Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1900

4. La Casa della divina Provvidenza negli opifici.acapo. Anno VII bis, n. 2, febbraio 1900, pp. 10-11

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La Casa della divina Provvidenza negli opifici
Anno VII bis, n. 2, febbraio 1900, pp. 10-11.
La civiltà moderna, usa al vapore, al telegrafo, ad una vita — se si può dire — accelerata, tende a raddoppiare, a centuplicare il lavoro, quindi a centralizzare nei grandi stabilimenti, per mezzo delle macchine, tutta la forza disponibile delle braccia.
Una volta, quando il padre di famiglia nella sua modesta officina lavorava coi figli con a fianco la moglie, l’educazione religiosa e sociale di essi riusciva più facile, anzi spontanea, e non erano né isolatirari i casi di famiglie compatte nell’affetto e nella fede come nel lavoro. Ora invece le officine a vista d’occhio, i grandi laboratori dove regna un lavoro febbrile, senza interruzione, talvolta pericoloso ed esiziale, strappano dalle loro case giovanetti e fanciulle, ponendoli nella dura impossibilità di nutrire la loro mente ed il loro cuore col pascolo della religione.
Eppure — perché non riconoscerlo? — la religione soltanto ha virtù d’infondere nelle anime la rassegnazione, la fedeltà al dovere. La religione soltanto fa cessare gli scioperi, attutisce le rivolte e rende sopportabile, anzi caro e prezioso il giogo agli schiavi degli opifici, perché questi schiavi dell’oggi nell’anima libera fruiscono o almeno intravvedono la libertà dei figli di Dio. Togliete la fede a costoro e le previsioni dolorose di molti uomini di Stato si avvereranno, e i delitti succederanno ai delitti e la sicurezza domestica e sociale se ne andranno sconvolte. Fate piovere invece nei grandi opifici il raggio della fede e l’uomo, ridiventato credente, tornerà onesto, e la società e la famiglia cesseranno di essere focolari di dissoluzione, di odi, di rapine.
Gli stessi industriali, che a’ nostri non sono certo sospetti di fanatismo religioso, molti dei quali sono anzi protestanti, riconoscono come mezzo potente per mantenere o rialzare le sorti delle loro officine quello di cristianizzare gli operai, di far loro sentire che un occhio da lassù li invigila anche - 277 -quando nessuno li vede e li premia o castiga secondo i meriti loro.
La Casa della divina Provvidenza, tormentandosi di non poter recare l’opera sua negli opifici dov’eragrande il bisogno, pregava Dio ad aprirgliene la via. Infatti la Provvidenza divina non [11] mancò di raccogliere quel voto e di esaudirlo.
Invitata con insistenza da diversi istituti serici di mandare il personale dirigente col miglior personale possibile di manovalanza 2, la nostra casa non poté sulle prime aderire per le difficoltà inerenti ad una istituzione nascente, ma ora colla grazia di Dio le ha superate. Essa è entrata nella tessitura di seta della ditta Pozzi, a breve distanza di Santa Maria alla Binda, e nell’altra Lonati & Compagni a Tradate, poi negli incannatoi della ditta Redaelli a Pianello Lario e della ditta Erba a Musso. Anzi a Musso fu chiamata una bella schiera di brave fanciulle dal Polesine, dove le industrie difettano e manca lavoro alle braccia.
In codesti stabilimenti le nostre suore attendono alla disciplina, sorvegliano le operaie come farebbero le loro madri e qualcuno dice anche meglio. Le suore fanno un po’ di scuola la sera e la festa alle fanciulle affidate alle loro cure; le conducono alla santa Messa, ai Sacramenti, e come hanno loro preparato il pasto del corpo, così si occupano premurosamente delle anime loro, bisognose come sono più che mai di trovare nella fede in un Dio, rimuneratore dei buoni e punitore dei cattivi, un contravveleno alle passioni invadenti ed alle massime perverse che da ogni parte cercano penetrare fino ad esse.
Queste povere operaie, poste sotto l’egida delle nostre suore, vivono così al sicuro anche nei grandi laboratori, e le madri loro e i loro parroci, trepidanti sempre, possono vivere tranquilli sapendole ben collocate, guidate e sorrette per l’anima e per il corpo. Per tal modo il lavoro resta santificato, l’occupazione benché grave non diviene insopportabile perché appropriata alle forze d’ognuno e distribuita razionalmente, i giorni di festa sono rispettati e l’umana dignità è conservata.
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Animata da tali convinzioni, la Casa della divina Provvidenza si prepara ad entrare fiduciosa in altri grandi stabilimenti, molti dei quali di gran cuore le aprono le porte. Le nostre suore vi si stabiliscono non per secondi fini, ma per esercitarvi l’importante missione della donna, quella di madre; ivi le giovinette si stringono alle loro madri, perché ad esse si sentono attratte, da esse si sentono protette e non provano il terribile pericoloso isolamento delle infelici che, lungi dalla famiglia, non hanno appoggioprotezione alcuna. Sotto l’insegna della Madonna del Lavoro le nostre operaie adempiono fedelmente i loro doveri e, lavorando con coscienza, gli opifici che le accolgono prosperano e si gloriano di loro e delle nostre brave suore.
Perché non ci è dato allargare sempre più la nostra carità, per ricoverare tante e tante altre fanciulle del piano e del monte che mancano di lavoro, quindi di pane? Se la beneficenza ci verrà in aiuto, potremo anche ad esse allargare le braccia ad offrir loro il modo di guadagnarsi onestamente il pane e fors’anche mettersi da parte un piccolo peculio.
Venga, venga la beneficenza, e noi la riverseremo a piene mani!
La casa




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Originale: manualanza.


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