I. – Il rinnovamento nella linea della tradizione
3. Rispondendo alle istanze dei Padri del
Concilio di Trento, preoccupati della riforma della Chiesa del loro tempo, Papa
san Pio V provvide alla riforma dei libri liturgici, in primo luogo del
breviario e del messale. Fu questo il medesimo obiettivo che perseguirono i
romani Pontefici nel corso dei secoli seguenti assicurando l'aggiornamento o
definendo i riti e i libri liturgici, e poi, dall'inizio di questo secolo,
intraprendendo una riforma più generale.
San Pio X istituì una speciale commissione incaricata di
questa riforma, per il cui compimento pensava che sarebbero stati necessari
parecchi anni; tuttavia, egli pose la prima pietra dell'edificio ripristinando
la celebrazione della domenica e riformando il breviario romano (Pii X «Divino
Afflatu», die 1 nov. 1911: AAS 3 [1911] 633-638). «In verità tutto questo
esige, - egli affermava - secondo il parere degli esperti, un lavoro tanto
grande quanto diuturno; e perciò è necessario che passino molti anni, prima che
questo, per così dire, edificio liturgico... riappaia di nuovo splendente nella
sua dignità e armonia, una volta che sia stato come ripulito dallo squallore
dell'invecchiamento» (Pii X «Abhine Duos Annos», die 23 oct. 1913: AAS 5 [1913]
449-450).
Pio XII riprese il grande progetto della riforma liturgica
pubblicando l'enciclica «Mediator Dei» (Pii XII «Mediator Dei», die 20 nov.
1947: AAS 39 [1947] 521-600) ed istituendo una commissione (Sacrae Congr.
Rituum, Sectio historica, 71, «Memoria sulla riforma liturgica» [1946]). Egli prese,
altresì, delle decisioni su alcuni punti importanti, quali la nuova versione
del salterio, per facilitare la comprensione della preghiera dei salmi (Pii XII
«In Cotidianis Precibus», die 24 mar. 1945: AAS 37 [1945] 65-67),
l'attenuazione del digiuno eucaristico, per favorire un più facile accesso alla
Comunione, l'uso della lingua viva nel rituale, e, soprattutto, la riforma
della veglia pasquale (Sacrae Congr. Rituum Decretum «Dominicae
Resurrectionis», die 9 febr. 1951: AAS 43 [1951] 128-129) e della settimana
santa (Sacrae Congr. Rituum
Decretium «Maxima Redemptionis», die 16 nov. 1955: AAS 47 [1955] 838-841).
Nell'introduzione al messale romano del 1962, si premetteva
la dichiarazione di Giovanni XXIII, secondo la quale «i fondamentali princìpi,
relativi alla riforma generale della liturgia, dovevano essere affidati ai
Padri nel prossimo Concilio ecumenico» (Ioannis XXIII «Rubricarum Instructum»,
die 25 iul. 1960: AAS 52 [1960] 594).
4. Tale riforma d'insieme della liturgia
rispondeva ad una speranza generale di tutta la Chiesa. Infatti, lo spirito
liturgico si era diffuso sempre più in quasi tutti gli ambienti unitamente al
desiderio di una «partecipazione attiva ai sacrosanti misteri ed alla preghiera
pubblica e solenne della Chiesa» (Pii X «Tra le Sollecitudini dell'Officio
Pastorale», die 22 nov. 1903: «Pii X Pontificis Maximi Acta», I, 77), ed
all'aspirazione, altresì, di ascoltare la Parola di Dio in misura più
abbondante. Connessa col rinnovamento biblico, col movimento ecumenico, con lo
slancio missionario, con la ricerca ecclesiologica, la riforma della liturgia
doveva contribuire al rinnovamento globale di tutta la Chiesa. Questo ho
ricordato nella epistola «Dominicae Cenae»: «Esiste, infatti, un legame
strettissimo e organico tra il rinnovamento della liturgia e il rinnovamento di
tutta la vita della Chiesa. La Chiesa non solo agisce, ma si esprime anche
nella liturgia e dalla liturgia attinge le forze per la vita» («Dominicae
Cenae», 13).
La riforma dei riti e dei libri liturgici fu intrapresa
quasi immediatamente dopo la promulgazione della costituzione «Sacrosanctum
Concilium» e fu attuata in pochi anni grazie al considerevole e disinteressato
lavoro di un grande numero di esperti e di pastori di tutte le parti del mondo
(cfr. «Sacrosanctum Concilium», 25).
Questo lavoro è stato fatto sotto la guida del principio
conciliare: fedeltà alla Tradizione e apertura al legittimo progresso (cfr.
«Sacrosanctum Concilium», 23); perciò si può dire che la riforma liturgica è
strettamente tradizionale «ad normam Sanctorum Patrum» (cfr. «Sacrosanctum
Concilium», 50; «Missale Romanum», prooem. 6).
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