Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1896

9. Che cosa sia la Piccola Casa della divina Providenza.acapo.Anno IV, n. III, febbraio 1896, pp. 12-13

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Che cosa sia la P‹iccola› C‹asa› della d‹ivina› Providenza
Anno IV, n. III, febbraio 1896, pp. 12-13. Attribuito.
L’articolo Ai nostri fratelli americani, pubblicato nel numero precedente 12, ha destato la curiosità di molti, e non pochi vennero a visitarci per vedere l’istituto e per conoscere più addentro lo scopo della sua fondazione. Nella certezza di fare cosa grata ai nostri amici e benefattori, vogliamo qui ripetere quello che abbiamo detto a viva voce. Cominceremo da ciò ch’è segnatamente utile alle famiglie agiate.
L’opera delle nostre serventi
Per una famiglia l’avere una buona donna di servizio è una fortuna. Volere o no, è in loro mano in un gran numero di casi: la roba, la salute, i figli, l’onoratezza della casa. Quanto bene può fare una servente! E quanto male!
Una buona donna di servizio risparmia la biancheria e conserva i mobili, fa economia in cucina, cuoce le vivande con cura, con amorevolezza e coscienza veglia i figli e, per quanto è - 227 -da lei, li guarda da tutto ciò ch’è male, e tiene nascosti i difetti de’ suoi padroni e i loro interessi, se mai li viene a conoscere.
Una donna di servizio non buona sciupa la biancheria, che non ce n’è mai abbastanza, trascura i mobili e non li tiene guardati né dal vento, né dal sole; in cucina poco le interessa che consumi più del bisogno, che questo si faccia stantio, che quello diventi rancido; le vivande sono cucinate colla testa al vento, non facendosi scrupolo di allargare la mano con le droghe e col condimento, di adoperare recipienti sudici...
E quando vanno in giro cofigli, si fermano a chiacchierare con chicchessia, vanno dovunque senza darsi pensiero del male che questi possono vedere o sentire, e dei loro padroni leggono volontieri la vita anche a chi non se ne interessa, e raccontano quello che è e anche quello che non è, indifferenti ai danni che possono arrecare con le loro ciarle.
Nelle case ci sono, è vero, le mogli e io le voglio considerare tutte buone massaie. Non voglio fare a nessuna il torto di essere trascurata, di affidare a qualunque mano mercenaria le cure domestiche, di abbandonare ciò che vi ha di più caro e di più sacro, i figli! Ma indipendentemente della loro volontà, quante volte la casa è affidata alla donna di servizio? Quando la padrona si ammala, è la serva che deve veder tutto e far tutto; quando la padrona è fuori, è la serva che veglia in casa; se c’è un ammalato, la padrona non ha più tempo, non ha più testa che per l’amato infermo, e poi ci sono gl’interessi da fare, la bottega da guardare, il negozio, lo studio, il magazzeno... tutte cose che impediscono alle mogli e alle madri di stare in casa, di vegliare alla casa, di veder tutto quello che si fa dentro le domestiche pareti.
La necessità di serventi buone e brave è adunque sentita da tutti ma, lo ripeto, è tanto raro il caso d’imbattersi in una di cosiffatte che si reputa gran fortuna l’averne una appena appena discreta. Ecco perché la Piccola Casa ha voluto occuparsi di questo grande bisogno, e lo fa seriamente.
Molte sono le persone che, per una causa o per un’altra, debbono adattarsi a servire. Una vedova, che abbia figli e sia senza un’arte, non ha altra fonte di guadagno che quella del servire. In una casa dove non c’è pane per tutti, si comincia dal diminuire le bocche col mandare la maggiorina a servizio. - 228 -Alcune vanno a servire perché non trovano lavoro, altre perché in casa non si va d’accordo... e così il numero delle serventi cresce, come cresce ogni giorno il bisogno dell’opera loro. Fra queste domande e offerte di servizio chi si trova in peggiori condizioni? Non vi può essere dubbio: la condizione più infelice è quella di chi va in cerca di una famiglia per potervisi collocare come servente. Chi ha fame non può aspettare il domani, e quando il bisogno stringe s’entra dovecchessia.
[13] Povere orfane, quante volte capitate in mano di chi pone tosto gli occhi sopra di voi per farsene strumento d’inique voglie! Quante volte, o vedove, si abusa del vostro stato! Oh venite, o misere, alla Piccola Casa, venite, accorrete e con fiducia, che qui sarete sempre le benvenute! Qui c’è una superiora, ch’è una madre in Cristo, e lei s’occuperà di voi secondo la vostra età, il vostro stato e la vostra capacità. Lei, con l’aiuto di Dio, vi saprà collocare in case dove regna il santo timor di Dio, dove il lavoro è proporzionato alle forze, dove si rispetta la sventura.
Ricoverare le persone che vogliono entrare a un primo servizio e trovar loro un collocamento onesto è adunque uno degli scopi della istituzione della Divina Providenza. Si ricevono quando sono accompagnate da una lettera del parroco che attesti della loro buona condotta, quando sono raccomandate da persone conosciute.
Come sono entrate nella P‹iccola› Casa, prima di mandarle fuori, devono essere comprese che la vita a cui sono destinate è una vita di sagrificio, da valersene un poco per la salvezza dell’anima loro e per la salute del prossimo. Se al servizio non si entra con rassegnazione, con fede, con amore, il servire riesce difficile e insopportabile e si detesta. Bisogna che chi serve sappia fare e sopportare molte cose per amor di Dio. Allora la donna di servizio si innesta a poco a poco nella famiglia de’ suoi padroni e viene considerata come una parte di essa, una parte necessaria, indispensabile, difficile a sostituire quando dovesse mancare. Allora si cerca di risparmiarle qualche fatica e la si vuole a parte delle gioie domestiche, e la tristezza del suo volto desta inquietudini sincere. Così la donna di servizio serve e non s’accorge di servire; è fuori della sua famiglia ma si pace, perché trova corrispondenza d’affetti, e in tale stato - 229 -qualunque lavoro le par leggero, sa vedere e prevedere, sa piegarsi volontariamente e con sollecitudine alla volontà degli altri, sa sacrificarsi con ispirito di carità e di riconoscenza.
La Piccola Casa non si lusinga che tutte le donne da lei collocate debbano corrispondere a questo grande ideale di considerare il servire come un dovere da compiere, un dolore da sopportare, un apostolato da esercitare. Ma buoni risultati se n’ebbero, e non pochi, e questo incoraggia a proseguire nell’ardua e difficile missione. Certo è intanto che la casa non abbandona le sue serventi, quando queste sono a padrone, e le aiuta continuamente col consiglio, ed è sempre pronta a riceverle quando vogliono ritornare nel loro istituto. Con questo non si favorisce il capriccio, dovendosi riconoscere che molte volte una buona servente non la può durare in una buona famiglia per cause affatto indipendenti dalla volontà delle parti.
Esposto così, in generale 13, lo scopo che la Piccola Casa si è prefisso e si prefigge per quanto riguarda le serventi, la direzione si raccomanda a tutti i suoi amici e benefattori, e soprattutto ai m‹olto› r‹everendi› parroci, perché le informazioni non manchino mai di tutti quei particolari che possono essere di utile guida nell’educazione e nel collocamento delle persone da loro raccomandate.




p. 226
12
Cfr. pp. 214-217.


p. 229
13
Originale: così, nell’ingenere.


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