La Chiesa di Cristo è una
9. «Credo unam, sanctam, catholicam et
apostolicam Ecclesiam». Questa professione di fede contenuta nel Simbolo
niceno-costantinopolitano è comune ai cristiani sia cattolici che ortodossi:
ciò mette in evidenza che essi non soltanto credono nell'unità della Chiesa, ma
che vivono e vogliono vivere nella Chiesa una ed indivisibile, quale è stata
fondata da Gesù Cristo. Le differenze che nacquero e si svilupparono fra
cristianesimo d'Oriente e d'Occidente nel corso della storia sono in gran parte
diversità di origine culturale e di tradizioni. In questo senso, «la legittima
diversità non si oppone affatto all'unità della Chiesa, anzi ne accresce il
decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione» [Ibid., 50,
l.c., p. 5].
Papa Giovanni XXIII amava ripetere: «E' molto più forte ciò
che ci unisce di ciò che ci divide». Sono certo che questo spirito può essere
di grande giovamento per tutte le Chiese. Più di trent'anni sono passati da
quando il Papa pronunciò queste parole. Molti indizi ci spingono a pensare che
in tale periodo i cristiani abbiano progredito su questa strada. Ne sono segni
eloquenti gli incontri fraterni fra il Papa Paolo VI ed il Patriarca ecumenico
Atenagora I e quelli che io stesso ho avuto con i Patriarchi ecumenici
Dimitrios e, recentemente, Bartolomeo e con altri venerati Patriarchi delle
Chiese d'Oriente. Tutto questo, insieme alle numerose iniziative di incontro e
di dialogo che sono favorite ovunque nella Chiesa, ci incoraggia alla speranza:
lo Spirito Santo, lo Spirito di unità, non cessa di operare fra i cristiani
ancora separati tra loro.
Eppure la debolezza umana e il peccato continuano a opporre
resistenza allo Spirito di unità. Talora si ha persino l'impressione che vi
siano forze pronte a tutto pur di frenare, e persino annientare, il processo di
unione fra i cristiani. Ma non possiamo desistere: dobbiamo trovare ogni giorno
il coraggio e la fortezza, ad un tempo dono dello Spirito e frutto dello sforzo
umano, per continuare sulla strada intrapresa.
10. Ripensando all'Unione di Brest ci
chiediamo quale sia oggi il significato di questo evento. Si trattò di
un'unione che riguardò soltanto una specifica area geografica, tuttavia
l'importanza di essa è rilevante per l'intero quadro ecumenico. Le Chiese
orientali cattoliche possono arrecare un contributo molto importante
all'ecumenismo. Lo ricorda il Decreto conciliare Orientalium ecclesiarum: «Alle
Chiese orientali che sono in comunione con la Sede Apostolica Romana, compete
lo speciale compito di promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente
orientali, secondo i principi del decreto sull'ecumenismo promulgato da questo
Santo Concilio, in primo luogo con la preghiera, l'esempio della vita, la
scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda
conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi» [N.
24]. Ne viene ad esse un impegno a vivere con intensità quanto è qui delineato.
Da esse si richiede una confessione piena di umiltà e di gratitudine verso lo
Spirito Santo, il quale guida la Chiesa verso il fine che le è stato assegnato
dal Redentore del mondo.
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