4. Libertà
e grazia
Non
si finirebbe più a indicare, sia pure per sommi capi, i diversi aspetti della
teologia agostiniana. Un altro argomento importante, anzi fondamentale, legato pur
esso alla conversione, è quello della libertà e della grazia. Come già ho
ricordato, fu alla vigilia della conversione che prese coscienza della
responsabilità dell'uomo nelle sue azioni e della necessità della grazia
dell'unico Mediatore, di cui sperimentò la forza nel momento dell'ultima
decisione. Ne è testimonianza eloquente il libro VIII delle «Confessioni». Le
riflessioni personali e le controversie sostenute poi, particolarmente con i
seguaci dei manichei e dei pelagiani, gli offrivano l'opportunità di
approfondire i termini del problema e di proporne, sia pure con grande modestia
a causa della misteriosità della questione, una sintesi.
Sostenne
sempre che la libertà è un caposaldo dell'antropologia cristiana. Lo sostenne
contro i suoi antichi correligionari, contro il determinismo degli astrologi di
cui egli stesso era stato vittima, contro ogni forma di fatalismo; spiegò che
la libertà e la prescienza non sono inconciliabili, come pure non lo sono
libertà e aiuto della grazia divina. «Il libero arbitrio non viene tolto,
perché viene aiutato, ma viene aiutato perché non viene tolto». È celebre del
resto il principio agostiniano: «Chi ti ha creato senza di te, non ti
giustifica senza di te. Dunque, ha creato chi non sapeva, non giustifica chi
non vuole».
A
chi dubitava di questa conciliabilità o affermava il contrario dimostra con
lunga serie di testi biblici che libertà e grazia appartengono alla divina
rivelazione e che occorre tener ferme insieme le due verità. Vedere in
profondità la loro conciliazione è questione difficilissima che pochi sono in
grado di capire, e che può creare angustia per molti, perché difendendo la
libertà si può dare l'impressione di negare la grazia e viceversa. Occorre però
credere nella loro conciliabilità come nella conciliabilità di due prerogative
essenziali di Cristo dalle quali l'una e l'altra rispettivamente dipendono.
Cristo infatti è insieme salvatore e giudice. Ora, «se non c'è la grazia, come
salva il mondo? se non c'è il libero arbitrio come giudica il mondo?».
D'altra
parte Agostino insiste sulla necessità della grazia, che è insieme necessità
della preghiera. A chi diceva che Dio non comanda l'impossibile e perciò la
grazia non è necessaria, risponde che sì, è vero, «Dio non comanda
l'impossibile, ma comandando ti ammonisce di fare ciò che puoi e di chiedere
ciò che non puoi», e aiuta l'uomo perché possa, egli che «non abbandona nessuno
se non è abbandonato».
La
dottrina sulla necessità della grazia diventa la dottrina sulla necessità della
preghiera, su cui Agostino tanto insiste, perché, così egli scrive, «è certo
che Dio ha preparato alcuni doni anche a chi non li implora, come l'inizio
della fede, altri solo a chi li implora, come la perseveranza finale».
La
grazia è dunque necessaria per rimuovere gli ostacoli che impediscono alla
volontà di fuggire il male e di compiere il bene. Questi ostacoli sono due,
«l'ignoranza e la debolezza», soprattutto il secondo, «perché anche quando
incomincia a non rimanere più nascosto ciò che si deve fare..., non si agisce,
non si esegue, non si vive bene». Perciò la grazia adiuvante è soprattutto
«l'ispirazione della carità per cui facciamo con santo amore ciò che conosciamo
di dover fare».
Ignoranza
e debolezza sono due ostacoli che occorre superare per poter respirare la
libertà. Non sarà inutile ricordare che la difesa della necessità della grazia
è per Agostino la difesa della libertà cristiana. Partendo dalle parole di
Cristo: «se il Figlio vi libererà, allora sarete veramente liberi» (Gv 8,36),
egli si fece difensore e cantore di questa libertà che è inseparabile dalla
verità e dall'amore. Verità, amore, libertà, i tre grandi beni, che
appassionarono l'animo di Agostino e ne esercitarono il genio. Su di essi gettò
molta luce di intelligibilità.
Per fermarsi un
momento su quest'ultimo bene - quello della libertà - è il caso di osservare
che egli descrive ed esalta la libertà cristiana in tutte le sue forme. Queste
vanno dalla libertà dall'errore - la libertà invece dell'errore è «la peggior
morte dell'anima» -, attraverso il dono della fede che assoggetta l'anima alla
verità, fino alla libertà ultima e indefettibile, quella maggiore, che consiste
nel non poter morire e nel non poter peccare, cioè nell'immortalità e nella
piena giustizia. Tra queste due, che segnano l'inizio e il termine della
salvezza, illustra e proclama tutte le altre: la libertà dal peccato opera
della giustificazione; la libertà dal dominio delle passioni disordinate, opera
della grazia che illumina l'intelletto e dà tanta forza alla volontà da
renderla invitta contro il male, come sperimentò egli stesso nella conversione,
quando fu liberato dalla dura schiavitù; la libertà dal tempo che divoriamo e
ci divora, in quanto l'amore ci permette di vivere ancorati all'eternità.
Sulla
giustificazione, di cui espone le ineffabili ricchezze - la vita divina della
grazia, l'inabitazione dello Spirito Santo, la «deificazione» - fa un'importante
distinzione fra la remissione dei peccati che è piena e totale, piena e
perfetta, e il rinnovamento interiore che è progressivo e sarà pieno e totale
solo dopo la risurrezione quando tutto l'uomo diventerà partecipe
dell'immutabilità divina.
Sulla
grazia che fortifica la volontà insiste nel dire che essa opera per mezzo
dell'amore e pertanto rende invitta la volontà contro il male senza toglierle
la possibilità di non volere. Trattando delle parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni:
«nessuno viene a me se il Padre non lo attira» (Gv 6,44), commenta: «non
pensare di essere attratto contro la tua volontà: l'animo è attratto anche
dall'amore». Ma l'amore, osserva ancora, opera con «liberale soavità», perciò
«compie la legge liberamente chi la compie con amore»: «la legge della carità è
legge di libertà».
Non
meno insistente è l'insegnamento di Agostino sulla libertà del tempo, libertà
che Cristo, Verbo eterno, è venuto a portarci entrando nel mondo con l'incarnazione:
«O Verbo, esclama Agostino, che esisti prima dei tempi, per mezzo del quale
furono fatti i tempi, anche tu nato nel tempo pur essendo la vita eterna, tu
chiami all'esistenza gli esseri temporali e li rendi eterni». Si sa che il
nostro dottore ha scrutato molto il mistero del tempo e ha sentito e ha ridetto
il bisogno di trascendere il tempo per essere veramente. «Se anche tu vuoi
essere, trascendi il tempo. Ma chi può trascendere il tempo con le sue forze?
Ci elevi su in alto colui che ha detto al Padre: «Voglio che dove sono io,
siano anch'essi con me» (Gv 17,24)».
La
libertà cristiana, di cui ho fatto poco più che un accenno, viene vista e
studiata nella Chiesa, la città di Dio, che ne mostra gli effetti e, sostenuta
dalla grazia divina, li partecipa, per quanto dipende da lei, a tutti gli
uomini. È fondata infatti sull'amore «sociale» che abbraccia tutti gli uomini e
vuole unirli nella giustizia e nella pace; al contrario della città degli
iniqui che divide e pone l'uno contro l'altro perché fondata sull'amore
«privato».
Giova
ricordare qui qualcuna delle definizioni della pace che Agostino ha coniato
secondo le realtà alle quali viene applicata. Partendo dalla nozione che «la
pace degli uomini è l'ordinata concordia», definisce la pace della casa come
«l'ordinata concordia degli abitanti nel comandare e nell'obbedire»; così pure
la pace della città; continua poi: «la pace della città celeste è la
ordinatissima e la concordissima società di coloro che godono di Dio e
vicendevolmente in Dio». Dà poi la definizione della pace di tutte le cose che
è la tranquillità dell'ordine. Infatti definisce l'ordine stesso, che altro non
è se non «la disposizione di realtà uguali e disuguali che dà a ciascuno il
proprio posto».
Per
questa pace opera e a questa pace «sospira il popolo di Dio durante il suo
pellegrinaggio dalla partenza al ritorno».
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