Il disarmo
9. Ma una delle condizioni essenziali di
questo «vivere insieme» è il disarmo.
Le terribili prove subite dai militari e dalle popolazioni
civili, al tempo dell'ultimo conflitto mondiale, non possono che incitare i
responsabili delle nazioni a fare tutto il possibile perché senza tardare si
arrivi all'elaborazione di processi di cooperazione, di controllo e di disarmo,
che rendano la guerra impensabile. Chi oserebbe giustificare ancora l'uso delle
armi più crudeli, che uccidono gli uomini e distruggono le loro realizzazioni,
per risolvere le vertenze tra gli Stati? Come ho avuto occasione di dire: «La
guerra è in sè irrazionale e (...) il principio etico del regolamento pacifico
dei conflitti è la sola via degna dell'uomo» («Nuntius ob diem ad pacem
fovendam dicatum pro a. D. 1984», 4, die 8 dec. 1983: Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, VI, 2 [1983] 1278).
E' per questo che noi non possiamo che accogliere con favore
i negoziati in corso per il disarmo nucleare e convenzionale come per la messa
al bando totale delle armi chimiche ed altre. La Santa Sede a più riprese ha
dichiarato che stima necessario che le parti giungano almeno ad un livello di
armamento che sia il più basso possibile compatibilmente con le loro esigenze
di sicurezza e di difesa.
Questi passi promettenti avranno tuttavia possibilità di
successo solamente nel caso siano sostenuti e accompagnati da una volontà di
intensificare in pari modo la cooperazione negli altri ambiti, specificatamente
quelli economici e culturali. L'ultima riunione della conferenza sulla
sicurezza e la cooperazione in Europa, tenutasi recentemente a Parigi sul tema
della «dimensione umana», ha registrato l'auspicio, espresso da paesi delle due
parti d'Europa, di veder instaurato ovunque il regime dello Stato di diritto. Questa
forma di Stato appare, infatti, come il migliore garante dei diritti della
persona, ivi compreso il diritto alla libertà religiosa, il cui rispetto e un
elemento insostituibile della pace sociale e internazionale.
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