si nutre della stessa fede. Eppure se ne
differenzia, legittimamente e mirabilmente, in quanto il cristiano orientale ha
un proprio modo di sentire e di comprendere, e quindi anche un modo originale
di vivere il suo rapporto con il Salvatore. Voglio qui avvicinarmi con rispetto
e trepidazione all'atto di adorazione che esprimono queste Chiese, piuttosto
che individuare questo o quel punto teologico specifico, emerso nei secoli in
contrapposizione polemica nel dibattito tra Occidentali e Orientali.
L'Oriente
cristiano fin dalle origini si mostra multiforme al proprio interno, capace di
assumere i tratti caratteristici di ogni singola cultura e con un sommo
rispetto di ogni comunità particolare. Non possiamo che ringraziare Dio, con
profonda commozione, per la mirabile varietà con cui ha consentito di comporre,
con tessere diverse, un mosaico così ricco e composito.
6.
Vi sono alcuni tratti della tradizione
spirituale e teologica, comuni alle diverse Chiese d'Oriente, che ne
distinguono la sensibilità rispetto alle forme assunte dalla trasmissione del
Vangelo nelle terre d'Occidente. Così li sintetizza il Vaticano II: "È
noto a tutti con quanto amore i cristiani orientali compiano le sacre azioni
liturgiche, soprattutto la celebrazione eucaristica, fonte della vita della
Chiesa e pegno della gloria futura, con la quale i fedeli uniti col Vescovo
hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo Incarnato, morto e
glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la
santissima Trinità, fatti "partecipi della natura divina" (2Pt
1,4)" 11.
In questi
tratti si delinea la visione orientale del cristiano, il cui fine è la
partecipazione alla natura divina mediante la comunione al mistero della santa
Trinità. Vi si tratteggiano la "monarchia" del Padre e la concezione
della salvezza secondo l'economia, quale la presenta la teologia orientale dopo
sant'Ireneo di Lione e quale si diffonde presso i Padri cappadoci12.
La
partecipazione alla vita trinitaria si realizza attraverso la liturgia e in
modo particolare l'Eucaristia, mistero di comunione con il corpo glorificato di
Cristo, seme di immortalità13. Nella divinizzazione e soprattutto nei
sacramenti la teologia orientale attribuisce un ruolo tutto particolare allo
Spirito Santo: per la potenza dello Spirito che dimora nell'uomo la
deificazione comincia già sulla terra, la creatura è trasfigurata e il Regno di
Dio è inaugurato.
L'insegnamento
dei Padri cappadoci sulla divinizzazione è passato nella tradizione di tutte le
Chiese orientali e costituisce parte del loro patrimonio comune. Ciò si può
riassumere nel pensiero già espresso da sant'Ireneo alla fine del II secolo:
Dio si è fatto figlio dell'uomo, affinché l'uomo potesse divenire figlio di
Dio14. Questa teologia della divinizzazione resta una delle
acquisizioni particolarmente care al pensiero cristiano orientale15.
In questo
cammino di divinizzazione ci precedono coloro che la grazia e l'impegno nella
via del bene ha reso "somigliantissimi" al Cristo: i martiri e i
santi16. E tra questi un posto tutto particolare occupa la Vergine
Maria, dalla quale è germogliato il Virgulto di Jesse (cfr. Is 11,1). La sua
figura è non solo la Madre che ci attende ma la Purissima che - realizzazione
di tante prefigurazioni veterotestamentarie - è icona della Chiesa, simbolo e
anticipo dell'umanità trasfigurata dalla grazia, modello e sicura speranza per
quanti muovono i loro passi verso la Gerusalemme del cielo17.
Pur
accentuando fortemente il realismo trinitario e la sua implicazione nella vita
sacramentale, l'Oriente associa la fede nell'unità della natura divina alla
inconoscibilità della divina essenza. I Padri orientali affermano sempre che è
impossibile sapere ciò che Dio è; si può solo sapere che Egli è, poiché si è
rivelato nella storia della salvezza come Padre, Figlio e Spirito
Santo18.
Questo senso
della indicibile realtà divina si riflette nella celebrazione liturgica, dove
il senso del mistero è colto così fortemente da parte di tutti i fedeli
dell'Oriente cristiano.
"In
Oriente si trovano pure le ricchezze di quelle tradizioni spirituali, che sono
state espresse specialmente dal monachesimo. Ivi infatti fin dai gloriosi tempi
dei santi padri fiorì quella spiritualità monastica, che si estese poi
all'Occidente e dalla quale, come da sua fonte, trasse origine la regola
monastica dei latini e in seguito ricevette ripetutamente nuovo vigore. Perciò
caldamente si raccomanda che i cattolici con maggior frequenza accedano a queste
ricchezze dei padri orientali, le quali trasportano tutto l'uomo alla
contemplazione delle cose divine"19.
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