II – Dalla
conoscenza all’incontro
17.
Trent'anni sono trascorsi da quando i Vescovi della Chiesa cattolica, riuniti
in Concilio con la presenza di non pochi fratelli delle altre Chiese e Comunità
ecclesiali, hanno ascoltato la voce dello Spirito che illuminava verità
profonde sulla natura della Chiesa, manifestando così che tutti i credenti in
Cristo si trovavano molto più vicini di quanto potessero pensare, tutti in
cammino verso l'unico Signore, tutti sostenuti e sorretti dalla sua grazia.
Emergeva di qui un invito sempre più pressante all'unità.
Da allora
molta strada si è fatta nella conoscenza reciproca. Essa ha intensificato la
stima e ci ha consentito spesso di pregare insieme l'unico Signore ed anche gli
uni per gli altri, in un cammino di carità che è già pellegrinaggio di unità.
Dopo gli
importanti passi compiuti da papa Paolo VI, ho voluto che si proseguisse sulla
strada della reciproca conoscenza nella carità. Posso testimoniare la gioia
profonda che ha suscitato in me l'incontro fraterno con tanti capi e
rappresentanti di Chiese e Comunità ecclesiali in questi anni. Insieme abbiamo
condiviso preoccupazioni e attese, insieme abbiamo invocato l'unione tra le
nostre Chiese e la pace per il mondo. Ci siamo sentiti insieme più responsabili
del bene comune, non solo come singoli ma a nome dei cristiani di cui il
Signore ci ha fatto pastori. Talvolta a questa Sede di Roma sono giunti i pressanti
appelli di altre Chiese, minacciate o colpite dalla violenza e dal sopruso. A
tutte essa ha cercato di aprire il proprio cuore. Per loro, appena è stato
possibile, si è levata la voce del Vescovo di Roma, perché gli uomini di buona
volontà ascoltassero il grido di quei nostri fratelli sofferenti.
"Tra i
peccati che esigono un maggior impegno di penitenza e di conversione devono
essere annoverati certamente quelli che hanno pregiudicato l'unità voluta da
Dio per il suo popolo. Nel corso dei mille anni che si stanno concludendo,
ancor più che nel primo millennio, la comunione ecclesiale, "talora non
senza colpa di uomini d'entrambe le parti" 36, ha conosciuto
dolorose lacerazioni che contraddicono apertamente alla volontà di Cristo e
sono di scandalo al mondo. Tali peccati del passato fanno sentire ancora,
purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel
presente. È necessario farne ammenda, invocando con forza il perdono di
Cristo"37.
Il peccato
della nostra separazione è gravissimo: sento il bisogno che cresca la nostra
comune disponibilità allo Spirito che ci chiama a conversione, ad accettare e
riconoscere l'altro con rispetto fraterno, a compiere nuovi gesti coraggiosi,
capaci di sciogliere ogni tentazione di ripiegamento. Sentiamo la necessità di
andare oltre il grado di comunione che abbiamo raggiunto.
18.
Si fa in me ogni giorno più acuto il desiderio di ripercorrere la storia delle
Chiese, per scrivere finalmente una storia della nostra unità, e riandare così
al tempo in cui, all'indomani della morte e della risurrezione del Signore
Gesù, il Vangelo si diffuse nelle culture più varie, ed ebbe inizio uno scambio
fecondissimo ancor oggi testimoniato dalle liturgie delle Chiese. Pur non
mancando difficoltà e contrasti, le lettere degli Apostoli (cfr. 2Cor 9,11-14)
e dei Padri38 mostrano legami strettissimi, fraterni, tra le Chiese, in
una piena comunione di fede nel rispetto delle specificità e delle identità. La
comune esperienza del martirio e la meditazione degli atti dei martiri di ogni
Chiesa, la partecipazione alla dottrina di tanti santi maestri della fede, in
una profonda circolazione e condivisione, rafforzano questo mirabile sentimento
di unità39. Lo sviluppo di differenti esperienze di vita ecclesiale non
impediva che, mediante reciproche relazioni, i cristiani potessero continuare a
provare la certezza di essere a casa propria in qualsiasi Chiesa, perché da
tutte si levava, in mirabile varietà di lingue e di modulazioni, la lode
dell'unico Padre, per Cristo, nello Spirito Santo; tutte erano adunate per
celebrare l'Eucaristia, cuore e modello per la comunità non solo per quanto
riguarda la spiritualità o la vita morale, ma anche per la struttura stessa
della Chiesa, nella varietà dei ministeri e dei servizi sotto la presidenza del
Vescovo, successore degli Apostoli40. I primi concili sono una
testimonianza eloquente di questa perdurante unità nella diversità41.
Ed anche
quando si rafforzarono certe incomprensioni dogmatiche - amplificate spesso
sotto l'influsso di fattori politici e culturali - che già portavano a dolorose
conseguenze nei rapporti fra le Chiese, rimase vivo lo sforzo di invocare e
promuovere l'unità della Chiesa. Nel primo intreccio del dialogo ecumenico lo
Spirito Santo ci ha consentito di rinsaldarci nella fede comune, perfetta
continuazione del kerygma apostolico, e di questo rendiamo grazie a Dio con
tutto il cuore42. E se lentamente, già nei primi secoli dell'era cristiana,
sono andate sorgendo contrapposizioni all'interno del corpo della Chiesa, non
possiamo dimenticare che per tutto il primo millennio perdura, nonostante
difficoltà, l'unità fra Roma e Costantinopoli. Abbiamo sempre meglio appreso
che a lacerare il tessuto dell'unità non è stato tanto un episodio storico o
una semplice questione di preminenza, ma un progressivo estraneamento, sicché
l'altrui diversità non è più percepita come ricchezza comune, ma come
incompatibilità. Anche quando il secondo millennio conosce un indurimento nella
polemica e nella divisione, quanto più cresce l'ignoranza reciproca e il
pregiudizio, non cessano tuttavia incontri costruttivi fra capi di Chiese
desiderosi di intensificare i rapporti e di favorire gli scambi, così come non
viene meno l'opera santa di uomini e donne che, riconoscendo nella
contrapposizione un grave peccato ed essendo innamorati dell'unità e della
carità, hanno tentato in molti modi di promuovere, con la preghiera, con lo
studio e la riflessione, con l'incontro aperto e cordiale, la ricerca della
comunione43. È tutta quest'opera meritoria a confluire nella
riflessione del Concilio Vaticano II e a trovare come un emblema nella
abrogazione delle reciproche scomuniche del 1054 voluta dal papa Paolo VI e dal
patriarca ecumenico Atenagora I44.
19.
Il cammino della carità conosce nuovi momenti di difficoltà in seguito ai
recenti avvenimenti che hanno coinvolto l'Europa centrale e orientale. Fratelli
cristiani che insieme avevano subito la persecuzione si guardano con sospetto e
timore nel momento in cui si aprono prospettive e speranze di maggiore libertà:
non è questo un nuovo, grave rischio di peccato che dobbiamo tutti, con ogni
forza, tentare di vincere, se vogliamo che popoli in ricerca possano più
agevolmente trovare il Dio dell'amore, anziché essere nuovamente scandalizzati
dalle nostre lacerazioni e contrapposizioni? Quando, in occasione del Venerdì
Santo 1994, Sua Santità il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I fece dono alla
Chiesa di Roma della sua meditazione sulla "Via della Croce", ho
voluto ricordare questa comunione nella recente esperienza del martirio:
"Noi siamo uniti in questi martiri fra Roma, la "Montagna delle
Croci" e le Isole Solovieskj e tanti altri campi di sterminio. Noi siamo
uniti sullo sfondo dei martiri: non possiamo non essere uniti"45.
È dunque
urgente che si prenda coscienza di questa gravissima responsabilità: oggi
possiamo cooperare per l'annuncio del Regno o divenire fautori di nuove divisioni.
Il Signore apra i nostri cuori, converta le nostre menti e ci ispiri passi
concreti, coraggiosi, capaci se necessario di forzare luoghi comuni, facili
rassegnazioni o posizioni di stallo. Se chi vuol essere primo è chiamato a
farsi servo di tutti, allora dal coraggio di questa carità si vedrà crescere il
primato dell'amore. Prego il Signore perché ispiri prima di tutto a me stesso
ed ai Vescovi della Chiesa cattolica gesti concreti a testimonianza di questa
interiore certezza. Lo chiede la natura più profonda della Chiesa. Ogni volta
che celebriamo l'Eucaristia, sacramento della comunione, noi troviamo nel Corpo
e nel Sangue condiviso il sacramento e l'appello alla nostra unità46.
Come potremo essere pienamente credibili se ci presentiamo divisi davanti
all'Eucaristia, se non siamo capaci di vivere la partecipazione allo stesso
Signore che siamo chiamati ad annunciare al mondo? Di fronte alla reciproca
esclusione dall'Eucaristia sentiamo la nostra povertà e l'esigenza di porre
ogni sforzo affinché venga il giorno nel quale parteciperemo insieme dello
stesso pane e del medesimo calice47. Allora l'Eucaristia tornerà ad
essere pienamente percepita come profezia del Regno e riecheggeranno con piena
verità queste parole tratte da una antichissima preghiera eucaristica:
"Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una
cosa sola, così la tua Chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo
Regno"48.
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