Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Regolamento S. d. C. - 1905
Lettura del testo

REGOLAMENTO DEI SERVI DELLA CARITÀ (1905)

Parte seconda. DEI MEMBRI DELL'ISTITUTO

«»

In questa pagina

§ I. DEI SERVI DELLA CARITÀ IN GENERE

§ II. DEI SERVI DELLA CARITÀ SACERDOTI

1151

§ III. LE VOCAZIONI SACERDOTALI ALL'ISTITUTO

1154

§ IV. LE PRIME PROVE

1155
[- 1151 -]

Parte seconda.

DEI MEMBRI DELL'ISTITUTO

 

<< <   > >>§ I.

DEI SERVI DELLA CARITÀ IN GENERE

 

[12]In argomento a ciò si ricordano i seguenti principi.

1) Il più sicuro e più breve cammino alla felicita temporale ed eterna è nel sentiero dei Consigli evangelici.

2) Molto più quando nel viaggio frater adiuvatur a fratre10. Allora più facilmente si avvera il quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum11. Di conseguenza devono i Servi della Carità

a) pregare assiduamente:[13] «Adveniat regnum tuum12. Crescano e si moltiplichino i servi del Signore».

b) Devono adoperarsi, in tutti i modi che la prudenza e lo - 1152 -zelo suggeriscono, a trarre dolcemente a sé nuovi ministri ed operai nella vigna del Signore.

c) Nel caso di vocazioni incerte o poco atte devono piuttosto abbondare che restringere.

d) Molto più che è la prova del noviziato.

e) E che nello istituto anche i deboli, purché di buona volontà, possono essere aiutati e quasi portati dalla carità dei confratelli.

f) Convien vivere ed agire con fede sovrattutto. Gioverà maggiormente nell'istituto un soggetto povero di mezzi, debole di ingegno e nella salute, piuttosto che un membro ricco di fortuna, valente più nella sanità e nello ingegno che nella virtù. È bene ricordare quello di S. Agostino: «Da mihi animas, cetera tolle», e porgere pietosa la mano a tutti gli uomini di buona volontà. Il venerando don Giovanni Bosco, calcando questa pratica sempre, divenne [14]istitutore e fondatore della sua Congregazione salesiana, che in poco più di sessant'anni aprì oltre trecento case di collegio, di arti e mestieri, di colonie agricole e sovrattutto di missioni in più regioni dell'Europa, dell'Asia, dell'Africa, delle Americhe.

g) Altre istituzioni, benché inferiori d'assai, ma frequenti, che la divina Provvidenza suscita ai giorni nostri, sono un focolare per riscaldarsi in tempo di freddura di fede, sono oasi nel deserto della vita che confortano e costituiscono il lievito atto a far fermentare e cuocere in buon pane gli individui e la società stessa cristiana.

h) Qual gloria e quanto merito esser chiamati a far parte di un istituto pio!.

<< <   > >>§ II.

DEI SERVI DELLA CARITÀ SACERDOTI

 

Quanto ai sacerdoti è da notare

1) che sono la luce del mondo e il sale della terra, continuatori del ministero di Gesù Cristo;- 1153 -

2) che però S. Paolo scrive: «Qui episcopatum desiderat, bonum opus[15] desiderat»13.

E i santi Padri commentano che lo zelo di educare dei giovani al sacerdozio è l'arte delle arti.

«Fate dei preti e dei buoni preti», intitola il suo bel libro il nostro padre Liborio Rossi14, degli Oblati di Rho.

3) I buoni sacerdoti, entrati fra i Servi della Carità, studiansi di ben possedere le seguenti qualità.

Quanto al corpo,

a) una salute sufficiente che li renda atti ai vari uffici dell'istituto;

b) come l'istituto ha mansioni molteplici e varie, basterà che un sacerdote sia atto almeno ad alcune di queste mansioni.

Quanto alla mente, devono

c) avere scienza sufficiente;

d) stabilità e conciliabilità di carattere.

Quanto all'anima, devono essere ornati

a) delle virtù di umiltà, di sottomissione e di obbedienza.

b) Devono essere casti a tutta prova.

c) È necessario che siano compresi dello spirito di operosità e di zelo.

d) Si raccomanda a tutti e sempre spirito di carità e di compatimento.

e) [16]Dove sono uomini, ivi sono pure miserie.

f) Son da vincere sopra tutto i difetti di simpatia e di antipatia.

g) Convien guardarsi dallo spirito di critica e non mai perdere il tempo e la pace nei pettegolezzi e nei discorsi frivoli.

h) Giova ricordare che l'ottimo è nemico del bene, che ognuno è obbligato a fare il bene secondo le proprie forze, conforme la grazia che Dio e non altrimenti, e - 1154 -che ogni persona di buona intenzione può far del bene sempre, come l'albero buono il quale matura sempre frutti buoni.

<< <   > >>§ III.

LE VOCAZIONI SACERDOTALI ALL'ISTITUTO

 

Il Signore, che è il padrone dei cuori, è pure libero di scegliere chi vuole a suoi ministri, donde vuole, quando vuole e come vuole.

Si danno così vocazioni ordinarie e vocazioni straordinarie.

 Le vocazioni ordinarie son proprie di quelli che, tolti per tempo dal mondo e scelti infra la massa del[17] popolo, si dedicano graduatamente agli studi e si preparano al sacerdozio, secondo l'indirizzo che è nei seminari istituiti dalla Chiesa nel Concilio di Trento.

Queste vocazioni sono certamente care e si devono seguire comunemente, benché per un cammino lungo e costoso.

Si danno delle vocazioni straordinarie per età già adulta, per condizione di stato, per straordinarietà di chiamata.

«Giovani che sentono l'aborrimento e lo strazio di aver bevuto al calice di Babilonia - scriveva S. Francesco al suo superiore S. Ignazio - mandatemeli pure cooperatori in queste missioni delle Indie, perché vocazioni tali sono sicure e fanno del bene assai».

Le vocazioni straordinarie generalmente si conoscono dallo indizio di una virtù particolare di abnegazione, di sacrificio, di perseveranza.

Ne abbiamo esempi molteplici nella storia ecclesiastica; ne abbiamo molti nella storia delle congregazioni recenti, in quella di don Bosco in ispecie.

Sono momenti di pericolo universale e le reclute di soldati nella milizia[18] della Chiesa convien talora sollecitarle in modo speciale negli istituti pii, dove molti sacerdoti hanno sempre occupazioni svariate e non sono di molto aggravio e sono specialmente diretti ed assistiti, a differenza che i sacerdoti secolari militanti ad uno ad uno ed alla spicciolata, quasi sentinelle avanzate.- 1155 -

Chi è incaricato dell'accettazione degli aspiranti all'istituto dev'essere l'uomo di Dio, l'angelo del buon consiglio, che vive ed opera per la preghiera.

A questa condizione si avvererà che le porte dell'istituto a veruno si debbano aprire fra quelli che si hanno in conto di non chiamati, a veruno giammai siano da chiudere fra quelli che si reputano essere da Dio chiamati.

Bisogna non dare legger peso al consiglio dei prudenti.

Avanti ammettere qualcuno, specialmente se adulto, alle prove dell'istituto, si verificano le fedi battesimali, di buona condotta, specie da parte dei parroci e dei vescovi, di stato libero se del caso.

Non si creda facilmente alle asserzioni del postulante.

conviene essere inchinevoli alle scuse, facili a[19] credere ai piccoli difetti ed alle mancanze in buona fede che accusino i postulanti, perché troppo spesso si accusano difetti leggeri per nascondere difetti gravi.

L'ammissione poco prudente, benché provvisoria e ad esperimento, di un soggetto non è mai senza pericolo e senza danno per l'istituto.

<< <   > >>§ IV.

LE PRIME PROVE

 

Una prova per gli aspiranti all'istituto è non solo opportuna, ma necessaria sia in pro dello individuo come in favore dell'istituto.

 La vita dell'uomo quaggiù non è che una prova continua per meritare poi la vita eterna.

Nelle prime prove son tre gradi, detti degli aspiranti, dei postulanti, dei novizi.

1) Gli aspiranti sono quelli che fanno i primi passi nell'istituto.

Questi bisogna osservarli da lungi senza che se ne avvedano e intanto si lascia loro qualche settimana di tempo perché, stando quasi disoccupati, possano con agio considerare lo spirito dell'istituto.

[20]Si abbandonano quasi inutili, per iscorgere se sentano vivo il bisogno di fame e di sete della giustizia, o sia dell'intraprendere, come fanciulli vogliosi, qualche opera di bene.

Si osservi attentamente se, trovandosi quasi in abbandono, perdano il tempo inutilmente o non piuttosto - 1156 -lo impieghino in pregare anche fuori orario e insieme in qualche industria di opera pia e caritativa.

In questo periodo dell'aspirantato sono quasi ospiti che, dimorando alla porta, attendono di essere ammessi più avanti dal padrone di casa.

2) Tosto si fanno passare al secondo grado che è del postulantato, quasi ospiti che si introducono alle prime sale del bel palazzo della vita spirituale.

In questo momento acquistano amici nuovi, volti benevoli di padre e di maestro.

Al neoarrivato si cominciano aprire i misteri cari della vita religiosa, si introduce nel santuario della preghiera comune, si ammette per partecipare agli uffici di carità, a respirare come in un novello Eden l'aura di vita e di paradiso in terra.[21] Benché il luogo di godere è lassù, la vita religiosa è rosa, ma con le sue spine; è il monte delle Beatitudini, dove si moltiplicano i pani ed i pesci, ma è insieme Getsemani e Calvario.

In questo stato chi è ben addentro nei desideri santi si conforta e si incoraggia.

L'occhio vigile dei compagni e più ancora dei superiori deve precedere le tentazioni di Satana, antivedere le battaglie e porsi in attenzione favorevole per ottenere pronta la vittoria.

3) Ancora un momento, un mese circa dallo aspirantato, e poi la domanda del novello amico e cooperatore viene ascoltata e tosto è ammesso alla prova definitiva del noviziato, di cui diremo a parte.





p. 1151
10 Prv 18, 19.



11 Sal 132, 1.



12 Mt 6, 10.



p. 1153
13 1 Tm 3, 1.



14 Padre Liborio Rossi (1824-1891), degli Oblati missionari di Rho. L'A. intende riferirsi ad un opuscolo del Rossi, dal titolo Procuriamo dei preti e buoni preti. Parole di un sacerdote al clero e al popolo cattolico, Torino 1876, pp. 243.



«»

IntraText® (VA2) Copyright 2015-2025 EuloTech SRL
Copyright 2015 Nuove Frontiere Editrice - Vicolo Clementi 41 - 00148 Roma