a) L'attualizzazione del mistero pasquale
6. Il primo principio è l'attualizzazione
del mistero pasquale di Cristo nella liturgia della Chiesa, perché «è dal
costato di Cristo dormiente sulla croce che è scaturito il mirabile sacramento
di tutta la Chiesa» («Sacrosanctum Concilium», 5; «Missale Romanum», Vigilia
paschalis, Oratio post VII lectionem). Tutta la vita liturgica gravita intorno
al sacrificio eucaristico ed agli altri sacramenti, ove attingiamo alle fonti
vive della salvezza (cfr. Is 12,3; cfr. «Sacrosanctum Concilium», 5-6.47.61.
102.106-107).
Dobbiamo, perciò, avere sufficiente coscienza che per il
«Mistero pasquale del Cristo siamo stati sepolti insieme con lui nella morte,
per risorgere con lui a vita nuova» («Missale Romanum», Vigilia paschalis,
Renovatio promissionum baptismalium). Quando i fedeli partecipano
all'Eucarestia, essi devono comprendere che veramente «ogni volta che
celebriamo questo memoriale del sacrificio del Signore, si compie l'opera della
nostra redenzione» («Missale Romanum», Missa «in Cena Domini», Oratio super
oblata). Ed a tal fine i pastori devono formarli con costante impegno a
celebrare ogni domenica l'opera meravigliosa che Cristo ha compiuto nel mistero
della sua Pasqua, affinché a loro volta lo annuncino al mondo (cfr. «Missale
Romanum», Proefatio I de Dominicis «per annum»). Nel cuore di tutti - pastori e
fedeli - la notte pasquale deve ritrovare la sua importanza unica nell'anno
liturgico, al punto tale da essere davvero la festa delle feste.
Poiché la morte di Cristo in croce e la sua risurrezione
costituiscono il contenuto della vita quotidiana della Chiesa (cfr. «Redemptor
Hominis», 7) ed il pegno della sua Pasqua eterna (cfr. «Dominicae Cenae», 4),
la liturgia ha come primo compito quello di ricondurci instancabilmente sul
cammino pasquale aperto da Cristo, in cui si accetta di morire per entrare nella
vita.
7. Per attualizzare il suo mistero
pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni
liturgiche (cfr. «Sacrosanctum Concilium», 7; Pauli VI «Mysterium Fidei», die 3
sept. 1965: AAS 57 [1965] 762.764). La liturgia è, perciò, il «luogo»
privilegiato dell'incontro dei cristiani con Dio e con colui che egli ha
inviato, Gesù Cristo (cfr. Gv 17,3).
Cristo è presente nella Chiesa riunita in preghiera nel suo
nome. È proprio questo fatto che fonda la grandezza dell'assemblea cristiana
con le conseguenti esigenze di accoglienza fraterna - spinta fino al perdono
(cfr. Mt 5,23-24) - e di decoro negli atteggiamenti, nei gesti e nei canti.
Cristo è presente ed agisce nella persona del ministro
ordinato che celebra (Sacrae Congr. Rituum, Instr. «Eucharisticum Mysterium», 9, die 25 maii 1967: AAS 59
[1967] 547). Questi non è solamente investito di una funzione, ma, in
virtù dell'ordinazione ricevuta, è stato consacrato per agire «in persona
Christi». A ciò deve corrispondere l'atteggiamento interiore ed esteriore,
anche nelle vesti liturgiche, nel posto che occupa e nelle parole che
proferisce.
Cristo è presente nella sua parola proclamata nell'assemblea
che, commentata nell'omelia, deve essere ascoltata nella fede e assimilata
nella preghiera. Tutto ciò deve risultare dalla dignità del libro e del luogo
per la proclamazione della Parola di Dio, dell'atteggiamento del lettore, nella
consapevolezza che questi è il portavoce di Dio dinanzi ai suoi fratelli.
Cristo è presente ed agisce per virtù dello Spirito Santo
nei sacramenti e, in modo singolare ed eminente («sublimiori modo») nel
sacrificio della Messa sotto le specie eucaristiche (cfr. Pauli VI «Mysterium
Fidei», die 3 sept. 1965: AAS 57 [1965] 763), anche quando sono conservate nel
tabernacolo al di fuori della celebrazione per la comunione soprattutto dei
malati e l'adorazione dei fedeli (cfr. Pauli VI «Mysterium Fidei», die 3 sept.
1965: AAS 57 [1965] 769-771). Circa questa reale e misteriosa presenza, spetta
ai pastori di ricordare frequentemente nelle loro catechesi, la dottrina della
fede, di cui i fedeli devono vivere e che i teologi sono chiamati ad
approfondire. La fede in questa presenza del Signore implica un segno esteriore
di rispetto verso la chiesa, luogo santo in cui Dio si manifesta nel suo
mistero (cfr. Es 3,5), soprattutto durante le celebrazioni dei sacramenti: le
cose sante devono essere sempre trattate santamente.
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