Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
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VIENI MECO LA DOTTRINA CRISTIANA ESPOSTA CON ESEMPI IN QUARANTA DISCORSI FAMIGLIARI

Parte prima <LA FEDE>

Duodecimo art<icolo> del Simbolo

II. Luce e tenebre

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II.

Luce e tenebre

  1. [117]La luce è da Dio, le tenebre son dal demonio. Dal principio, e propriamente dopo il peccato di Adamo, si vide nel mondo un contrasto misterioso, la luce rischiarata dalla sapienza dell'Altissimo, le tenebre coinvolte nella malizia di Satana. È un mistero incomprensibile. Scorgiamone in questo momento gli effetti. Gli uomini che lasciaronsi guidare dalla luce celeste ottennero prosperità e salute. Gli altri che amarono le tenebre perirono nell'abisso di fitte tenebre. Entriamo - 325 -subito in argomento. Vediamo la luce nel mondo dei buoni, le tenebre nel mondo dei tristi.

  2. Il Signore con l'opera delle sue mani creò l'uomo. Iddio pietoso gli infuse l'anima, che è l'intelletto della mente, l'affetto del cuore, la ricordanza nella memoria dell'uomo. Queste tre facoltà costituiscono la coscienza amica dell'uomo, la quale fa discernere il da farsi per giungere al cielo come una luce di lanterna lascia scorgere il cammino [118]a tenersi nel buio di notte per giungere alla casa paterna. Questa luce di lanterna è in cuore a tutti i buoni in generale. Il Signore pietoso poi accese in mente di alcuni una face più viva la quale, quasi splendor di fanale, addita il porto107 ai naviganti ancor più lontani. Una luce di soprannaturale splendore accese Dio nella mente di Mosè e degli scrittori che vennero dopo di lui ad esporre nei Libri santi la storia dalla creazion del mondo fino alla venuta del Salvatore. Una luce di soprannaturale splendore Iddio accese nella mente di quei personaggi illustri che nell'Antico Testamento scrissero i libri chiamati morali, perché indicano le massime sante a seguitarsi da ognuno. E una luce di sovrannaturale splendore Iddio accese altresì in cuore ai profeti inspirati, i quali del Messia e della santa religione del Salvatore descrissero con chiarezza, quasi uno storico che racconta le cose già avvenute. Qual luce e quanta in questi personaggi illustri! Ma non meno chiari sono gli scrittori inspirati del Nuovo Testamento. Gli evangelisti [119]che descrissero i sacri Vangeli del Signor nostro Gesù Cristo, gli apostoli Pietro e Paolo che lasciarono tante lettere ricche di celestiale sapienza, l'apostolo Giovanni che nella sua Apocalisse descrive le glorie e i patimenti della Chiesa sino alla fine. Quanta luce di paradiso diffondono ancor su questa terra! E poi credete che gli apostoli abbiano potuto scrivere tutto quello che insegnavano in additare il Vangelo? Molte dottrine predicavano ai fedeli semplicemente, le tramandavano poi con eguale spontaneità da padre in figlio. Questo forma la luce della tradizione, che raccolta dai dottori sacri, il Grisostomo, Atanasio, Gregorio e Basilio in

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oriente, e nell'occidente dai Padri e dottori Girolamo, Agostino, Ambrogio e Gregorio il Grande, sparsero alla loro volta sprazzi di luce vivissima. Oggidì stesso quando il pontefice vuol rischiarare la dottrina che appare dalla Bibbia santa, e che si manifesta viva pur nella tradizione, di buon grado ascolta il senso della Chiesa universale e se ne vale per erigere [120]in domma una verità che per l'addietro si credette come pia, ma non come dogmatica. In questo modo il pontefice Pio ix definì i dogmi carissimi della immacolata Concezione e della infallibilità pontificia. Or noi guardiamo a questa luce di Scrittura divina, di questa tradizione sacra, e ne esultiamo. Ascoltate. Antonio abate nel suo deserto riceveva soventi lettere del pontefice e dell'imperatore Costantino. Meravigliavano i suoi compagni, ma Antonio soggiungeva: "Non è maggior meraviglia che Iddio, il Signore del cielo, abbia scritto tante lettere a tutti noi?". E le additava. Prima lettera è la scritturale, altra lettera è il dettame di coscienza e terza lettera è questo universo il quale narra le meraviglie del Creatore108. Udite altro confronto. Il secondo Antonio, che fu di Padova, nella notte del santo Natale videsi venir fra le braccia Gesù bambino. Qual notte per Antonio e quanta felicità di discorso in essa! Ma è forse minore la fortuna nostra, mentre aprendo i Libri santi possiamo leggere del Signore discorsi svariati e cari? I primi fedeli ponevansi al collo come reliquia preziosa una pagina di santo Evangelo[121]. In udir la divina parola nella chiesa stavano ginocchioni con il capo chino. Accadde che il vescovo Giovanni Grisostomo, durando nella spiegazione evangelica, facesse cenno all'imperatore Costantino di sedere, ma il monarca scusandosi rispondeva: "Non è giusto che un sovrano della terra stia seduto in ascoltare gli ordini del sovrano del cielo".

  Intanto avveniva cosa di alto conforto. Fra il popolo degli ebrei, quelli che seguivano la santa legge del Signore camminavano con luce per una via seminata di prosperità e corporali e spirituali. E nel popolo cristiano quelli che seguono la luce del santo Evangelo, questi sono il popolo eletto del Signore- 327 -, sono l'ornamento della Sposa di Gesù Cristo, sono la letizia delle genti, la gioia del mondo. Addivengono i cristiani buoni, chiari per consiglio, esemplari per modestia, affettuosi per effetto di carità santa, anime care a Dio ed agli uomini. Udite: Pietro da Verona in tempo e in luogo in cui dominava l'eresia ariana, imparava alla scuola di un sacerdote cattolico [122]a ripetere il Simbolo apostolico: "Io credo in Dio Padre". Riteneva poi caro nel cuore quel che proferiva con la bocca. Il padre e lo zio gli dissero un : "Che imparasti dunque, o Pietro?". Soggiunse il giovinetto: "Ho imparato a pregare! Credo". I due che erano ariani presero a minacciarlo e poi cacciaronlo di casa. Ed egli andossene ripetendo: "Io credo in Dio Padre ecc.". Divenne sacerdote e predicatore. Molto si adoperò ad illuminare il mondo. Quando in passare da Como a Milano due ariani piantarongli nel capo un fendente, Pietro pregò: "Credo in Dio Padre" fino a quelle parole: "Patì...", e in dirle volò al paradiso. Possa io, possiate voi raggiungere il glorioso confessore e martire intrepido della fede. Giovanni Gersone non godeva tanto come quando, lasciata l'accademia, poteva intrattenersi con i fanciulli a spiegare il catechismo. Proseguì così per lunghi anni. Un giorno venne e parlò, e poi disse: "Cari fanciulli, pregate Dio per il povero sacerdote Giovanni". In dirlo cadde sovra quelli e spirò soavemente. [123]Oh, se fossero molti Pietri e molti Giovanni fra noi, quanta luce maggiore di celeste splendore! Così è, così è. Ma or facciamoci a palpare nelle tenebre del mondo per imparare ad abborrirle come si deve.

  3. Le tenebre nel mondo si fecero fitte nella persona di Caino e dei figli suoi, che furono i primi a ripudiare la luce del vero Dio per inchinarsi alla fitta oscurità del dominio109 dell'idolatria. Ripassiamo sovra quel cammino burrascoso di quattromila anni d'infedeltà. Fu un precipizio disastrosissimo, ma è forse cessato intieramente di mezzo al popolo dei cristiani? I santi apostoli del Signore lagrimando dolevansi che già ai loro tempi uomini di perduta coscienza, superbi, pieni

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di rabbia, di invidia, di interesse, si facevano a predicare tenebre di errore, oscurità di vizii detestabili. La Chiesa di Gesù Cristo è paragonata nel santo Evangelo ad un'aia. Il vento delle persecuzioni bisogna che vi soffi entro di continuo. È paragonata a quelle dieci vergini di cui cinque furono le prudenti e cinque le stolte. È necessario che i buoni a [124]perfezionarsi meglio stieno nel mezzo dei cattivi. Per ciò stesso la Chiesa è paragonata a quella rete che accoglie pesci buoni e cattivi finché se ne faccia la scelta. Sicché, fratelli miei, non vi scandolezzate che nella Chiesa si trovino con tanti buoni anche alcuni tristi. Lo spirito del demonio ha sempre fatta la guerra con lo spirito del Signore. In ogni secolo della Chiesa si presentarono uomini tenebrosi per spargere l'errore della dottrina, il fetido dei costumi in mezzo ai fedeli del divin Salvatore. Plinio il Vecchio lasciò scritto cosa che pone in piena evidenza la malignità dei tristi. Egli dice: "Tutto ciò che si trova di cattivo e di pericoloso negli animali, è riunito nell'uomo. Egli ha sotto alla sua lingua il veleno delle vipere, nel cuore il tossico del basilisco, nella sua ira il furor dei leoni, nella sua crudeltà la rabbia delle tigri. La ragione, che dovrebbe allontanarlo dalla dissolutezza, fa della sua malizia e crudeltà l'artificio più terribile". Eretici di pessima malizia vennero dunque sempre a funestare la Chiesa del divin [125]Salvatore. Vi accenno alcuni nomi. I giudaizzanti, i nazzareni, gli ebionisti, i montanisti, i neoplatonici e gli antitrinitari succedevano per combattere le persone della Trinità adorabile. Poi gli ariani a bestemmiare la persona del Verbo incarnato. Ed a straziarne le dottrine sante susseguirono i pelagiani, gli ussiti, gli albigesi, i protestanti. A questi tennero dietro i giansenisti, indi i filosofanti del secolo passato e poi la schiera degli avversari presenti, i razionalisti, i materialisti, i massonici, i liberali di tanti colori, i quali, per vero, con arti oltre al solito maligne attendono alla distruzione universale. I primi eretici, fino ai protestanti, si contentavano di spargere errori sottili intorno a un attributo della divinità. I protestanti, più sacrileghi, aggiunsero bestemmie in copia più tenebrose. Ma gli odierni che si intitolano dal progresso, messo da parte la virtù della Vergine, dei santi, insultano Dio come demoni incarnati - 329 -e gridano come quegli stolti di cui narra la Sapienza: "Dio non è, mangiamo e beviamo perché la morte ci può sorprendere"110. E godono a confondersi [126]con gli animali e professarsi discendenti d'un padre illustre, il scimmione del deserto africano. Intanto al loro cospetto solo è grande chi accumula monete, chi si innalza sulla rovina del debole ovvero che con pompa appare nello sfogo dei godimenti sensuali. Questi ci vogliono eguagliare alla condizione del giumento.

  Che dite? Si può dare di questa tenebra più fitta? Eppure si fanno potenti in gridare ai quattro venti che tutti si accordino in questo, e sono indefessi nello spargere libri e giornali, immagini e rappresentazioni. Sono indefessi nel fabbricare leggi sovversive e nel fare alla religione del Redentore tutto quel peggior male che loro è possibile. In questo usano arma di inganno più facile perché, messa da parte la persecuzione aperta, si insinuano come amici nelle nazioni, nelle città, nei comuni, nelle case. Guadagnano con infiniti modi la vostra soggezione e voi spesso, senza avvedervi, vi sentite al collo un giogo di empietà e di terrore massimo. Così mi piacque avvertirvene, perché gli uomini illustri prevedono disastri ancor peggiori alla fede ed alla società. [127]Udite come ne parlano. Fra i molti vi accenno il discorso che il Cortés teneva in scrivere al vescovo Gaume: "Di presente quello che io veggo più chiaro è la barbarie d'Europa, ed innanzi alla barbarie il disertamento. La terra dove sarà passata la civiltà settaria sarà maledetta, sarà la terra della corruzione e del sangue". Potreste voi attendere di meglio dall'ordine attuale di cose? Ma noi non cadremo sotto a quella rovina. Ve ne assicuro. Gesù ha una condizione assoluta. Noi cattolici adoriamo con alto fervore alle massime della fede santissima. Guardiamo alla facella di luce indefettibile, il Vangelo e la luce di Gesù Cristo. Questo è condizione assoluta per essere salvi. Con questo proposito affrettiamoci con fermezza. La luce è più forte che le tenebre. Dove si fa luce, l'oscurità delle tenebre è costretta <a> diradarsi e scomparire.

 

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Riflessi

  1. Luce e tenebre nel mondo.

  2. La luce del santo Evangelo è lume di salvezza.

  3. Le tenebre dell'errore poi sono precipizio alle anime ed alla società.





p. 325
107   Originale: posto.



p. 326
108   Cfr. Sal 19(18), 2.



p. 327
109   Nell'ed. 1883, p. 123, e nell'ed. 1928, p. 141: «demonio».



p. 329
110   Sal 14(13), 1; cfr. Is 22, 13.



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