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Charles Dickens Dickens- Cantico di Natale IntraText CT - Lettura del testo |
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Strofa Terza - Il secondo dei tre spiriti I Destato nel pieno di un russo prodigiosamente fragoroso e sorgendo a sedere nel mezzo del letto per raccogliere i suoi pensieri, Scrooge non ebbe bisogno di sentirsi dire che il tocco stava per suonare da capo. Sentiva di esser tornato in sé al momento preciso per abboccarsi col secondo messo mandatogli per mezzo di Giacobbe Marley. Se non che, per un molesto ribrezzo che lo pigliò pensando a quale delle cortine il novello Spirito si sarebbe affacciato, le aprì tutte con le proprie mani; poi, rimettendosi a giacere, stette tutto vigile a guardare intorno. Voleva subito affrontar lo Spirito e non già spiritar dalla sorpresa. Le persone franche, le quali si vantano di non conoscere che un paio di emozioncelle e di star sempre salde ad ogni sorpresa, esprimono la vasta misura del loro coraggio impassibile dicendosi buone così per una partita a birilli come per sbudellare un uomo in duello. Tra i due estremi ci deve essere però un campo piuttosto vasto e variato. Senza osare di mettere Scrooge a quell'altezza, vorrei nondimeno farvi credere ch'egli era pronto a molte e strane apparizioni e che nulla, dalla vista di un bambino a quella di un rinoceronte, gli avrebbe recato un grande stupore. Ora, l'essere preparato a tutto non volea mica dire ch'ei fosse preparato a niente; e per conseguenza, quando il tocco squillò e nessun'ombra apparve, ei fu preso da un violento tremore. Cinque minuti passarono, dieci, quindici, e niente veniva. Egli intanto, sempre giacente sul letto, si vedeva fatto centro di una gran luce rossastra, piovutagli sopra nel punto stesso in cui l'ora era battuta; la quale luce, non essendo altro che luce, era più spaventevole di una dozzina di spiriti, non potendo egli indovinare che cosa volesse dire e che ne uscirebbe. A momenti, lo pigliava il timore di essere egli stesso un caso interessante di combustione spontanea, senza aver neppure la consolazione di saperlo. Alla fine, però, incominciò a pensare - come voi ed io avremmo pensato subito, perché le persone estranee al caso sanno sempre egregiamente quel che si dovea fare nel tal caso e lo avrebbero fatto senz'altro - alla fine, dico, incominciò a pensare che l'arcana sorgente di cotesta luce spiritica potesse essere nella camera contigua; dalla quale infatti, seguendone i raggi, la si vedea scaturire. Preso da quest'idea, si alzò pianamente e se n'andò strascicando in pantoffole verso la porta. Nel punto stesso che metteva la mano sul saliscendi una strana voce lo chiamò per nome e gl'impose di venire avanti. Scrooge obbedì. Era la sua camera, proprio quella, ma trasformata mirabilmente. Pendevano dal soffitto e dalle pareti tante frasche verdeggianti, da formare un vero boschetto, di mezzo al quale le bacche lucenti mandavano raggi di fuoco vivo. Le frondi grinzose delle querce, dell'edera, dell'agrifoglio rimandavano la luce, come specchietti tremolanti; e una vampa così poderosa rumoreggiava su per la gola del camino, che quel gelido focolare non avea mai visto la simile a tempo di Scrooge e di Marley o per molti e molti inverni passati. Ammontati per terra, quasi a formare una specie di trono, vedevansi tacchini, forme di cacio, caccia, polli, gran tocchi di carne rifredda, porcellini di latte, lunghe ghirlande di salsicce, focacce e pasticcini, barili di ostriche, castagne bruciate, mele rubiconde, arance succose, pere melate, ciambelle immani, tazzoni di ponce bollente, che annebbiavano la camera col loro delizioso vapore. Adagiavasi su cotesto giaciglio un allegro Gigante, magnifico all'aspetto, il quale brandiva con la destra una torcia fiammante, quasi a foggia di un corno di Abbondanza, e l'alzava, l'alzava, per gettarne la luce sulla persona di Scrooge nel punto che questi spingeva dentro il capo dalla porta socchiusa. - Entra! - gridò lo Spirito. - Entra! e impara a conoscermi, uomo! - Scrooge entrò timidamente e piegò il capo davanti allo Spirito. Non era più l'arcigno Scrooge di prima; e benché gli occhi di quello fossero limpidi e buoni, non gli piaceva troppo di incontrarli. - Io sono lo spirito di questo Natale - disse lo Spirito. - Guardami! - Scrooge reverente obbedì. Portava lo Spirito una semplice veste verde-cupo, o tunica che fosse, orlata di pelo bianco, la quale con tanta scioltezza gli pendeva indosso, che l'ampio torace sporgeva nudo come sdegnoso di celarsi o difendersi in alcun modo. Anche i piedi, disotto alle ampie pieghe della veste, vedevansi nudi; e sul capo, nessun altro cappello che una ghirlanda d'agrifoglio aggraziata da ghiacciuoli scintillanti. Lunghi e fluenti i riccioli della chioma nera; liberi, come il viso era aperto e geniale, lucido l'occhio, aperta la mano, gioconda la voce, franchi gli atti, ridente l'aspetto. Legata alla cintura portava un'antica guaina, senza lama dentro e tutta mangiata dalla ruggine. - Un altro come me, - esclamò lo Spirito, - tu non l'hai visto mai! - Mai, - rispose Scrooge. - Non sei andato attorno co' più giovani della mia famiglia; voglio dire (perché io sono giovanissimo) i miei fratelli maggiori nati in questi ultimi anni? - Non mi pare, - disse Scrooge. - temo di no. Avete avuto molti fratelli, Spirito? - Più di milleottocento, - rispose lo Spirito. - Una famiglia tremenda a mantenere! - borbottò Scrooge. Lo Spirito si alzò. - Spirito, - pregò Scrooge in atto sommesso, - menatemi dove vi piace. Stanotte scorsa sono andato fuori per forza ed ho imparato una lezione che già mi va lavorando dentro. Questa notte qui, se m'avete da insegnar qualche cosa, fate che io ne profitti. - Tocca la mia veste! - Scrooge non se lo fece dire due volte e vi si tenne saldo. Agrifoglio, querce, bacche rosse, edera, tacchini, cacio, polli, caccia, tocchi di carne, porcellini, salsicce, ostriche, focacce, pasticci, frutta, ponce, tutto sparì all'istante. E così pure la camera, e il fuoco, e la vampa rosseggiante, e l'ora della notte. Ed eccoli tutti e due, la mattina di Natale, per le vie della città, dove la gente faceva una certa musica barbaresca, ma non affatto spiacente, raschiando la neve davanti alle case o di sopra ai tetti, donde, fra le gioconde acclamazioni dei ragazzi, piovevano le bianche falde e turbinavano nell'aria burrasche artificiali. Nere parevano le case, più nere le finestre, tra il bianco e morbido lenzuolo di neve steso sui tetti e la neve, un po' meno pulita, che copriva il suolo. Questa era stata dissodata ed arata in solchi profondi dalle ruote dei carri e delle carrozze; e cotesti solchi, all'incrociarsi delle vie principali, s'intersecavano cento e cento volte, facendo intricati canali nella mota giallognola e nell'acqua diacciata. Il cielo era fosco, e le vie più anguste erano affogate da una densa nebbia che cadeva in nevischio e in pioggia di atomi fuligginosi, come se tutti i camini della Gran Bretagna avessero preso fuoco di comune accordo e allegramente divampassero. In verità né il tempo era molto allegro né la città, e nondimeno una certa allegrezza spandevasi intorno che il più limpido cielo e il più splendido sole d'estate non avrebbero potuto dare. Perché la gente che spazzava i tetti era piena di brio e di contentezza; si chiamavano da una casa all'altra, si scambiavano di tanto in tanto una pallottola di neve - proiettile più innocuo di parecchi frizzi - ridendo cordialmente se coglievano giusto e non meno cordialmente se sbagliavano la mira. Le botteghe dei pollaioli erano ancora mezzo aperte, quelle dei fruttivendoli raggiavano gloriose. Qua, dei grossi panieri di castagne, rotondi, panciuti, simili agli ampi panciotti di vecchi corcontenti, tentennavano fuori della porta, pronti a rovesciarsi nella via della loro apoplettica corpulenza. Là, delle cipolle di Spagna, rossastre, gonfie, lucenti nella loro carnosità come frati di Spagna, occhieggiavano furbescamente dall'alto delle scansie alle ragazze che passavano guardando di sottecchi ai rami sospesi di visco. E poi, pere e mele, ammontate in piramidi fiorenti; mazzi di grappoli che la benevolenza del venditore avea sospesi bene in vista, perché la gente si sentisse l'acquolina in bocca e si rinfrescasse gratis et amore; montagne di nocciuole, muscose e brune, che ricordavano con la loro fragranza antiche passeggiate nei boschi dove s'affondava fino alla noce del piede nelle foglie secche; biffins di Norfolk, paffuti e nericci, che rialzavano il giallo degli aranci e dei limoni, e nella compattezza delle succose persone urgevano e pregavano per essere portati a casa bene avvolti nella carta e mangiati dopo desinare. Gli stessi pesci d'oro e d'argento, esposti in tanti boccali fra tanta ricchezza di frutta, benché appartenessero ad una razza malinconica e fredda, si accorgevano in certo modo che qualche cosa d'insolito accadeva, e tutti, grossi e piccini, giravano e rigiravano aprendo la bocca pel loro piccolo mondo in una lenta e tranquilla agitazione. E le drogherie! oh, le drogherie! chiuse a metà, o solo con una o due imposte tolte via; ma che bellezza di spettacolo traverso a quelle aperture! e non era soltanto che le bilance suonassero allegramente sul marmo del banco, o che le forbici tagliassero così svelte lo spago degli involti, o che i barattoli passassero rumoreggiando di mano in mano come bussolotti, o che i profumi mescolati del tè e del caffè accarezzassero il naso, o che i grappoli di uva passa fossero così pieni e biondi, e le mandorle così candide, e la cannella così lunga e dritta, e così squisite l'altre spezie, e le frutta candite così ben vestite e brillanti di zucchero da commuovere e far sdilinquire i più freddi spettatori. E non era nemmeno che i fichi fossero sugosi e polputi, o che le susine di Francia arrossissero nella loro agrezza pudica nelle scatole riccamente adorne, o che ogni cosa fosse buona da mangiare e si mostrasse nei suoi abiti della festa natalizia. Ma gli avventori bisognava vedere! gli avventori ansiosi e frettolosi, i quali per godere le provviste della giornata, si rotolavano l'uno sull'altro alla porta, si urtavano co' panieri, lasciavano sul banco la roba comprata, tornavano correndo a riprenderla, facendo cento errori simili con la maggior possibile allegria; mentre il droghiere e i suoi garzoni erano così franchi e gioviali che i lucidi fermagli a cuore dei loro grembiuli potevano passare pei loro cuori, esposti all'osservazione generale e a disposizione di chi più li volesse. Ma di lì a poco le campane chiamarono la buona gente in chiesa o alla cappella, ed eccoli sbucare in frotta dalle vie con gli abiti della festa e i visi più allegri. E, nel punto stesso, ecco scaturire da vicoletti, androni, chiassuoli, una moltitudine di gente che portava il suo desinare al fornaio. La vista di cotesti poveri festaioli pareva star molto a cuore allo Spirito, il quale, con allato Scrooge, si fermò sulla soglia di un forno, e sollevando i coperchi dei piatti via via che passavano, spargeva incenso sulle vivande con una scossa della sua torcia. Strana torcia era questa, perché una o due volte, essendo corse parole vivaci fra alcuni di quei portatori di desinari, ei ne schizzò una spruzzaglia di acqua che subito li fece tornare di buon umore. Era una vergogna, dicevano, bisticciarsi il giorno di Natale. E così era in effetto! Dio di misericordia, così era! Una dopo l'altra tacquero le campane e i forni si chiusero; eppure, nel vapore umido che si librava sopra ogni forno, le cui stesse pietre fumavano come se anch'esse si cocessero, c'era una gioconda irradiazione di tutti cotesti desinari e del cuocersi lento. - C'è forse un sapore speciale nello spruzzo della vostra torcia? - domandò Scrooge. - C'è. Il mio. - E si può comunicare a qualunque desinare d'oggi? - A qualunque desinare cordialmente offerto, e soprattutto ai più poveri. - Perché? - Perché i più poveri ne hanno più bisogno. - Spirito, - disse Scrooge dopo aver pensato un momento, - io stupisco che proprio voi, fra tutti gli esseri dei tanti mondi che girano intorno, proprio voi vi siate accollato l'ufficio di lesinare a questa gente le occasioni di un piacere innocente. - Io! - esclamò lo Spirito. - Voi togliete loro il mezzo di desinare ogni settimo giorno, che è spesso il solo giorno in cui si possa dire che siedono a mensa. Non è forse vero? - Io! - esclamò lo Spirito. - Non siete voi che volete chiusi questi forni il settimo giorno? Mi pare che torni lo stesso. - Io voglio cotesto! - esclamò lo Spirito. - Perdonatemi se ho torto. In vostro nome si fa, o almeno in nome della vostra famiglia, - disse Scrooge. - Vivono alcuni su cotesta tua terra, - rispose lo Spirito, - i quali si figurano di conoscer noi e compiono in nome nostro i loro atti di ira, orgoglio, malvagità, odio, invidia, ipocrisia, egoismo; e costoro sono così estranei a noi e a tutta la nostra famiglia come se mai fossero venuti al mondo. Ricordati questo, e le azioni loro addebita a loro, non già a noi. - Scrooge promise che così avrebbe fatto; e andarono oltre, invisibili come prima, per entro ai sobborghi della città. Una singolare virtù avea lo Spirito (già da Scrooge notata pocanzi) che, ad onta della gigantesca statura, ei s'acconciava comodamente dovunque, e che sotto il tetto più basso serbava la stessa grazia e la stessa dignità soprannaturale che avrebbe spiegato sotto le volte maestose di un palazzo. E fu per avventura la compiacenza che il buono Spirito trovava nel far mostra di cotesto suo potere, o forse la sua stessa natura generosa e cordiale e la sua simpatia per tutti i poveri, che lo portò difilato a casa del commesso di Scrooge. Ivi si recò, traendosi dietro Scrooge, attaccato al lembo della veste; e giunto sulla soglia, lo Spirito sorrise e si fermò per benedire la dimora di Bob Cratchit con gli spruzzi della sua torcia. Figurarsi! Bob non aveva che quindici bob alla settimana, come il popolo chiama gli scellini; tutti i sabati intascava appena quindici esemplari del suo nome di battesimo; eppure lo Spirito di Natale volle benedire quella sua casetta di quattro camere. Si alzò allora la signora Cratchit, la moglie di Bob, con indosso una povera veste due volte rivoltata, ma tutta galante di nastri, i quali costano poco e fanno una figura vistosa. E la signora Cratchit mise la tovaglia, con l'aiuto di Belinda Cratchit, secondogenita, anch'ella raggiante di nastri; mentre il piccolo Pietro Cratchit, chinandosi per immergere una forchetta nella pentola delle patate, riusciva a cacciarsi in bocca le punte del suo mostruoso collo di camicia (proprietà paterna, conferita al figlio ed erede in onore della festa) e bruciava dalla voglia di far pompa di tanta biancheria nelle passeggiate alla moda. Due Cratchit più piccini, maschio e femmina, irruppero dentro gridando che di fuori al forno aveano sentito l'odore dell'oca e che l'avevano riconosciuta per l'oca loro; e inebriandosi nella festosa visione di una salsa di salvia e cipolla, i due piccoli Cratchit si dettero a danzare intorno alla tavola, e levarono a cielo il signor Pietro, il quale, umile in tanta gloria benché quasi soffocato dal collo immane, soffiava nel fuoco, fino a che le patate levarono il bollore e picchiarono forte al coperchio della pentola per esser tratte fuori e pelate. - Che fa il babbo che non si vede! - disse la signora Cratchit. - E vostro fratello, Tini Tim? E Marta? l'altro Natale era già qui da mezz'ora! - Ecco Marta, mamma! - disse una giovinetta entrando. - Ecco Marta, mamma! - gridarono i due Cratchit piccini. - Se sapessi che oca c'è, Marta, che oca! - Ah, figliuola mia, che Dio ti benedica, come vieni tardi! - disse la signora Cratchit, baciandola una dozzina di volte e togliendole lo scialletto e il cappellino con materna sollecitudine. - Abbiamo avuto un sacco di lavoro da finire, rispose la fanciulla, - e s'aveva a consegnarlo stamane, mamma. - Bene, bene! Adesso che ci sei, non importa, - disse la signora Cratchit. - Mettiti un po' qui al fuoco, cara, datti una fiammatina, che il Signore ti benedica! - No, no! Ecco papà che viene, - gridarono i due piccoli Cratchit, che si trovavano nel momento stesso dapertutto. - Nasconditi, Marta, nasconditi! - E Marta si nascose; e subito, ecco entrare Bob, il padre, con tre braccia di cravatta pendente davanti, senza contar la frangia, co' vestiti ben rimendati e spazzolati per parer di festa, e con Tiny Tim sulla spalla. Povero Tiny! ci portava una gruccetta e una macchinetta di ferro per tenersi ritto! - E Marta dov'è? - esclamò Bob guardandosi attorno. - Non viene - rispose la moglie. - Non viene! - ripetette Bob, perdendo di botto tutta l'allegria con la quale avea trottato per conto di Tiny dalla chiesa fino a casa. - Non viene, il giorno di Natale! - Marta mal soffriva di vederlo scontento, fosse anche per celia; sicché sbucò prima del tempo dal suo nascondiglio e gli si gettò fra le braccia, mentre i due piccoli Cratchit si pigliavano Tiny Tim e se lo portavano nel lavatoio per fargli sentire come cantava il bodino nella casseruola. - E come s'è portato il piccolo Tim? - domandò la signora Cratchit, dopo aver motteggiato Bob sulla sua credulità e dopo che questi si fu saziato di abbracciar la figliuola. - Come un angelo, - rispose Bob, - e meglio ancora. Stando tanto tempo a sedere, diventa meditativo e non ti puoi figurare che strani pensieri gli vengono. M'ha detto or ora, tornando a casa, che sperava essere stato guardato in chiesa dalla gente, storpio com'è, e che deve far piacere, il giorno di Natale, ricordarsi di colui che fece camminare i poveri zoppi e vedere i ciechi. - La voce di Bob tremava un poco così dicendo, e più forte tremò quando soggiunse che Tim s'andava facendo più sano e più forte. S'udì l'agile gruccetta sbattere sull'impiantito, e Tiny Tim subito riapparve, accompagnato dal fratello e dalla sorella fino al suo sgabelletto accanto al fuoco. Bob intanto, rimboccate le maniche - quasi che, poveretto, si potessero consumare di più! - faceva in una brocca un suo miscuglio di ginepro e limone e girava e rigirava e lo metteva sul fuoco a bollire; mentre il piccolo Pietro co' due Cratchit onnipresenti correvano a prendere l'oca, con la quale tornarono di lì a poco in processione solenne. Tanto fu il trambusto che ne seguì da far pensare che un'oca fosse il più raro fra i volatili, un fenomeno pennuto, al cui confronto un cigno nero era la bestia più naturale di questo mondo: e davvero in quella casa c'era da credere che così fosse. La signora Cratchit fece friggere il succo, già preparato in una padellina; Pietro, con vigore incredibile, si diè a schiacciare le patate; la signorina Belinda inzuccherò il contorno di mele; Marta strofinò le scodelle; Bob si fece seder vicino Tiny Tim a un cantuccio della tavola; i due piccoli Cratchit disposero le sedie per tutti, non dimenticando sé stessi, e piantatisi di guardia ai posti loro si cacciarono i cucchiai in bocca per non gridar prima del tempo di voler l'oca. Alla fine, messi i piatti, fu detto il benedicite. Successe un momento di silenzio profondo, mentre la signora Cratchit, guardando lungo il filo del coltello, si preparò a trafiggere la bestia. Ma quando il coltello fu immerso, quando sboccò dalla ferita il ripieno tanto aspettato, un mormorio di allegrezza si levò tutt'intorno alla tavola, e lo stesso Tiny Tim, messo su dai due piccoli Cratchit, si diè a battere sulla tovaglia col manico del coltello e fece sentire un suo debole evviva! Un'oca simile non s'era mai data. Disse Bob che, secondo lui, un'oca di quella fatta non era stata cucinata mai. La sua tenerezza, il profumo, la grassezza, il buon mercato furono oggetto dell'ammirazione universale. Col rinforzo del contorno di mele e delle patate, il pranzo era sufficiente: anzi, come diceva tutta contenta la signora Cratchit guardando ad un ossicino nel piatto, non s'era potuto mangiar tutto! Eppure ciascuno s'era satollato, e i due Cratchit minuscoli specialmente erano immollati di salvia e cipolle fino agli occhi! Ma ora, mutati i piatti dalla signorina Belinda, la signora Cratchit uscì sola - tanto era nervosa da non voler testimoni - per prendere il bodino e portarlo in tavola. E se il bodino non era a tempo di cottura! e se si rompeva nel voltarlo! e se qualcuno, di sopra al muro del cortile, se l'avesse rubato mentre di qua si facea tanta festa all'oca! I due piccoli Cratchit si fecero lividi a quest'ultima supposizione. Ogni sorta di orrori furono immaginati. Olà! questo sì ch'è fumo! il bodino è fuori della casseruola. Che odor di bucato! È il tovagliolo che lo involge. Un certo odore che è tutt'insieme di trattoria e del pasticciere accanto e della lavandaia che sta a uscio e bottega! Questo poi era il bodino. In meno di niente, ecco entrare la signora Cratchit, accesa in volto, ma ridente e gloriosa, col bodino in trionfo, simile a una palla di cannone chiazzata, liscia, compatta, ardendo in un quarto di quartuccio d'acquavite in fiamme, e con in cima bene infisso l'agrifoglio di Natale. Oh, un bodino stupendo! disse Bob, gravemente, ch'ei lo riguardava come il massimo trionfo della signora Cratchit dal matrimonio in poi. La signora Cratchit, liberatasi ormai di quel gran pensiero, confessò schiettamente di essere stata un po' in dubbio sulla quantità della farina. Ciascuno disse la sua, ma nessuno osservò o pensò che un bodino di quella fatta fosse scarso per una famiglia numerosa. Questa sarebbe stata un'eresia bell'e buona, e l'ultimo del Cratchit ne avrebbe arrossito fino alla radice dei capelli. Alla fine, terminato il desinare, si sparecchò, si spazzò il camino, si attizzò il fuoco. Assaggiato e trovato squisito il miscuglio nella brocca, furono messe in tavola mele ed arancie e una palettata di castagne sul fuoco. Allora tutta la famiglia si strinse presso al fuoco in circolo, come Bob diceva per significare un semicircolo; e accanto a Bob fu messo tutto il servizio di cristalli: due bicchieri e un vasettino da crema, senza manico. I tre recipienti però raccolsero la calda bevanda né più né meno che tre coppe d'oro avrebbero fatto; e Bob la servì intorno con viso raggiante, mentre le castagne sul fuoco barbugliavano e scoppiettavano. Poi Bob disse forte: - Un allegro Natale a tutti noi, cari miei. Dio ci benedica! - Tutta la famiglia ripetè l'augurio. - Dio benedica tutti quanti siamo! - disse, ultimo di tutti, Tiny Tim. Sedeva sul suo sgabelletto, proprio accosto al padre. Bob gli teneva la manina scarna per meglio fargli sentire il suo affetto, e se lo voleva sempre vicino, e quasi avea paura di vederselo portato via. - Spirito, - disse Scrooge con insolita sollecitudine, - dimmi se Tiny Tim vivrà. - Vedo un posto vuoto - rispose lo Spirito, - all'angolo del povero focolare, e una gruccetta gelosamente custodita. Se queste ombre non muterà l'avvenire, il fanciullo morrà. - No, no, - esclamò Scrooge. - Oh no, buono Spirito! dimmi che sarà risparmiato. - Se queste ombre non muterà l'avvenire, nessun altro della mia stirpe, - rispose lo Spirito, - lo troverà qui. Che monta? S'egli muore, tanto meglio, perché di tanto scemerà il soverchio della popolazione. - Scrooge abbassò il capo, udendo le proprie parole citate dallo Spirito, e si accasciò sotto il pentimento e il dolore. - Uomo, - disse lo Spirito, - se d'uomo è il tuo cuore e non di adamante, lascia cotesto tuo tristo linguaggio, finché non saprai qual è quel soverchio e dov'è. Osi tu forse decidere quali uomini debbano vivere, quali morire? Può darsi che agli occhi del cielo, tu sii più indegno di vivere che non milioni di creature simili al fanciullo di questo povero uomo. Oh Dio! udir l'insetto sulla foglia pronunciare che c'è troppi viventi fra i suoi fratelli affamati nella polvere! - Tremò Scrooge al fiero rabbuffo e abbassò umile gli occhi. Ma subito li rialzò, udendo pronunziare il suo nome. - Al signor Scrooge! - disse Bob; - propongo un brindisi al signor Scrooge, protettore di questa festa! - Bel protettore davvero! esclamò la signora Cratchit facendosi rossa. - Lo vorrei qui, lo vorrei. Gli darei una certa festa a modo mio, che non gli andrebbe mica a genio. - Mia cara, - disse Bob, - ci sono i ragazzi; è Natale! - Un bel giorno di Natale - ribatté la moglie - se s'avesse a bere alla salute di un uomo così odioso, taccagno, duro, egoista come quello Scrooge. Tu lo sai, Bob! nessuno lo sa meglio di te, poveretto! - Cara mia, - ripeté Bob con dolcezza, - è Natale. - Beverò alla sua salute per amor tuo e perché è Natale, - disse la signora Cratchit, - per lui no. Cento di questi giorni, un allegro Natale e felice capo d'anno! Starà proprio allegro e felice, figurati! - I ragazzi bevvero anch'essi alla salute di Scrooge. Era il primo dei loro atti che non fosse cordiale. Tiny Tim bevve in ultimo, ma non gliene importava niente. Scrooge era l'Orco della famiglia. Il solo nome di lui avea gettato sulla lieta brigata un'ombra, che non si dileguò per cinque buoni minuti. Dopo che fu svanita, tornò l'allegria dieci volte più schietta, pel solo sollievo di essersi sbrigati di Scrooge il Malo. Bob Cratchit disse loro di avere in vista un certo posticino per messer Pietro che avrebbe portato in casa una sommetta di sei lire e cinque soldi la settimana. I due Cratchit minuscoli si sganasciarono dalle risa all'idea che Pietro diventava uomo d'affari; e Pietro, per conto suo, guardò tutto pensoso al fuoco di mezzo alle punte del collo, quasi ventilando dentro di sé che sorta d'investimenti avrebbe preferito quando fosse entrato in possesso di una rendita così sbalorditiva. Marta, povera apprendista da una crestaia, disse allora che sorta di lavoro avea da fare e quante ore di fila lavorava e che si volea levar tardi il giorno appresso e godersi il riposo della festa. Disse pure di aver visto qualche giorno fa una contessa e un gran signore, e che il signore avea su per giù la statura di Pietro; al che, Pietro si tirò così alto il collo che non gli avreste più visto il capo. E intanto, castagne e bevande andavano intorno; e poi ci fu una canzone a proposito di un ragazzo smarrito nella neve, e la cantò Tiny Tim; la cantò con la sua vocina dolente, ma molto bene davvero, molto bene. Niente di nobile in tutto ciò. La famiglia non era bella; nessuno sfoggio di vestiti; le scarpe tutt'altro che impermeabili; meschina la biancheria; forse e senza forse Pietro avea anche fatto una certa conoscenza col rigattiere. Ma erano felici nondimeno, riconoscenti, lieti di trovarsi insieme; e nel punto stesso che si dileguavano, sembrando ancor più felici nella pioggia di luce di cui gl'inondava la torcia dello Spirito in segno d'addio, Scrooge li guardò fiso, soprattutti Tiny Tim, fino all'ultimo istante. Calava intanto la notte e cadea fitta la neve: e mentre Scrooge e lo Spirito andavano per le vie, era mirabile lo splendore dei fuochi rugghianti nelle cucine, nei tinelli, in ogni sorta di stanze. Qua, la fiamma vacillante mostrava i preparativi di un buon pranzetto, co' piatti messi in caldo davanti al fuoco, con le spesse tendine rosse pronte ad essere abbassate per tener fuori il freddo e le tenebre. Là, tutti i ragazzi della casa sbucavano correndo nella neve per essere i primi a salutare le sorelle maritate, i fratelli, gli zii, le zie, i cugini, le cugine. Qua, ancora, si ripercotevano sulle tende le ombre dei convitati; e là, un gruppo di belle fanciulle, tutte incappucciate e con gli stivaletti impellicciati, e tutte chiacchierando a coro, se n'andavano saltellanti da qualche loro vicino; e guai allora allo scapolo - e ben lo sapevano le furbe! - guai allo scapolo che le avesse viste entrare in un baleno di luce e di bellezza! Dal numero della gente che si avviava alle amichevoli riunioni, c'era da figurarsi che nessuno fosse in casa per ricevere, mentre invece in ogni casa s'aspettava gente e si faceano enormi fiammate nei caminetti. Come esultava lo Spirito, Dio benedetto! come scopriva l'ampio torace, come apriva la palma capace, e si librava alto, versando su tutto con mano generosa lo splendore della sua gioia innocente! Perfino il lumaio, che correva avanti punteggiando di luce le vie tenebrose, già agghindato per passar la sera in qualche posto, rise forte quando lo Spirito gli fu accanto, benché non sapesse di aver altra compagnia che quella del Natale! Di botto, senza che lo Spirito ne desse avviso con una parola, si trovarono in una deserta e malinconica palude, disseminata di massi mostruosi di pietra greggia, come se fosse un cimitero di giganti. L'acqua si spandeva libera dove più le piacesse, o almeno così avrebbe fatto se il gelo non l'avesse imprigionata. Non vi cresceva altro che musco, ginestra, erbaccia. Giù, verso occidente, il sole al tramonto avea lasciato una striscia infocata, che un momento balenò, come il vivido sguardo di un occhio dolente, su quella desolazione, e via via velandosi sotto le palpebre si spense nell'orrore di una notte profonda. - Che è qui? - domandò Scrooge. - Qui - rispose lo Spirito - vivono i minatori, i quali lavorano nel ventre della terra. Ma essi mi conoscono. Guarda! -
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