Testo
I - Introduzione
Ai Vescovi, ai Sacerdoti alle
Famiglie religiose ed ai Fedeli della Chiesa Cattolica sul senso cristiano
della sofferenza umana.
Venerati Fratelli nell'episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!
1. «Completo nella mia carne — dice
l'apostolo Paolo spiegando il valore salvifico della sofferenza — quello che
manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la
Chiesa»1.
Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino
che si snoda attraverso la sofferenza inserita nella storia dell'uomo ed
illuminata dalla Parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una definitiva
scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l'Apostolo scrive:
«Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi»2. La gioia
proviene dalla scoperta del senso della sofferenza, ed una tale scoperta, anche
se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole,
è al tempo stesso valida per gli altri. L'Apostolo comunica la propria scoperta
e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare — così come aiutò
lui — a penetrare il senso salvifico della sofferenza.
2. Il tema della sofferenza—proprio sotto
l'aspetto di questo senso salvifico—sembra essere profondamente inserito nel
contesto dell'Anno della Redenzione come giubileo straordinario della Chiesa;
ed anche questa circostanza si dimostra direttamente in favore dell'attenzione
da dedicare ad esso proprio durante questo periodo. Indipendentemente da questo
fatto, è un tema universale che accompagna l'uomo ad ogni grado della
longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste
con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso. Anche se
Paolo nella Lettera ai Romani ha scritto che «tutta la creazione geme e soffre
fino ad oggi nelle doglie del parto»3, anche se all'uomo sono note e
vicine le sofferenze proprie del mondo degli animali, tuttavia ciò che
esprimiamo con la parola «sofferenza» sembra essere particolarmente essenziale
alla natura dell'uomo. Ciò è tanto profondo quanto l'uomo, appunto perché
manifesta a suo modo quella profondità che è propria dell'uomo, ed a suo modo
la supera. La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell'uomo: essa è
uno di quei punti, nei quali l'uomo viene in un certo senso «destinato» a
superare se stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso.
3. Se il tema della sofferenza esige di
essere affrontato in modo particolare nel contesto dell'Anno della Redenzione,
ciò avviene prima di tutto perché la redenzione si è compiuta mediante
la Croce di Cristo, ossia mediante la sua sofferenza. E al tempo
stesso nell'Anno della Redenzione ripensiamo alla verità espressa
nell'Enciclica Redemptor hominis: in Cristo «ogni uomo diventa la via
della Chiesa»4. Si può dire che l'uomo diventa in modo speciale la via
della Chiesa, quando nella sua vita entra la sofferenza. Ciò avviene — come è
noto — in diversi momenti della vita, si realizza in modi differenti, assume
diverse dimensioni; tuttavia, nell'una o nell'altra forma, la sofferenza sembra
essere, ed è, quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo.
Dato dunque che l'uomo, attraverso la sua vita terrena,
cammina in un modo o nell'altro sulla via della sofferenza, la Chiesa in ogni
tempo — e forse specialmente nell'Anno della Redenzione — dovrebbe incontrarsi
con l'uomo proprio su questa via. La Chiesa, che nasce dal mistero della
redenzione nella Croce di Cristo, è tenuta a cercare l'incontro con
l'uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro
l'uomo «diventa la via della Chiesa», ed è, questa, una delle vie più
importanti.
4. Da qui deriva anche la presente
riflessione, proprio nell'Anno della Redenzione: la riflessione sulla
sofferenza. La sofferenza umana desta compassione, desta anche rispetto,
ed a suo modo intimidisce. In essa, infatti, è contenuta la
grandezza di uno specifico mistero. Questo particolare rispetto per ogni umana
sofferenza deve esser posto all'inizio di quanto verrà espresso qui
successivamente dal più profondo bisogno del cuore, ed anche dal
profondo imperativo della fede. Intorno al tema della sofferenza questi
due motivi sembrano avvicinarsi particolarmente tra loro ed unirsi: il bisogno
del cuore ci ordina di vincere il timore, e l'imperativo della fede —
formulato, per esempio, nelle parole di San Paolo, riportate all'inizio —
fornisce il contenuto, nel nome e in forza del quale osiamo toccare ciò che
sembra in ogni uomo tanto intangibile: poiché l'uomo, nella sua sofferenza,
rimane un mistero intangibile.
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