VI – Il Vangelo della sofferenza
25. I testimoni della Croce e della
risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all'umanità uno specifico
Vangelo della sofferenza. Il Redentore stesso ha scritto questo Vangelo
dapprima con la propria sofferenza assunta per amore, affinché l'uomo «non
muoia, ma abbia la vita eterna»80. Questa sofferenza, insieme con la
viva parola del suo insegnamento, è diventata una fonte abbondante per tutti
coloro che hanno preso parte alle sofferenze di Gesù nella prima generazione
dei suoi discepoli e confessori, e poi in quelle che si sono succedute nel
corso dei secoli.
È, innanzitutto, consolante — come è evangelicamente e
storicamente esatto — notare che a fianco di Cristo, in primissima e ben
rilevata posizione accanto a lui, c'è sempre la sua Madre santissima per la
testimonianza esemplare, che con l'intera sua vita rende a questo
particolare Vangelo della sofferenza. In lei le numerose ed intense sofferenze
si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che se furono prova
della sua fede incrollabile, furono altresì un contributo alla redenzione di
tutti. In realtà, fin dall'arcano colloquio avuto con l'angelo, Ella intravide
nella sua missione di madre la «destinazione» a condividere in maniera unica ed
irripetibile la missione stessa del Figlio. E la conferma in proposito le venne
assai presto sia dagli eventi che accompagnarono la nascita di Gesù a Betlemme,
sia dall'annuncio formale del vecchio Simeone che parlò di una spada tanto
acuta da trapassarle l'anima, sia dalle ansie e ristrettezze della fuga
precipitosa in Egitto, provocata dalla crudele decisione di Erode.
Ed ancora, dopo le vicende della vita nascosta e pubblica
del suo Figlio, da lei indubbiamente condivise con acuta sensibilità, fu sul
Calvario che la sofferenza di Maria Santissima, accanto a quella di Gesù,
raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto
di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini
dell'universale salvezza. Quel suo ascendere al Calvario, quel suo «stare» ai
piedi della Croce insieme col discepolo prediletto furono una partecipazione
del tutto speciale alla morte redentrice del Figlio, come del resto le parole,
che poté raccogliere dal suo labbro, furono quasi la solenne consegna di questo
tipico Vangelo da annunciare all'intera comunità dei credenti.
Testimone della passione del Figlio con la sua presenza, e
di essa partecipe con la sua compassione, Maria Santissima offrì un
singolare apporto al Vangelo della sofferenza, awerando in anticipo
l'espressione paolina, riportata all'inizio. In effetti, Ella ha titoli
specialissimi per poter asserire di «completare nella sua carne — come già nel
suo cuore — quello che manca ai patimenti di Cristo».
Nella luce dell'inarrivabile esempio di Cristo, riflesso con
singolare evidenza nella vita della Madre sua, il Vangelo della sofferenza,
mediante l'esperienza e la parola degli Apostoli, diventa fonte inesauribile
per le generazioni sempre nuove che si avvicendano nella storia della
Chiesa. Il Vangelo della sofferenza significa non solo la presenza della
sofferenza nel Vangelo, come uno dei temi della Buona Novella, ma la
rivelazione, altresì, della forza salvifica e del significato salvifico della
sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e
nella vocazione della Chiesa.
Cristo non nascondeva ai propri ascoltatori la
necessità della sofferenza. Molto chiaramente diceva: «Se qualcuno vuol
venire dietro a me, ... prenda la sua croce ogni giorno»81, ed ai suoi
discepoli poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione è possibile
solo a condizione di «rinnegare se stessi»82. La via che porta al Regno
dei cieli è «stretta ed angusta», e Cristo la contrappone alla via «larga e
spaziosa», che peraltro «conduce alla perdizione»83. Diverse volte
Cristo diceva anche che i suoi discepoli e confessori avrebbero incontrato
molteplici persecuzioni, ciò che — come si sa — è avvenuto non solo nei
primi secoli della vita della Chiesa sotto l'impero romano, ma si è avverato e
si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della terra,
anche ai nostri tempi.
Ecco alcune frasi di Cristo su questo tema: «Metteranno le
mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi
darà occasione di rendere testimonianza. Mettetevi bene in mente di non
preparare prima la vostra difesa: io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i
vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi
perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a
morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma
nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete
le vostre anime»84.
Il Vangelo della sofferenza parla prima in diversi punti
della sofferenza «per Cristo», «a causa di Cristo», e ciò fa con le parole
stesse di Gesù, oppure con le parole dei suoi Apostoli. Il Maestro non nasconde
ai suoi discepoli e seguaci la prospettiva di una tale sofferenza, anzi la
rivela con tutta franchezza, indicando contemporaneamente le forze
soprannaturali, che li accompagneranno in mezzo alle persecuzioni e tribolazioni
«per il suo nome». Queste saranno insieme quasi una speciale verifica della
somiglianza a Cristo e dell'unione con lui. «Se il mondo vi odia, sappiate che
prima di voi ha odiato me ...; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho
scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia ... Un servo non è più grande del
suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi... Ma tutto
questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha
mandato»85. «Vi ho dette queste cose, perché abbiate pace in me. Voi
avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il
mondo!»86.
Questo primo capitolo del Vangelo della sofferenza, che
parla delle persecuzioni, cioè delle tribolazioni a motivo di Cristo, contiene
in sé una speciale chiamata al coraggio ed alla fortezza, sostenuta
dall'eloquenza della risurrezione. Cristo ha vinto il mondo definitivamente con
la sua risurrezione; tuttavia, grazie al rapporto di essa con la passione e la
morte, ha vinto al tempo stesso questo mondo con la sua sofferenza. Si, la
sofferenza è stata in modo singolare inserita in quella vittoria sul mondo, che
si è manifestata nella risurrezione. Cristo conserva nel suo corpo risorto i
segni delle ferite della Croce sulle sue mani, sui piedi e nel costato.
Mediante la risurrezione egli manifesta la forza vittoriosa della
sofferenza, e vuole infondere la convinzione di questa forza nel cuore di
coloro che ha scelto come suoi Apostoli e di coloro che continuamente sceglie
ed invia. L'apostolo Paolo dirà: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in
Cristo Gesù saranno perseguitati»87.
26. Se il primo grande capitolo del
Vangelo della sofferenza viene scritto, lungo le generazioni, da coloro che
soffrono persecuzioni per Cristo, di pari passo si svolge lungo la storia un
altro grande capitolo di questo Vangelo. Lo scrivono tutti coloro che
soffrono insieme con Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua
sofferenza salvifica. In essi si compie ciò che i primi testimoni della
passione e della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la
partecipazione alle sofferenze di Cristo. In essi quindi si compie il Vangelo
della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo modo a
scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al proprio ambiente ed
agli uomini contemporanei.
Attraverso i secoli e le generazioni è stato costatato che nella
sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente
l'uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro
profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d'Assisi,
Sant'Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto
che l'uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella
sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova
misura di tutta la propria vita e della propria vocazione. Questa
scoperta è una particolare conferma della grandezza spirituale che nell'uomo
supera il corpo in modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è
profondamente malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace di vivere e
di agire, tanto più si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza
spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e
normali.
Questa interiore maturità e grandezza spirituale nella
sofferenza certamente sono frutto di una particolare conversione e
cooperazione con la Grazia del Redentore crocifisso. È lui stesso ad agire nel
vivo delle umane sofferenze per mezzo del suo Spirito di verità, per mezzo
dello Spirito Consolatore. È lui a trasformare, in un certo senso, la sostanza
stessa della vita spirituale, indicando all'uomo sofferente un posto vicino a
sé. È lui — come Maestro e Guida interiore — ad insegnare al fratello e
alla sorella sofferenti questo mirabile scambio, posto nel cuore stesso
del mistero della redenzione. La sofferenza è, in se stessa, un provare il
male. Ma Cristo ne ha fatto la più solida base del bene definitivo, cioè del
bene della salvezza eterna. Con la sua sofferenza sulla Croce Cristo ha
raggiunto le radici stesse del male: del peccato e della morte. Egli ha vinto
l'artefice del male, che è Satana, e la sua permanente ribellione contro il
Creatore. Davanti al fratello o alla sorella sofferenti Cristo dischiude e
dispiega gradualmente gli orizzonti del Regno di Dio: di un mondo
convertito al Creatore, di un mondo liberato dal peccato, che si sta edificando
sulla potenza salvifica dell'amore. E, lentamente ma efficacemente, Cristo introduce
in questo mondo, in questo Regno del Padre l'uomo sofferente, in un certo senso
attraverso il cuore stesso della sua sofferenza. La sofferenza, infatti, non
può essere trasformata e mutata con una grazia dall'esterno, ma dall'interno.
E Cristo mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto mai
dentro ad ogni sofferenza umana, e può agire dall'interno di essa con la
potenza del suo Spirito di verità, del suo Spirito Consolatore.
Non basta: il divin Redentore vuole penetrare nell'animo di
ogni sofferente attraverso il cuore della sua Madre santissima, primizia e
vertice di tutti i redenti. Quasi a continuazione di quella maternità, che per
opera dello Spirito Santo gli aveva dato la vita, Cristo morente conferì alla
sempre Vergine Maria una maternità nuova — spirituale e universale —
verso tutti gli uomini, affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli
rimanesse insieme con lei strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di
questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo,
potenza di Dio.
Non sempre, però, un tale processo interiore si svolge in
modo uguale. Spesso inizia e si instaura con difficoltà. Già il punto stesso di
partenza è diverso: diversa è la disposizione, che l'uomo porta nella sua sofferenza.
Si può, tuttavia, premettere che quasi sempre ciascuno entra nella sofferenza
con una protesta tipicamente umana e con la domanda del suo «perché».
Ciascuno si chiede il senso della sofferenza e cerca una risposta a questa
domanda al suo livello umano. Certamente pone più volte questa domanda anche a
Dio, come la pone a Cristo. Inoltre, egli non può non notare che colui, al
quale pone la sua domanda, soffre lui stesso e vuole rispondergli dalla
Croce, dal centro della sua propria sofferenza. Tuttavia, a volte c'è
bisogno di tempo, persino di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad
essere internamente percepibile. Cristo, infatti, non risponde direttamente e
non risponde in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della
sofferenza. L'uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso
diventa partecipe delle sofferenze di Cristo.
La risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo
la strada dell'incontro interiore col Maestro, è a sua volta qualcosa di più
della sola risposta astratta all'interrogativo sul senso della sofferenza.
Questa è, infatti, soprattutto una chiamata. È una vocazione. Cristo non spiega
in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice: «Seguimi!».
Vieni! prendi parte con la tua sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo,
che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man
mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce
di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza. L'uomo
non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza di
Cristo. Al tempo stesso, però, da questo livello di Cristo, quel senso
salvifico della sofferenza scende a livello dell'uomo e diventa, in
qualche modo, la sua risposta personale. E allora l'uomo trova nella sua
sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale.
27. Di tale gioia parla l'Apostolo nella
Lettera ai Colossesi: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi»88.
Fonte di gioia diventa il superamento del senso d'inutilità della
sofferenza, sensazione che a volte è radicata molto fortemente nell'umana
sofferenza. Questa non solo consuma l'uomo dentro se stesso, ma sembra renderlo
un peso per gli altri. L'uomo si sente condannato a ricevere aiuto ed
assistenza dagli altri e, in pari tempo, sembra a se stesso inutile. La
scoperta del senso salvifico della sofferenza in unione con Cristo trasforma
questa sensazione deprimente. La fede nella partecipazione alle sofferenze
di Cristo porta in sé la certezza interiore che l'uomo sofferente «completa
quello che manca ai patimenti di Cristo»; che nella dimensione spirituale
dell'opera della redenzione serve, come Cristo, alla salvezza dei
suoi fratelli e sorelle. Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più
adempie un servizio insostituibile. Nel corpo di Cristo, che incessantemente
cresce dalla Croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito
del sacrificio di Cristo, è l'insostituibile mediatrice ed autrice dei beni,
indispensabili per la salvezza del mondo. È essa, più di ogni altra cosa, a
fare strada alla Grazia che trasforma le anime umane. Essa, più di ogni altra
cosa, rende presenti nella storia dell'umanità le forze della redenzione. In
quella lotta «cosmica» tra le forze spirituali del bene e del male, della quale
parla la Lettera agli Efesini89, le sofferenze umane, unite con la
sofferenza redentrice di Cristo, costituiscono un particolare sostegno per
le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria di queste forze
salvifiche.
E perciò la Chiesa vede in tutti i fratelli e sorelle di
Cristo sofferenti quasi un soggetto molteplice della sua forza
soprannaturale.
Quanto spesso proprio ad essi ricorrono i pastori della
Chiesa, e proprio presso di essi cercano aiuto ed appoggio! I1 Vangelo della
sofferenza viene scritto incessantemente, ed incessantemente parla con le
parole di questo strano paradosso: le sorgenti della forza divina sgorgano
proprio in mezzo all'umana debolezza. Coloro che partecipano alle sofferenze di
Cristo conservano nelle proprie sofferenze una specialissima particella
dell'infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono condividere
questo tesoro con gli altri. Quanto più l'uomo è minacciato dal peccato, quanto
più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d'oggi,
tanto più grande è l'eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto
più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane
per la salvezza del mondo.
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