Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
Lettura del testo

Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1896

12. La Piccola Casa in festa per i novelli sacerdoti.acapo.Anno IV, n. VIII, luglio 1896, pp. 56-57

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La Piccola Casa in festa per i novelli sacerdoti 15
Anno IV, n. VIII, luglio 1896, pp. 56-57. Attribuito.
La vostra gioia è la mia, perché coi novelli sacerdoti ci è cresciuta la possibilità di far bene e di compiere con maggior diligenza i doveri che ci siamo imposti. Ma i vostri superiori - 234 -non basteranno mai al bisogno se, tutti quanti qui siete, non farete anche voi il dovere vostro. Figli della carità, vi corre l’obbligo di essere costantemente caritatevoli. [57] Non parlo della carità di borsa: questa è degli agiati e dei ricchi; intendo dire della carità di persona, che si può praticare anche da voi, perché tutti possiamo fare qualche cosa per gli altri.
La carità di persona consiste nel sapersi prestare volontieri e con amore ai bisogni degli altri. È una carità assai accetta al Signore, dovendo noi per esercitarla fare violenza a noi stessi e sacrificare sempre un poco della nostra libertà, dei nostri gusti, dei nostri comodi per amore del prossimo sofferente. E qui c’è mai alcuno che non sia prossimo sofferente? Prossimo non provato da Dio con la sventura? Oh quanto bene qui potete fare! Quanti meriti acquistarvi con la carità di persona! È necessario che ve lo dimostri?
Ci sono i scemi che bene spesso s’impuntano a voler quello che loro nuoce e voi li dovete, in quei momenti di eccesso, assistere con la maggiore sollecitudine possibile, dovete rispondere con carezze ai loro insulti, allontanarli con dolci modi dai pericoli, non abbandonarli fin che sono ritornati in calma.
Ci sono gl’infermi che, in certe ore della giornata, vengono presi dalla malinconia e piangono e gemono sul passato, e hanno bisogno di essere distratti, di non essere lasciati soli, di non accorgersi che si trovano in un ricovero, lontani dai parenti, dagli amici, dai figli!...
Ci sono gli storpiati che hanno bisogno di trovare chi li comprenda. E qui parlo in modo particolare a voi, o giovani, - 235 -cui Dio concesse sanità di corpo e di mente. Anche voi avete la vostra croce, non lo nego; ma almeno per levarvi da letto non avete bisogno di chi vi assista! Per far le scale non avete bisogno di chi vi porti! Voi potete lavorare e dopo il lavoro, nelle ore di riposo, potete correre, saltare, muovervi a vostro piacimento. Ma a quanti vostri compagni di sventura questo non è concesso! Quei poveri storpiati sono sempre , seduti sulle loro panche a seguirvi, con occhi velati di lagrime, nei vostri movimenti. Oh quanto pagherebbero se, lasciate le stampelle, potessero una volta sola svolgere le loro membra e giocare con voi a bara 16, al volano!... Quanto cordoglio li opprime in certi momenti! E chi sa leggere ne’ loro occhi? Chi s’accorge dei battiti de’ loro cuori? O giovani, la carità di persona v’impone di trovare giuochi ai quali possano prendere parte anche loro; avete l’obbligo d’indirizzar loro di frequente la parola, di non lasciarli a lungo soli; sono con noi e con voi e devono vivere anch’essi della vita nostra, gioire della vostra gaiezza e sentire la loro sventura quanto meno è possibile.
Questa carità di persona, a tutti quanti qui siete, grandi e piccini, giovani e vecchi, io ve la raccomando caldamente e vi esorto, quanto so e posso, a esercitarla sempre, senza eccessi e senza incostanza: nella chiesa, nel cortile, nella scuola, nello studio, nell’officina, nel dormitorio, dentro e fuori dell’istituto... dappertutto e sempre: con le buone parole, i savi consigli, i bei modi, la pazienza, il sacrificio, l’abnegazione, la piacevolezza... Allora noi formeremo una sola e vera famiglia, legata dai vincoli più sacri e più santi quali sono quelli della carità cristiana veracemente sentita; allora i vostri superiori potranno, quantunque pochi al bisogno, essere sempre in numero sufficiente, e sarà loro concesso di attendere con pace e con profitto all’incremento della casa con vostro più sentito vantaggio e con maggior gloria di Dio.




p. 233
15
Il testo è ripreso dall’ampio articolo con la cronaca del 31 maggio, quando i novelli sacerdoti Giuseppe Roncoroni (1871-1902) e Silvio Vannoni (1870-1928), addetti alla Piccola Casa della divina Provvidenza, celebrarono la loro prima Messa; seguirono festeggiamenti cui presero parte ricoverati, amici e benefattori. Le parole dell’A. sono così introdotte: « Verso la fine del famigliare e simpatico banchetto, aprì la serie dei brindisi, degli auguri, delle congratulazioni l’egregio notaio Zerboni cav‹aliere› Paolo e ne fece la chiusa il nostro direttore, ringraziando con voce commossa tutti e più la divina Providenza. Le sue parole, accolte con religioso silenzio, erano specchio fedele dell’amore col quale si è dedicato ai poveri, e noi, facendo dolce violenza alla sua modestia, ci permettiamo di citarne uno squarcio perché ci parve opportunissimo per i ricoverati, utile a ogni sorta di persone »; cfr. LDP, luglio 1896, pp. 55-58.


p. 235
16
In Cletto Arrighi, Dizionario milanese-italiano, Milano 1896, p. 39: « Giugà a bara: giocar a toccaferro o a toccapoma ».


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