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Ioannes Paulus PP. II
Dies Domini

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  • I – Dies Domini - La celebrazione dell'opera del Creatore
    • Dal sabato alla domenica
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Dal sabato alla domenica

 

18. Per questa essenziale dipendenza del terzo comandamento dalla memoria delle opere salvifiche di Dio, i cristiani, percependo l'originalità del tempo nuovo e definitivo inaugurato da Cristo, hanno assunto come festivo il primo giorno dopo il sabato, perché in esso è avvenuta la risurrezione del Signore. Il mistero pasquale di Cristo costituisce, infatti, la rivelazione piena del mistero delle origini, il vertice della storia della salvezza e l'anticipazione del compimento escatologico del mondo. Ciò che Dio ha operato nella creazione e ciò che ha attuato per il suo popolo nell'Esodo ha trovato nella morte e risurrezione di Cristo il suo compimento, anche se questo avrà la sua espressione definitiva solo nella parusia, con la venuta gloriosa di Cristo. In lui si realizza pienamente il senso «spirituale» del sabato, come sottolinea san Gregorio Magno: «Noi consideriamo vero sabato la persona del nostro Redentore, il Signore nostro Gesù Cristo».14 Per questo la gioia con cui Dio, nel primo sabato dell'umanità, contempla la creazione tratta dal nulla è ormai espressa da quella gioia con cui Cristo, nella domenica di Pasqua è apparso ai suoi, portando il dono della pace e dello Spirito (cfr Gv 20, 19-23). Nel mistero pasquale, infatti, la condizione umana, e con essa l'intera creazione, «che geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto» (Rm 8, 22), ha conosciuto il suo nuovo «esodo» verso la libertà dei figli di Dio che possono gridare, con Cristo, «Abbà, Padre» (Rm 8, 15; Gal 4, 6). Alla luce di questo mistero, il senso del precetto antico-testamentario sul giorno del Signore viene ricuperato, integrato e pienamente svelato nella gloria che rifulge sul volto di Cristo Risorto (cfr 2 Cor 4, 6). Dal «sabato» si passa al «primo giorno dopo il sabato», dal settimo giorno al primo giorno: il dies Domini diventa il dies Christi !

 




14 «Verum autem sabbatum ipsum redemptorem nostrum Iesum Christum Dominum habemus»: Epist. 13, 1: CCL 140A, 992.






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