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Ioannes Paulus PP. II
Tertio millennio adveniente

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  • IV – La preparazione immediata
    • a) Prima fase
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a) Prima fase

 

31.     La 'prima fasé avrà dunque carattere 'antepreparatorio': dovrà servire a ravvivare nel popolo cristiano la coscienza del valore e del significato che il Giubileo del 2000 'riveste nella storia umana'. Recando con sé la memoria della nascita di Cristo, esso è 'intrinsecamente segnato da una connotazione cristologica'.

Conformemente all'articolazione della fede cristiana in parola e sacramento, sembra importante unire insieme, anche in questa singolare ricorrenza, la struttura della 'memoria' con quella della 'celebrazione', non limitandosi a ricordare l'evento solo concettualmente, ma rendendone presente il valore salvifico mediante l'attualizzazione sacramentale. La ricorrenza giubilare dovrà confermare nei cristiani di oggi la 'fede' in Dio rivelatosi in Cristo, sostenerne la 'speranza' protesa nell'aspettativa della vita eterna, ravvivarne la 'carità', operosamente impegnata nel servizio ai fratelli.

Nel corso della prima fase (dal 1994 al 1996) la Santa Sede, grazie anche alla creazione di un apposito 'Comitato', non mancherà di suggerire alcune linee di riflessione e di azione a livello universale, mentre un analogo impegno di sensibilizzazione sarà svolto, in maniera più capillare, da 'Commissioni' simili nelle 'Chiese locali'. Si tratta, in qualche modo, di continuare quanto realizzato nella preparazione remota e, contemporaneamente, di 'approfondire gli aspetti più caratteristici dell'evento giubilare'.

 

32.     Il Giubileo è sempre un tempo di particolare grazia, "un giorno benedetto dal Signore": come tale, esso ha - lo si è già rilevato - un carattere gioioso. Il Giubileo dell'Anno 2000 vuol essere una grande 'preghiera di lode e di ringraziamento' soprattutto per 'il dono dell'Incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione' da Lui operata. Nell'anno giubilare i cristiani si porranno con rinnovato stupore di fede di fronte all'amore del Padre, che 'ha dato il suo Figlio', "perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). Essi eleveranno inoltre con intima partecipazione il loro ringraziamento per il 'dono della Chiesa', fondata da Cristo come "sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano"14. Il loro ringraziamento si estenderà infine ai 'frutti di santità' maturati nella vita di tanti uomini e donne che in ogni generazione ed in ogni epoca storica hanno saputo accogliere senza riserve il dono della Redenzione.

Tuttavia la gioia di ogni Giubileo è in particolare modo 'una gioia per la remissione delle colpe, la gioia della conversione'. Sembra perciò opportuno mettere nuovamente in primo piano ciò che costituì il tema del 'Sinodo dei Vescovi nel 1983, cioè la penitenza e la riconciliazione'15. Quel Sinodo fu un evento estremamente significativo nella storia della Chiesa postconciliare. Esso riprese la questione sempre attuale della conversione ("metanoia"), che è la condizione preliminare per la riconciliazione con Dio tanto delle singole persone quanto delle comunità.

 

33.     È giusto pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al termine, la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere 'forme di antitestimonianza e di scandalo'.

La Chiesa, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: essa 'riconosce sempre come propri', davanti a Dio e davanti agli uomini, 'i figli peccatori'. Afferma al riguardo la 'Lumen gentium': "La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento"16.

La Porta Santa del Giubileo del 2000 dovrà essere simbolicamente più grande delle precedenti, perché l'umanità, giunta a quel traguardo, si lascerà alle spalle non soltanto un secolo, ma un millennio. È bene che la Chiesa imbocchi questo passaggio con la chiara coscienza di ciò che ha vissuto nel corso degli ultimi dieci secoli. Essa non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà, incoerenze, ritardi. Riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e di coraggio che ci aiuta a rafforzare la nostra fede, rendendoci avvertiti e pronti ad affrontare le tentazioni e le difficoltà dell'oggi.

 

34.     Tra i peccati che esigono un maggiore impegno di penitenza e di conversione devono essere annoverati certamente quelli che 'hanno pregiudicato l'unità voluta da Dio per il suo Popolo'. Nel corso dei mille anni che si stanno concludendo, ancor più che nel primo millennio, la comunione ecclesiale, "talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti"17, ha conosciuto dolorose lacerazioni che contraddicono apertamente alla volontà di Cristo e sono di scandalo al mondo18. Tali peccati del passato fanno sentire ancora, purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel presente. È necessario farne ammenda, invocando con forza il perdono di Cristo.

In quest'ultimo scorcio di millennio, la Chiesa deve rivolgersi con più accorata supplica allo Spirito Santo implorando da Lui la grazia dell''unità dei cristiani'. È questo un problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II sono state molte le iniziative ecumeniche intraprese con generosità ed impegno: si può dire che tutta l'attività delle Chiese locali e della Sede Apostolica abbia assunto in questi anni un respiro ecumenico. Il 'Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei Cristiani' è divenuto uno dei principali centri propulsori del processo verso la piena unità.

Siamo però tutti consapevoli che il raggiungimento di questo traguardo non può essere solo frutto di sforzi umani, pur indispensabili. 'L'unità, in definitiva, è dono dello Spirito Santo'. A noi è chiesto di assecondare questo dono senza indulgere a leggerezze e reticenze nella testimonianza della verità, ma mettendo in atto generosamente le direttive tracciate dal Concilio e dai successivi documenti della Santa Sede, apprezzati anche da molti tra i cristiani non in piena comunione con la Chiesa cattolica.

Ecco, dunque, uno dei compiti dei cristiani incamminati verso l'anno 2000. L'avvicinarsi della fine del secondo millennio sollecita tutti ad un 'esame di coscienza' e ad opportune iniziative ecumeniche, così che al Grande Giubileo ci si possa presentare, se non del tutto uniti, 'almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio'. È necessario al riguardo - ognuno lo vede - uno sforzo enorme. Bisogna proseguire nel dialogo dottrinale, ma soprattutto impegnarsi di più nella 'preghiera ecumenica'. Essa s'è molto intensificata dopo il Concilio, ma deve crescere ancora coinvolgendo sempre più i cristiani, in sintonia con la grande invocazione di Cristo, prima della Passione: "Padre... siano anch'essi in noi una cosa sola" (Gv 17,21).

 

35.     Un altro capitolo doloroso, sul quale i figli della Chiesa non possono non tornare con animo aperto al pentimento, è costituito dall'acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a 'metodi di intolleranza e persino di violenza' nel servizio alla verità.

È vero che un corretto giudizio storico non può prescindere da un'attenta considerazione dei condizionamenti culturali del momento, sotto il cui influsso molti possono aver ritenuto in buona fede che un'autentica testimonianza alla verità comportasse il soffocamento dell'altrui opinione o almeno la sua emarginazione. Molteplici motivi spesso convergevano nel creare premesse di intolleranza, alimentando un'atmosfera passionale alla quale solo grandi spiriti veramente liberi e pieni di Dio riuscivano in qualche modo a sottrarsi. Ma la considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l'immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza. Da quei tratti dolorosi del passato emerge una lezione per il futuro, che deve indurre ogni cristiano a tenersi ben saldo all'aureo principio dettato dal Concilio: "La verità non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore"19.

 

36.     Un serio esame di coscienza è stato auspicato da numerosi Cardinali e Vescovi soprattutto 'per la Chiesa del presente'. Alle soglie del nuovo Millennio i cristiani devono porsi umilmente davanti al Signore per interrogarsi 'sulle responsabilità che anch'essi hanno nei confronti dei mali del nostro tempo'. L'epoca attuale, infatti, accanto a molte luci, presenta anche non poche ombre.

Come tacere, ad esempio, dell''indifferenza religiosa', che porta molti uomini di oggi a vivere come se Dio non ci fosse o ad accontentarsi di una religiosità vaga, incapace di misurarsi con il problema della verità e con il dovere della coerenza? A ciò sono da collegare anche la diffusa perdita del senso trascendente dell'esistenza umana e lo smarrimento in campo etico, persino nei valori fondamentali del rispetto della vita e della famiglia. Una verifica si impone pure ai figli della Chiesa: quanto sono anch'essi toccati dall'atmosfera di secolarismo e relativismo etico? E quanta parte di responsabilità devono anch'essi riconoscere, di fronte alla dilagante irreligiosità, per non aver manifestato il genuino volto di Dio, a causa dei "difetti della propria vita religiosa, morale e sociale"?20

Non si può infatti negare che la vita spirituale attraversi, in molti cristiani, 'un momento di incertezza' che coinvolge non solo la vita morale, ma anche la preghiera e la stessa 'rettitudine teologale della fede'. Questa, già messa alla prova dal confronto col nostro tempo, è talvolta disorientata da indirizzi teologici erronei, che si diffondono anche a causa della crisi di obbedienza nei confronti del Magistero della Chiesa.

E quanto alla testimonianza della Chiesa nel nostro tempo, come non provare dolore per 'il mancato discernimento', diventato talvolta persino acquiescenza, di non pochi cristiani di fronte alla violazione di fondamentali diritti umani da parte di regimi totalitari? E non è forse da lamentare, tra le ombre del presente, la corresponsabilità di tanti cristiani 'in gravi forme di ingiustizia e di emarginazione sociale?' C'è da chiedersi quanti, tra essi, conoscano a fondo e pratichino coerentemente le direttive della dottrina sociale della Chiesa.

L'esame di coscienza non può non riguardare anche la 'ricezione del Concilio', questo grande dono dello Spirito alla Chiesa sul finire del secondo millennio. In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana, come chiedeva la 'Dei Verbum?' È vissuta la liturgia come "fonte e culmine" della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della 'Sacrosanctum Concilium?' Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari, l'ecclesiologia di comunione della 'Lumen gentium', dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l'autentico spirito del Vaticano II? Una domanda vitale deve riguardare anche lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. Le direttive conciliari - offerte nella 'Gaudium et spes' e in altri documenti - di un dialogo aperto, rispettoso e cordiale, accompagnato tuttavia da un attento discernimento e dalla coraggiosa testimonianza della verità, restano valide e ci chiamano a un impegno ulteriore.

 

37.     La Chiesa del primo millennio nacque dal sangue dei martiri: "'Sanguis martyrum - semen christianorum'"21. Gli eventi storici legati alla figura di Costantino il Grande non avrebbero mai potuto garantire uno sviluppo della Chiesa quale si verificò nel primo millennio, se non fosse stato per quella 'seminagione di martiri e per quel patrimonio di santità che caratterizzarono le prime generazioni cristiane'. Al termine del secondo millennio, 'la Chiesa è diventata nuovamente Chiesa di martiri'. Le persecuzioni nei riguardi dei credenti - sacerdoti, religiosi e laici - hanno operato una grande semina di martiri in varie parti del mondo. La testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, come rilevava già Paolo VI nella omelia per la canonizzazione dei martiri ugandesi22.

'È una testimonianza da non dimenticare'. La Chiesa dei primi secoli, pur incontrando notevoli difficoltà organizzative, si è adoperata per fissare in appositi martirologi la testimonianza dei martiri. Tali martirologi sono stati aggiornati costantemente attraverso i secoli, e nell'albo dei santi e dei beati della Chiesa sono entrati non soltanto coloro che hanno versato il sangue per Cristo, ma anche maestri della fede, missionari, confessori, vescovi, presbiteri, vergini, coniugi, vedove, figli.

'Nel nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi "militi ignoti" della grande causa di Dio'. Per quanto è possibile non devono andare perdute nella Chiesa le loro testimonianze. Come è stato suggerito nel Concistoro, 'occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio', raccogliendo la necessaria documentazione. Ciò non potrà non avere anche un respiro ed una eloquenza ecumenica. 'L'ecumenismo dei santi', dei martiri, è forse il più convincente. La 'communio sanctorum' parla con voce più alta dei fattori di divisione. Il 'martyrologium' dei primi secoli costituì la base del culto dei santi. Proclamando e venerando la santità dei suoi figli e figlie, la Chiesa rendeva sommo onore a Dio stesso; nei martiri venerava il Cristo, che era all'origine del loro martirio e della loro santità. Si è sviluppata successivamente la prassi della canonizzazione, che tuttora perdura nella Chiesa cattolica e in quelle ortodosse. In questi anni si sono moltiplicate le canonizzazioni e le beatificazioni. Esse manifestano 'la vivacità delle Chiese locali', molto più numerose oggi che nei primi secoli e nel primo millennio. Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell'onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana.

Sarà compito della Sede Apostolica, nella prospettiva del terzo Millennio, 'aggiornare i martirologi' per la Chiesa universale, prestando grande attenzione alla santità di quanti 'anche nel nostro tempo' sono vissuti pienamente nella verità di Cristo. In special modo ci si dovrà adoperare per il riconoscimento dell'eroicità delle virtù di uomini e di donne che hanno realizzato la loro vocazione cristiana 'nel Matrimonio': convinti come siamo che anche in tale stato non mancano frutti di santità, sentiamo il bisogno di trovare le vie più opportune per verificarli e proporli a tutta la Chiesa a modello e sprone degli altri sposi cristiani.

 

38.     Un'ulteriore esigenza sottolineata dai Cardinali e dai Vescovi è quella di 'Sinodi a carattere continentale', sulla scia di quelli già celebrati per l'Europa e per l'Africa. L'ultima Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano ha accolto, in sintonia con l'Episcopato Nord-Americano, la proposta di un 'Sinodo per le Americhe' sulle problematiche della nuova evangelizzazione in due parti dello stesso continente tanto diverse tra loro per origine e storia, e sulle tematiche della giustizia e dei rapporti economici internazionali, tenendo conto dell'enorme divario tra il Nord e il Sud.

Un Sinodo a carattere continentale sembra opportuno per l''Asia', dove più marcata è la questione dell'incontro del cristianesimo con le antichissime culture e religioni locali. Una grande sfida, questa, per l'evangelizzazione, dato che sistemi religiosi come il buddismo o l'induismo si propongono con un chiaro carattere soteriologico. Esiste allora l'urgente bisogno che, in occasione del Grande Giubileo, si illustri e si approfondisca la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del mondo, ben distinguendolo dai fondatori di altre grandi religioni, nelle quali pur si trovano elementi di verità, che la Chiesa considera con sincero rispetto, vedendovi un riflesso della Verità che illumina tutti gli uomini23. Nel 2000 dovrà risuonare con forza rinnovata la proclamazione della verità: "Ecce natus est nobis Salvator mundi".

Anche per l''Oceania' potrebbe essere utile un Sinodo regionale. In questo Continente esiste, tra l'altro, il dato di popolazioni aborigene, che evocano in modo singolare alcuni aspetti della preistoria del genere umano. In tale Sinodo, dunque, un tema da non trascurare, insieme con altri problemi del Continente, dovrebbe essere l'incontro del cristianesimo con quelle antichissime forme di religiosità, significativamente caratterizzate da un orientamento monoteistico.

 




14 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.



15 Cfr. Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre 1984), AAS 77 (1985), 185-275.



16 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8.



17 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. sull'Ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.



18 Cfr. Ibid., 1.



19 CONC. ECUM. VAT. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 1.



20 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 19.



21 Tertulliano, Apol., 50, 13: CCL I,171.



22 Cfr. AAS 56 (1964), 906.



23 Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Dich. sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 2.






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