Tra
memoria e attesa
8.
Spesso oggi ci sentiamo prigionieri del
presente: è come se l'uomo avesse smarrito la percezione di far parte di una
storia che lo precede e lo segue. A questa fatica di collocarsi tra passato e
futuro con animo grato per i benefici ricevuti e per quelli attesi, in
particolare le Chiese dell'Oriente offrono uno spiccato senso della continuità,
che prende i nomi di Tradizione e di attesa escatologica.
La Tradizione
è patrimonio della Chiesa di Cristo, memoria viva del Risorto incontrato e
testimoniato dagli Apostoli che ne hanno trasmesso il ricordo vivente ai loro
successori, in una linea ininterrotta che è garantita dalla successione
apostolica, attraverso l'imposizione delle mani, fino ai Vescovi di oggi. Essa
si articola nel patrimonio storico e culturale di ciascuna Chiesa, plasmato in
essa dalla testimonianza dei martiri, dei padri e dei santi, nonché dalla fede
viva di tutti i cristiani lungo i secoli fino ai nostri giorni. Si tratta non
di una ripetizione immutata di formule, ma di un patrimonio che custodisce il
vivo nucleo kerygmatico originario. È la Tradizione che sottrae la Chiesa al
pericolo di raccogliere solo opinioni mutevoli e ne garantisce la certezza e la
continuità.
Quando gli
usi e le consuetudini propri di ciascuna Chiesa vengono intesi come pura
immobilità, si rischia certo di sottrarre alla Tradizione quel carattere di
realtà vivente, che cresce e si sviluppa, e che lo Spirito le garantisce
proprio perché essa parli agli uomini di ogni tempo. E come già la Scrittura
cresce con chi la legge23, così ogni altro elemento del patrimonio vivo
della Chiesa cresce nella comprensione dei credenti e si arricchisce di apporti
nuovi, nella fedeltà e nella continuità24. Solo una religiosa
assimilazione, nell'obbedienza della fede, di ciò che la Chiesa chiama
"Tradizione" consentirà a questa di incarnarsi nelle diverse
situazioni e condizioni storico-culturali25. La Tradizione non è mai
pura nostalgia di cose o forme passate, o rimpianto di privilegi perduti, ma la
memoria viva della Sposa conservata eternamente giovane dall'Amore che la
inabita.
Se la
Tradizione ci pone in continuità con il passato, l'attesa escatologica ci apre
al futuro di Dio. Ogni Chiesa deve lottare contro la tentazione di
assolutizzare ciò che compie e quindi di autocelebrarsi o di abbandonarsi alla
tristezza. Ma il tempo è di Dio, e tutto ciò che si realizza non si identifica
mai con la pienezza del Regno, che è sempre dono gratuito. Il Signore Gesù è venuto
a morire per noi ed è risorto dai morti, mentre la creazione, salvata nella
speranza, soffre ancora nelle doglie del parto (cfr. Rm 8,22); quello stesso
Signore tornerà per consegnare il cosmo al Padre (cfr. 1Cor 15,28). Questo
ritorno la Chiesa invoca, e di esso è testimone privilegiato il monaco e il
religioso.
L'Oriente
esprime in modo vivo le realtà della tradizione e dell'attesa. Tutta la sua
liturgia, in particolare, è memoriale della salvezza e invocazione del ritorno
del Signore. E se la Tradizione insegna alle Chiese la fedeltà a ciò che le ha
generate, l'attesa escatologica le spinge ad essere ciò che ancora non sono in
pienezza e che il Signore vuole che diventino, e quindi a cercare sempre nuove
vie di fedeltà, vincendo il pessimismo perché proiettate verso la speranza di
Dio che non delude.
Dobbiamo
mostrare agli uomini la bellezza della memoria, la forza che ci viene dallo
Spirito e che ci rende testimoni perché siamo figli di testimoni; far gustare
loro le cose stupende che lo Spirito ha disseminato nella storia; mostrare che
è proprio la Tradizione a conservarle dando quindi speranza a coloro che, pur
non avendo veduto i loro sforzi di bene coronati da successo, sanno che qualcun
altro li porterà a compimento; allora l'uomo si sentirà meno solo, meno
rinchiuso nell'angolo angusto del proprio operato individuale.
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