Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1896

6. Giovanni Moretti.acapo.Anno IV, n. II, gennaio 1896, pp. 7-8

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Giovanni Moretti
Anno IV, n. II, gennaio 1896, pp. 7-8. Presentato al processo.
Nel giorno 28 del novembre scorso scompariva dai dintorni di Milano una ammirabile figura d’uomo, che per lo spazio di oltre quarant’anni fu soggetto di edificazione per tutti i cuori di buono spirito.
Giovanni Moretti, detto il buon Moretti, nell’età di 40 anni circa rimaneva vedovo. Per il grande dolore d’aver perduta la sua compagna, una donna del volgo di una bontà singolare, non volle più saperne della roba di questo mondo e raccolti quanti poveri trovò nel suo quartiere, aperte le porte della sua modesta bottega di pizzicagnolo, disse loro: « Servitevi, che qui entro è un po’ di ben di Dio per ogni poverello del Signore ».
Distribuito quanto s’aveva, andò a battere alla porta di un ricco possidente e disse: « Voi nel vostro podere a Villapizzone, dopo la Cagnola, nel Comune di Musocco, avete un cascinotto per tenervi lo strame e gli attrezzi di campagna; permettete ch’io lo abiti per i pochi giorni che mi rimangono e di io pregherò il Signore per voi ». Quel signore acconsentì e Giovanni Moretti si vestì d’eremita e visse in quella campagna, accontentandosi d’avere per letto uno strato di foglie e per capezzale un pezzo di legno.
La sua vita fu santa: di giorno lavorava di vanga, di sega, di falce in aiuto dei poveri; nelle ore della sera andava qua e per le case de’ contadini a confortarli, a spronarli al bene col racconto di esempi buoni cavati dalla vita dei santi; di notte vegliava in orazioni devote, in letture spirituali. La domenica, [8] nella chiesa parrocchiale, spiegava la dottrina cristiana ai fanciulli e durante le sacre funzioni li raccoglieva dintorno a sé, perché stessero quieti e pregassero leggendo il loro libretto delle divozioni.
Gli abitanti di Villapizzone e dei dintorni lo avevano per un buon servo del Signore e lo invitavano a venire nelle loro case, quando c’era un malato da confortare, un moribondo da assistere, un consiglio da dare. E Giovanni Moretti metteva le ali ai piedi tutte le volte che poteva accorrere a compiere un’opera - 223 -di misericordia, sempre umile, sempre uguale a se stesso. I giovani in modo particolare prediligeva e non trascurava occasione per intrattenersi con loro a ragionare delle cose di Dio.
Nel 1859, in quei giorni di acclamata e goduta libertà, ebbe a soffrire disagi e molestie non poche. Venuto a sapere che nelle vicinanze di Cunardo, nella Valle Cuvia, nella diocesi di Como, era vacante il posto di eremita, egli v’andò per gustarvi le gioie della solitudine. Un gruppo di soldati garibaldini s’incontrarono con lui. Presolo per un cattivo arnese, lo maltrattarono e lo fecero condurre dai carabinieri a Villapizzone. Qui interrogato se quei soldati lo avevano maltrattato, dimenticando ogni cosa rispose: « Sono tutti buona gente e io li amo tanto ». E in Villapizzone restò poi, vivendo sempre come per il passato, finché morì nel bacio del Signore. I giornali di Milano di ogni colore diedero notizie di lui, dicendo con parole piene d’affetto: « Il nostro eremita non è più... Era una bella figura di vecchietto vegeto, dalle sembianze piacevoli, sempre sorridente... Morì d’ottantaquattro anni ».
Questi esempi di povertà operosa e di spirito di sacrificio, questi uomini, che sanno morire a se stessi sono una tale eccezione nei tempi che corrono, da tornare tanto più cari a Dio quanto più sono utili alla società cristiana. Imitiamoli nell’amor del prossimo!

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