Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Ioannes Paulus PP. II
Augustinum hipponensem

IntraText CT - Lettura del testo
corrige.it
intelligenza artificiale ortografica
Il servizio automatico di controllo finale che verifica ogni parola nel contesto
e trova erri in visi bili ai norma li con troll i orto grafi ci

Provalo sui tuoi documenti. Gratis

  • II. – Il Dottore
    • 2. Dio e l'uomo
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

2. Dio e l'uomo

 

L'altro grande binomio che Agostino approfondì senza posa è Dio e l'uomo. Liberatosi, come ho detto sopra, dal materialismo che gli impediva di avere un'esatta nozione di Dio - e quindi la vera nozione dell'uomo -, fissò in questo binomio i grandi temi della sua ricerca e li studiò sempre insieme: l'uomo pensando a Dio, Dio pensando all'uomo, che ne è l'immagine.

 

Nelle «Confessioni» si pone queste due domande: «Che cosa sei tu per me, Signore?», «e che cosa sono io per te...?». Per rispondere ad esse impiega tutte le risorse del suo pensiero e tutta l'insonne fatica del suo apostolato. Egli è pienamente convinto dell'ineffabilità di Dio, tanto da esclamare: «Che c'è di strano se non comprendi. Se comprendi non è Dio»; perciò «non è un piccolo inizio della conoscenza di Dio se, prima di sapere che cosa egli è, cominciamo a sapere che cosa egli non è». Occorre dunque cercar «di capire Dio, se possiamo, per quanto lo possiamo, buono senza qualità, grande senza quantità, creatore senza necessità», e così via per tutte le categorie del reale che Aristotele aveva descritte.

 

Nonostante la trascendenza e l'ineffabilità divina Agostino, partendo dall'autocoscienza dell'uomo che sa di essere, di conoscere e di amare, e confortato dalla Scrittura che ci rivela Dio come l'Essere supremo (Es 3,14), la somma Sapienza (Sap passim) e il primo amore (1Gv 4,8), illustra questa triplice nozione di Dio: essere da cui procede, per creazione dal nulla, ogni essere, verità che illumina la mente umana perché possa conoscere con certezza la verità, amore da cui procede e a cui tende ogni vero amore. Dio infatti, come egli ripete tante volte, è «la causa del sussistere, la ragione del pensare, la norma del vivere» o, per riportare un'altra formula celebre, «la causa dell'universo creato, la luce della verità che percepiamo, la fonte della felicità che assaporiamo».

Ma dove il genio di Agostino si esercitò maggiormente fu nello studiare la presenza di Dio nell'uomo, presenza che è insieme profonda e misteriosa. Egli trova Dio, «l'interno-eterno», remotissimo e presentissimo: perché remoto l'uomo lo cerca, perché presente lo conosce e lo trova. Dio è presente come «sostanza creatrice del mondo», come verità illuminatrice, come amore che attrae, più intimo di quanto vi è nell'uomo di più intimo e più alto di quanto vi è di più alto. Riferendosi al periodo antecedente la conversione, Agostino dice a Dio: «Dov'eri dunque allora e quanto lontano da me? Io vagavo lontano da te... tu, invece, eri più dentro in me della mia parte più profonda e più alto della mia parte più alta»; «eri con me, e io non ero con te». E insiste: «eri davanti a me, ma io mi ero allontanato da me, e non mi ritrovavo. Tanto meno ritrovavo te». Chiunque non trova se stesso non trova Dio, perché Dio è nel profondo di ciascuno di noi.

 

L'uomo dunque non s'intende se non in ordine a Dio. Agostino ha illustrato con vena inesauribile questa grande verità, mentre studiava il rapporto dell'uomo con Dio e lo espresse nelle maniere più varie e più efficaci. Egli vede l'uomo come una tensione verso Dio. Sono celebri le sue parole: «Ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Lo vede come capacità di essere elevato fino alla visione immediata di Dio: il finito che raggiunge l'Infinito. L'uomo, scrive ne «La Trinità», «è immagine di Dio, in quanto è capace di Dio e può essere partecipe di lui». Questa capacità «impressa immortalmente nella natura immortale dell'anima razionale» è il segno della sua grandezza suprema: «in quanto è capace e può essere partecipe della natura suprema, l'uomo è una grande natura». Lo vede inoltre come un essere indigente di Dio, perché bisognoso della felicità che non può trovare se non in Dio. «La natura umana è stata creata in tanta eccellente grandezza che, per quanto mutabile, solo aderendo al Bene immutabile, che è il sommo Dio, può conseguire la felicità, né può colmare la sua indigenza senza essere felice, ma a colmarla non basta se non Dio».

 

Da questo rapporto costituzionale dell'uomo con Dio dipende l'insistente richiamo agostiniano all'interiorità. «Torna in te stesso; nell'uomo interiore abita la verità; e se troverai che la tua natura è mutabile, trascendi te stesso» per trovare Dio, fonte della luce che illumina la mente. Insieme alla verità c'è nell'uomo interiore la misteriosa capacità d'amare, la quale, come un peso - è questa la celebre metafora agostiniana -, lo porta al di fuori di sé, verso gli altri e soprattutto verso l'Altro, cioè Dio. Il peso dell'amore lo rende costituzionalmente sociale, al punto che «nessuno», come scrive Agostino, «è tanto sociale per natura quanto l'uomo».

 

L'interiorità dell'uomo, dove si raccolgono le ricchezze inesauribili della verità e dell'amore, costituisce «un abisso», che il nostro dottore non cessa mai di scrutare, e mai cessa di stupirsene. Ma a questo punto occorre aggiungere che l'uomo appare, per chi sia pensoso di sé e della storia, un grande problema, come dice Agostino, una «magna quaestio». Troppi sono gli enigmi che lo circondano: l'enigma della morte, della divisione profonda che soffre in se stesso, dello squilibrio insanabile tra ciò che è e ciò che desidera; enigmi che si riducono a quello fondamentale, che consiste nella sua grandezza e nella sua incomparabile miseria. Su questi enigmi, dei quali ha parlato a lungo il concilio Vaticano II quando si è proposto di illustrare «il mistero dell'uomo», Agostino si è gettato con passione e vi ha esercitato tutto l'acume della sua intelligenza non solo per scoprirne la realtà, che è spesso molto triste - se è vero che nessuno è tanto sociale per natura quanto l'uomo, è vero anche, aggiunge l'autore della «Città di Dio» edotto dalla storia, che «nessuno quanto l'uomo è tanto antisociale per vizio» - ma anche e soprattutto per cercarne e proporne la soluzione. Ora in quanto alla soluzione non ne trova che una, quella che gli era apparsa alla vigilia della sua conversione: Cristo, redentore dell'uomo. Su questa soluzione ho inteso il bisogno di richiamare anch'io l'attenzione dei figli della Chiesa e di tutti gli uomini di buona volontà nella mia prima enciclica, appunto la «Redemptor Hominis», lieto di raccogliere nella mia voce la voce di tutta la tradizione cristiana.

Entrando in questa problematica il pensiero di Agostino, pur restando fondamentalmente filosofico, si fa più teologico, e il binomio Cristo e la Chiesa, che aveva prima negato e poi riconosciuto negli anni della giovinezza, incomincia a illustrare quello più generale di Dio e dell'uomo.

 




Precedente - Successivo

Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License